La strana Partnership tra Gesù e Zaccheo


Domenica XXXI anno C   La partnership Zaccheo – Gesù  (Lc 19, 1-10)
Domenica scorsa avevamo visto un pubblicano che si sentiva inquieto del suo modo di vivere e cercava in un incontro con Dio una soluzione. Oggi continua lo stesso tema ma stavolta la persona inquieta è addirittura il capo dei pubblicani che cerca un incontro con Gesù per avere una qualche ispirazione.
Nel lungo viaggio di Gesù verso Gerusalemme siamo ormai vicini alla meta: Gerico è a soli 7 chilometri dalla capitale. È una città ricca, un’oasi di palme in mezzo al deserto, famosa per la produzione di balsamo. Grazie al suo clima che d’inverno è mite, tutti i ricchi di Gerusalemme avevano qui una seconda casa. Inoltre, essendo al confine del deserto era diventata punto di passaggio e di sosta di tutte le carovane che trasportavano merci preziose dall’oriente (Babilonia e Persia) verso i porti dell’occidente e l’Egitto, come pure di quelle che dalla Siria andavano verso l’Arabia e viceversa. Allora i Romani avevano messo qui una dogana fiscale, cioè un luogo di raccolta di tasse per tutte le merci che transitavano.
Questo afflusso di ricchezza aveva fatto sì che Gerico avesse la fama di essere una città molto corrotta.
Il protagonista del vangelo di oggi è niente meno che il capo dello squadrone di esattori di tasse di questa città. Conosciamo quanto i pubblicani fossero odiati e considerati ladri e traditori sia della patria che della religione. C’è però un fatto particolare: questo peccatore, è ricco, ma insoddisfatto della sua vita; i soldi, i banchetti, il potere non lo lasciano tranquillo, allora è tutto agitato dal desiderio di un cambio. Ha sentito parlare di Gesù come persona che, da una parte ha parole forti contro i ricchi e quelli che accumulano ricchezze, ma dall’altra è amico dei peccatori e va a mangiare con loro. Allora vuole vederne il volto, sperando di trovare lì qualche risposta. Anche noi quando ci sentiamo inquieti, insoddisfatti, non dovremmo cercare di soffocare l’inquietudine come suggerirebbero molti, ma lasciarla parlare perché spesso è l’occasione per comprendere che c’è qualcosa dentro di voi che ha bisogno di essere cambiato. La tendenza di molti è di ricercare rumore, feste, cose materiali che ci facciano dimenticare il nostro malessere, ma esso si quieta solo per poche ore e poi ritorna. Forse avrà fatto lo stesso anche Zaccheo per anni con i suoi banchetti, ma ora ha trovato la soluzione giusta: si mette in moto per cercare il volto di Gesù. È importante fissare lo sguardo sul volto di Gesù, perché è solo lì che possiamo trovare la vera immagine del volto del Padre Misericordioso e non cadere nell’errore di crearci un’immagine di Dio a nostra misura. Pensando di adorare lui, invece, adoriamo noi stessi.
Zaccheo Cerca di vederlo, ma non ci riesce a causa della folla. Quando noi ci mettiamo in cerca di Gesù incontriamo tanti ostacoli e il primo di essi è la mentalità della folla che cerca in tutti i modi di scoraggiarci: “Lascia perdere! Non fa per te! Non stai bene come sei? Va a casa a goderti i tuoi beni! Lui non ti vorrà vedere perché tu sei un peccatore”. Questo è normale in una società sempre più atea, ma una cosa che fa paura è che spesso la folla che cerca di fermarci non è quella del mondo ateo esterno ma la folla di chi sta attorno a Gesù. Era già successo anche al cieco nato, ai bambini, alla peccatrice. Chi sta attorno a Gesù sembra essere geloso e pensa di avere il diritto di proteggere Gesù, filtrare chi si può accostare, e non vuol lasciare che altri, specialmente i “pericolosi” si avvicinino a lui. Spesso chi ci scoraggia dal nostro tentativo di ricercare con serietà un incontro con Dio e di farne un’esperienza concreta sono proprio i cosiddetti “credenti” che sono legati ai loro schemi di religione, alle loro tradizioni, al loro modo di vedere Dio e a cui non sta bene un Dio popolare che esce dalla loro élite.  Zaccheo poteva scoraggiarsi e invece prosegue con caparbietà.
