Bisogna pregare, sì! Ma quale Dio?


Bisogna pregare, sì! Ma quale Dio? (Lc 18,1-8)
Nel mondo ci sono tante cose belle ma anche tante ingiustizie. Perché Dio permette queste cose? Perché Dio permette che qualcuno abusi degli altri, sperperi le materie prime, costruisca armi, ecc.? Da credenti inviamo a Dio le nostre domande e spesso Lui non ci risponde. Il buon cristiano, allora, è tentato di incattivirsi o rassegnarsi. Ma questo mondo ha un senso o un destino? È facile perdere la fede. Ancora una volta Gesù provoca la nostra risposta con una parabola. Ormai siamo esperti nel modo di agire di Gesù, però stavolta Luca ci spiega subito il senso di questa racconto, ci dice che Gesù lo raccontò per far comprendere la necessità di pregare sempre. Attenzione! Non è scontato che ne capiamo bene il senso.
Vediamo prima di tutto il contesto storico in cui il brano è stato scritto. Siamo negli anni 70-80 dopo Cristo, le comunità cristiane sono perseguitate. Luca sta scrivendo il vangelo a cristiani che vivono in situazioni di marginalizzazione, discriminazione, ingiustizia. Loro si rifiutano di offrire sacrifici agli dèi pagani o all’imperatore e allora vengono loro negati i diritti più fondamentali e spesso sono anche perseguitati. I cristiani stanno saldi nella fede e nella preghiera ma sembra che le cose non migliorino, vedono che il Signore non sta intervenendo e c’è il rischio che si scoraggino.
Veniamo ora alla parabola. I personaggi sono due: Prima abbiamo un giudice. Di solito si metteva con un tavolino in piazza, vicino alla porta della città e chiunque avesse dei casi da risolvere si rivolgeva a lui. Il suo compito era proteggere i deboli, ma spesso, invece, non lo faceva, anzi era corrotto; chi paga di più vince la causa. Il profeta Isaia al capitolo 1 del suo libro descrive una lunga sfilza di cattive azioni che i giudici corrotti del suo tempo compivano contro i poveri, gli oppressi, gli orfani e le vedove, che essendo le persone più deboli dovevano limitarsi a subire. Chi rappresenta questo giudice iniquo? Prima dobbiamo capire chi è la vedova.
Il secondo personaggio è appunto la vedova. Con gli orfani e gli stranieri, le vedove erano la categoria più debole che non aveva nessuno che li difendeva. Dio si è sempre presentato come il difensore di queste categorie più deboli.
Cosa può essere successo? Qualche raggiro, o un torto nel passaggio dell’eredità, o qualche altro problema di relazioni con una persona ricca. Di solito toccava agli uomini andare dal giudice, un fratello o un cugino o un figlio, mai le donne, perché nessun buon Ebreo perdeva tempo ad ascoltare donne. Se Gesù la tira in ballo non è per parlare di un caso specifico ma per quello che lei rappresenta. In questa parabola la vedova è la comunità cristiana che sta soffrendo, è rigettata dagli altri e sembra essere in balia delle forze del male. Allora il giudice è Dio. Perché non si muove? La donna continua ad andare da questo giudice, non ha altre alternative.
Abbiamo detto all’inizio che lo scopo della parabola è di essere costanti e insistenti nella preghiera. Se la parabola si fosse fermata a questo punto, non ci sarebbe dubbio che il senso è proprio quello: continuate a chiedere finché otterrete. La parabola, invece, continua con delle affermazioni che ribaltano il modo di interpretare quanto abbiamo presentato sopra. Se fosse vero che basta insistere per ottenere quello che si vuole, avremmo qualche problema: Se Dio ha bisogno della nostra insistenza per rispondere allora vuol dire che Dio cambia idea su cosa sia meglio o peggio, che lui si adatta al nostro modo “limitato” di vedere le cose, e nel cambiamento per accontentare me, potrebbe scontentare qualcun altro. Il dio di cui stiamo parlando è un dio un po’ limitato, pasticcione, è un dio che tutto sommato non ci vuole bene, perché ha bisogno di essere stufato per decidere di fare qualcosa per noi. Voi credete in questo tipo di dio?
Chiaramente Dio non agisce in questo modo, ma perché Gesù oggi lo presenta così? Vediamo il soliloquio del giudice. Esaudisce la vedova non perché si sia convinto o convertito, ma solo per disperazione. Questa donna mi rovina la posizione. Mi disturba. Allora siamo sicuri che il giudice è Dio? Per rispondere pongo un’altra domanda: a chi rivolge la preghiera, la comunità cristiana di San Luca? A chi rivolgiamo noi le nostre preghiere? Forse non al vero Dio, ma a un dio “bacchetta magica” che sta lassù solo per risolvere i nostri problemi, fare dei miracoli che ci soddisfano. Questo non è il vero Dio.
Il vero Dio è colui che ha creato il mondo e lo rispetta. Non interviene a cambiare la realtà del nostro mondo. Lui ha in mano la nostra storia, ma la porta avanti attraverso di noi. Perché allora, ci chiede di insistere a pregare? La comunità cristiana sta passando attraverso un momento di difficoltà e deve rispondere con la preghiera, ma la preghiera non serve a Dio per cambiare idea, ma a noi per crescere nella fede e nella capacità di conoscere e accettare la sua volontà, e nella capacità di essere strumenti attivi e docili nelle sue mani, per cambiare l’andamento delle cose. Se noi non preghiamo rischiamo di scoraggiarci, incattivirci. Forse tutti noi, qualche volta, ci siamo stancati di pregare. Ci chiediamo: ma Dio esaudisce le nostre preghiere, si o no? La risposta di un grande credente, il martire Bonhoeffer è questa: «Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse». Il commento di Gesù al soliloquio e a noi oggi che gridiamo perché vogliamo un mondo diverso è: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti che gridano a lui giorno e notte?” Se persino il dio sbagliato che avete in mente lo farebbe, quanto più lo farà il Dio vero, cioè farà giustizia ai suoi letti molto presto, quando meno te l’aspetti, ma ha bisogno del tuo contributo. Bisogna mantenersi sempre in preghiera cioè mantenersi in contatto con il pensiero di Dio, nella predisposizione giusta, perché non sempre la sua “Giustizia” corrisponde alla nostra, e solo se siamo uniti alla sua volontà saremo in grado di costruire il mondo giusto. La donna del vangelo che non si lascia schiacciare, ci rivela che la preghiera è un "no" gridato al "così vanno le cose", è come il primo vagito di una storia nuova che nasce. Non si prega per cambiare la volontà di Dio, ma il cuore dell'uomo. Non si prega per ottenere, ma per essere trasformati.
Gesù ha pregato nel giardino degli ulivi, vi ricordate? "Padre, se possibile passi da me questo calice; però non come voglio io, ma come vuoi tu". Sublime modello! La preghiera autentica non sta nel tentare di piegare Dio al nostro volere, ma nel cercare di mettersi nella sua ottica, inserendosi nel progetto che egli ha sul mondo e su ciascun uomo, convinti che si tratta di un progetto di bene per i singoli e per l'intera umanità.
“Li farà forse aspettare a lungo?” La traduzione è un po’ dubbia. Qualcuno legge: “anche se purtroppo vi farà aspettare a lungo”. Ma la questione più importante è l’ultima: “Il figlio dell’uomo quando verrà, troverà ancora Fede sulla terra?” Il che vuol dire: quando Lui verrà, saremo noi pronti ad accoglierlo e ad intervenire nel mondo come lui vuole?

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