Fede o creduloneria? passività o impegno?


 L’ elogio della piccolezza. (Lc 17, 5-10)

Il vangelo di oggi parte da una richiesta degli Apostoli: “Signore aumenta la nostra fede”. La fede può aumentare o diminuire, non è qualcosa di statico che c’è o no.
Spesso noi pensiamo che la fede riguardi un pacchetto di verità, delle teorie che Dio ci presenta; noi ci riflettiamo e poi decidiamo: ci credo, o no. Non è questo la fede, perché non si tratta di “credere a” cioè accettare le cose che ci vengono dette se hanno senso o no. La fede è un “credere in” cioè un innamoramento, un perdere la testa per Gesù. Quando noi uniamo la nostra vita con una persona, poniamo con essa tutta la nostra fiducia e allora siamo disposti ad accettare da essa qualsiasi cosa. Sappiamo bene, però, che lungo gli anni si passa attraverso momenti di alta e di bassa, di esaltazione e di stanchezza.
Siamo al termine del viaggio di Gesù con i discepoli verso Gerusalemme, un viaggio in cui Luca inserisce la maggior parte dei discorsi e dei miracoli di Gesù. Essi servono sì per tutta la gente ma soprattutto per preparare i suoi discepoli all’evento centrale che inizierà dalla metà del capitolo 19 con l’ingresso a Gerusalemme. I discepoli hanno visto e sentito tanto durante questo viaggio, Gesù li ha invitati a passare dalla porta stretta, odiare il padre e la madre, rinunciare a tutti i propri beni, a farsi servi, a diventare come bambini, ad amare tutti, perdonare senza limiti, ecc., ma soprattutto Gesù ha annunciato per ben tre volte che a Gerusalemme sarebbe stato catturato e messo a morte. Da tutto questo hanno capito una cosa: quello di Gesù è un messaggio difficile da accettare ma soprattutto da vivere perché richiede un cambiamento totale di mentalità e di vita. Si riesce ad accettare questo solo se si parte dalla fede, cioè da un amore incondizionato a Gesù.
Ma noi abbiamo la fede? Spesso anche noi vacilliamo. Crediamo in Gesù ma quando certe sue richieste sono troppo esigenti, la nostra fiducia si affievolisce.
Gli apostoli dicono: Signore accresci la nostra fede! E lui risponde: Non sta a me aumentare la vostra fede perché non vi posso obbligare a scegliere me ed amarmi, però se ne avete quanto un granello di senape è sufficiente. La preghiera è il piccolo seme che fa crescere un albero, e che ci permette di riscoprire quel tesoro che è Gesù e quindi, ci dà il coraggio di lasciarci coinvolgere. Poi, con immagini paradossali descrive quelle grandi cose che la nostra adesione a Lui potrebbe fare. Qui si parla di un albero di quercia da sradicare, Matteo e Marco, invece, parlavano di spostare una montagna. Sia chiaro che nessun santo, neanche la Madonna e neanche Gesù stesso hanno fatto qualcosa del genere. Si tratta di immagini paradossali per far capire la grandezza di quello di cui stiamo parlando. Stiamo parlando di cose umanamente impossibili cioè qualcosa che nessuna forza umana può fare, ma l’adesione a Cristo lo può. Allora non si tratta di chiedere al Signore qualcosa di magico e credere che poi lui obbedirà e lo farà per noi; questa è una cosa infantile. Qui si parla a cambiamenti umanamente impossibili che però sono possibili con la nostra adesione a Cristo e quindi il nostro impegno. Pensiamo, ad esempio, al concetto di un mondo senza guerre, ad una fratellanza universale basata su pace e dialogo tra tutti i popoli, un mondo in cui i beni vengono gestiti non da padroni ma da amministratori, non accumulati ma distribuiti. Umanamente diciamo che queste sono utopie, irrealizzabili, sono cose che non succederanno mai; ma se tutti aderissimo agli insegnamenti di Cristo, questa sarebbe la realtà. Anche senza andare ad argomenti così grandi, pensiamo a certe inimicizie personali, un certo odio nelle nostre famiglie, certe offese che da anni non si riescono a sorpassare, certe chiusure per cui sono anni che non parlo con una persona. Ci viene spontaneo dire che non ci sarà mai una soluzione.  Se noi facessimo veramente una scelta a favore di Cristo, sarebbe possibile superare questi problemi.
Perché noi non riusciamo a fare questa adesione a Gesù? Principalmente per due problemi: il primo è che noi crediamo di poter fare tutto con le nostre forze e di giudicare solo con la nostra testa su cosa è giusto o sbagliato, ciò che è da fare o da non fare; poi, in quello che noi riusciamo, pretendere che lo faccia Dio. Il secondo problema è il nostro atteggiamento da protagonisti che mette al centro dell’azione la persona che la fa e non Dio.