È piccolo, si sente in qualche modo impotente di fronte alla statura morale di questa muraglia di seguaci di Cristo e allora deve arrampicarsi sul sicomoro per avere un punto di vista diverso di Gesù. Spesso dobbiamo avere il coraggio di lasciare da parte immagini preconfezionate di Dio per poterne trovare una vera, un’esperienza personale che è l’unica che può fare la differenza per noi. Il salire sull’albero è simbolo dello sforzo che ciascuno deve fare in questa ricerca e per noi potrebbe rappresentare lo sforzo di andare a parlare con qualcuno, o di frequentare un corso biblico, o di mettersi in qualche attività caritativa, ecc. basta che siano cose fatte con il desiderio di scoprirvi un volto diverso di quel Gesù che cerchiamo.
Qual è il volto di Gesù che Zaccheo scopre?
Gesù alza lo sguardo, lo vede e lo chiama. Era Zaccheo che voleva vedere Gesù e invece è Gesù che alza lo sguardo per vedere lui. Gesù è in basso e guarda in su, come aveva fatto anche con l’adultera. Gesù è in basso perché è un servo e come servo ricerca colui che ama, colui che la folla voleva nascondergli, qualcuno che forse aveva vergogna di farsi vedere.
Lo guarda e lo chiama per nome, lo toglie dall’anonimità, lo fa sentire conosciuto e amato. Cosa interessante è che il nome con cui Gesù lo chiama “Zaccheo”, in ebraico vuol dire “giusto”, “innocente”. Lui peccatore non è certo degno di questo nome, ma in bocca a Gesù questo nome assume il suo vero significato perché Dio non guarda ai nostri peccati ma alla nostra natura vera, quella di essere chiamati a stare con Lui.
Non si limita a guardarlo e chiamarlo per nome ma gli dice anche: “Affrettati a scendere perché oggi devo venire a casa tua”. Il nostro è un Dio che ha fretta di incontrarci e di salvarci. Oggi devo venire a casa tua. Gesù ci offre il presente, non il passato. Non gli parla dei suoi numerosi peccati di ieri ma della salvezza che “oggi” deve dargli. Inoltre non dice: vorrei, mi piacerebbe, potrei, ma dice “devo” fermarmi a casa tua. Fa parte della sua natura, non è un pio desiderio. È un Dio che chiede ospitalità, che vuole entrare nel nostro cuore perché questo è il luogo della verità e della conversione, è il luogo dell’amore.
Zaccheo scende e corre. Avete notato come nel vangelo di oggi, e spesso in tutti i vangeli, i verbi sono di movimento. È tutto un correre, salire, scendere, camminare. La nostra religione non è una cosa statica da studiare e vivere a tavolino, è tutto movimento perché l’amore è irrequieto finché non raggiunge la sua meta. Non ci si converte solo leggendo un libro, fosse anche il Vangelo, ma mettendosi in cammino, perché il cambio di pensiero diventi cambio di vita.
Gesù entra nella casa e inizia la festa. Il nostro Dio è il dio della gioia, un dio che fa festa quando incontra il peccatore, come il padre del figlio prodigo, il pastore della pecora smarrita.
Lì alla casa di Zaccheo si formano due gruppi di persone: dentro ci sono i suoi amici, peccatori, e fuori c’è il gruppo delle persone per bene che brontolano. Avevano già brontolato prima della parabola del figlio prodigo e all’episodio della peccatrice; l’argomento è sempre lo stesso: “invece di stare con noi, lui se ne va coi peccatori”. Gesù non è uno che si adegua agli standard della mentalità delle persone per bene, lui ribalta questi modi di pensare stantii che non portano da nessuna parte, diventa pietra di scandalo per creare una novità, un nuovo modo di concepire Dio, il vero Dio.
Cosa succede a Zaccheo ora che ha scoperto il vero volto di Dio? Il vangelo dice: “Si alzò in piedi” e disse ... Traduzione sbagliata. Questo verbo è in forma passiva ed è il verbo della resurrezione: “fu rimesso in piedi”. Zaccheo è rimesso in piedi, fatto rinascere dall’incontro con Gesù e in questa nuova vita per la prima volta vede i poveri. Prima vedeva solo persone da sfruttare, occasioni per arricchirsi, ora si rende conto delle loro necessità e dona loro la metà dei suoi beni. A cosa servono tutti i beni che abbiamo in mano? A creare amore, legami con le persone, specie chi è nel bisogno.
Oggi per questa casa è venuta la salvezza. La salvezza non è qualcosa che avviene il giorno in cui entreremo in Paradiso, ma oggi, cioè nel momento stesso in cui ci lasciamo liberare dalla schiavitù dell’egoismo e dal desiderio di accumulare e ci apriamo agli altri col dono. La salvezza inizia già qui.

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