Gesù ce lo spiega con una parabola. “Se uno ha un servo che sta ad arare …”. Di per sé noi tratteremmo i nostri servi con molta più delicatezza di come lo descrive Gesù. Gesù usa sempre un linguaggio provocatorio perché non ci vuole raccontare una favoletta ma vuole farci riflettere su come funzionano di solito le cose. Non è forse vero che, nel nostro mondo, chi comanda pretende e di solito non fa attenzione alle necessità dell’altro pur di soddisfare le sue? La nostra risposta è sì, di solito accade così. L’identità del servo non è forse quella di servire sempre? La vite ha forse qualche merito nel produrre uva? No! È la sua natura. Ebbene, l’identità, o meglio la natura del Cristiano è essere un servo. Non ha alcun merito se obbedisce. Noi siamo servi del piano di Dio, ma se il piano è suo, allora tocca a lui decidere cosa è buono e cosa non lo è, cosa c’è da fare e cosa no. Voi mi direte: “Ma Dio non ci manda una lettera per spiegare cosa fare, o una telefonata per dire se va bene o no; ci ha dato l’intelligenza e dobbiamo usarla”. È vero! Però questa intelligenza dobbiamo usarla con l’atteggiamento di umiltà che ha un servo, accompagnandola con la preghiera, il discernimento fatto alla luce della parola di Dio, il confronto con le altre persone e soprattutto, con preghiera e disponibilità a cambiare le nostre idee se ci accorgiamo che Dio vuole qualcosa di diverso. Siatene sicuri: se il Signore vuole qualcosa di diverso, ve lo mostrerà. D’altronde anche il Padre del cielo è un servo e agisce così, e tutti i suoi figli devono essere così, agire senza attendere alcuna ricompensa. Il prodigio che ci si attende dalla fede è la nascita di un mondo nuovo. Noi tutti sogniamo di essere padroni che si arricchiscono, invece noi cristiani dovremmo aspettare la nascita di un mondo nuovo, dove tutti sono servi per natura cioè che non possono far altro che servire. Naturalmente questo è il prodigio più grande e difficile, e può compiersi solo se tutti noi aderiamo a Cristo. Maria ha fatto questa adesione, ha detto “Ecco la serva del Signore” e sappiamo cosa ciò ha portato al mondo. Dobbiamo imparare da Lei ad essere servi inutili.
Pensiamo un po’ alla tentazione che spesso noi abbiamo di metterci al centro di tutto, di ricercare per noi la gloria di quello che facciamo; pensiamo a quanto siamo restii a condividere idee e progetti per paura di non essere al centro. Pensiamo a come spesso ci troviamo a pregare poco perché siamo molto occupati a lavorare, mentre il vangelo di oggi sembra dirci: se hai molto da fare, devi pregare ancora di più, non di meno. Più lavoro facciamo più dobbiamo pregare, più responsabilità abbiamo e più dobbiamo essere in intima unione con il Signore. E quando le cose vanno male o non vanno secondo i nostri piani? Se abbiamo agito in unione con il Signore, allora lui provvederà che le cose vadano bene e forse il male di oggi sarà una benedizione per domani. Se invece abbiamo agito solo di testa nostra, allora dobbiamo farci carico delle conseguenze di quello che abbiamo fatto. Ricordiamoci sempre, però, che anche in questo caso, il Signore non ci abbandona ma con la sua misericordia aspetta che noi lo chiamiamo per venire a risanare, con la sua grazia, i nostri errori.
Allora cos’è la fede? Guardiamo ai santi, ad esempio a Don Orione. Sappiamo quante cose ha fatto in vita sua. Credete che fosse più ricco di noi? No di sicuro! Più istruito? No! Non aveva computer, televisione, aveva una vecchia macchina, ma aveva la fede. Don Orione non ha mai detto a Dio: “Io voglio fare questo o quello!”; ha sempre detto: “Signore aiutami a fare quello che vuoi tu!”. Don Orione non si è messo a tavolino a pensare a un piano per la sua congregazione e poi uscito a guardare come realizzare il suo piano. No! Lui è uscito per andare in contro alla gente e quando ha incontrato qualcuno in bisogno ha detto: “Qui c’è Dio.  Cosa vuoi che io faccia per te, Signore?” Questa è la fede. Questo è vivere con l’atteggiamento del servo inutile di cui ci parla il Vangelo.
Chiediamo al Signore che aumenti la nostra fede, che ci dia un po’ di questa fede.



Post popolari in questo blog

Gesù è davvero un re?

I santi, nostri amici

Alle sorgenti della gioia