Insegnaci a pregare
Padre Nostro. Lc. 11,1-13
Gesù oggi ci insegna a pregare. La preghiera è in crisi a
causa dell’attivismo e delle molte distrazioni. Molti dicono di non avere più
tempo. C’è poi, in molti, la paura del silenzio perché quando ci mettiamo a
riflettere in silenzio, nella nostra mente entrano pensieri che ci disturbano.
La tentazione più comune per superare questi momenti di difficoltà è prendere
lo smartphone, chattare, andare on line, accendere della musica.
La preghiera è in crisi anche perché la si confonde con
il ripetere formule e certe preghiere che conosciamo sono veramente formule
dette a ripetizione. Una di queste potrebbe essere il Padre Nostro. Tutti i
giorni noi preghiamo il Padre Nostro, forse anche varie volte al giorno.
Di sicuro avrete notato che le parole usate da Luca nel
vangelo di oggi sono diverse da quelle usate da Matteo e da quelle che usiamo
noi normalmente. Perché c’è questa differenza? Per un motivo molto semplice:
Gesù non ha voluto insegnare una preghiera, ma un modo di pregare. A Lui non
interessava che i discepoli imparassero delle parole da ripetere a memoria, ma
che imparassero qual è l’atteggiamento da avere quando si prega, cioè il porre
il loro cuore e la loro mente in quello che dicevano.
C’è poi la concezione di chi pensa che pregare voglia
dire mettersi a chiedere qualcosa a Dio, ottenere una grazia e molti obiettano:
“Con tutte le capacità che ha la scienza oggi, che senso ha chiedere a Dio?”. Senza
contare che spesso abbiamo la sensazione che Dio non ascolti quello che gli
chiediamo.
È interessante notare la prima frase del vangelo di oggi:
Gesù si trovava a pregare in un luogo appartato. Quando ebbe finito gli
apostoli gli si avvicinarono e chiesero: “Maestro insegnaci a pregare”. Loro
non erano andati con Lui a pregare. Questo fatto ci dice qualcosa di
importante. Gli apostoli erano ormai con Gesù da molto tempo, forse da più di
un anno. Gesù aveva insegnato loro molte cose ma non aveva mai insegnato loro a
pregare. Naturalmente i discepoli come tutti i bravi Giudei pregavano 5 volte
al giorno usando i salmi e altre frasi prese dalla Torah, specialmente la
famosa preghiera dello “Shemà Israel”. Gesù non aveva voluto aggiungere
un’altra cosa da fare, un altro obbligo da assolvere. Per Lui pregare era una
necessità profonda di essere in contatto con suo Padre, e voleva che tale
diventasse anche per i suoi discepoli. Allora il modo migliore per insegnare
questo è stato dare l’esempio. Non importa quanto tempo ci avrebbero messo,
prima o poi avrebbero compreso questa necessità, allora lui avrebbe insegnato e
il suo insegnamento sarebbe rimasto. Ora hanno raggiunto questo momento, ora
sentono il bisogno di un qualcosa in più e Gesù può quindi iniziare. La
preghiera che Gesù insegna racchiude in poche parole il distintivo del credente
cioè il suo impegno nel testimoniare quel Dio che prega.
Allora come deve vivere chi recita il Padre nostro.
Padre nostro che sei
nei cieli. A chi si rivolge? Chi è l’interlocutore? Ci rivolgiamo
a Dio, ma quale Dio? Non un tiranno, non un legislatore, il nostro Dio è un Padre.
Non preghiamo un idolo. Quando ci viene presentato un Dio diverso, un Dio che
non è Padre, non è un amante, allora preghiamo un idolo. Quando noi preghiamo
un Dio che ama, ci fa diventare come Lui, gli idoli non fanno così. Chi ci
incontra nel mondo deve vedere i “figli” di questo Padre.
Sia santificato il
tuo nome. Il nome è importante, ci tira fuori dall’anonimato.
Anche Dio ha un nome che deve essere santificato. Cosa significava nella bibbia
“santificare”? Dio Mostra il suo nome santo, cioè fa vedere che la sua realtà è
diversa da quella di tutti gli altri idoli. Dio mostrava di essere diverso da
tutti gli altri déi perché era un Dio liberatore, non legato a luoghi,
camminava col suo popolo nel deserto. Nessun altro popolo aveva un Dio così.
E oggi come santifichiamo il Suo nome? Cioè come mostriamo
che è diverso da tutti gli altri? Lo facciamo con la nostra vita perché si veda
attraverso noi suoi figli come il Padre è diverso. Se io predico un Dio giustiziere,
lo rendo uguale a tutti gli altri, ma se predico un Dio misericordioso allora è
diverso da tutti gli altri.
Venga il tuo regno. A quale
regno vogliamo appartenere? Il regno della violenza, della falsa giustizia,
della potenza? Oppure al regno del mondo nuovo proclamato da Gesù, il regno
dell’agnello, dell’amore incondizionato?
Dacci ogni giorno il
nostro pane quotidiano. Già lo aveva fatto nel deserto e anche lì aveva detto
di raccoglierne a sufficienza per un giorno. Era stato un modo per educare il
suo popolo a controllare la pulsione di accaparrarci più del necessario. Chi ne
raccoglieva di più si trasformava in vermi. Quando accumuliamo i beni del mondo
per noi stessi, andiamo contro il piano di Dio. Dobbiamo aver fiducia nel Dio
che anche domani ci darà il necessario, per cui oggi devo condividere quello
che Dio ha creato per tutti.
Perdona i nostri
peccato come anche noi perdoniamo. Come perdona Dio? La concezione di
molti è che Dio ha dato molte leggi, noi le trasgrediamo, lui si arrabbia e
dovrebbe castigarci, ma poi, invece, ci perdona facendo finta che non è
successo nulla. Questa è un’idea sbagliata. Chi pecca fa male a se stesso ma
nessuno soffre per il nostro peccato più di Dio che vede come ci facciamo del
male. Lui non chiude un occhio ma fa di tutto per riportarci sul cammino della
vita.
Non abbandonarci nella
prova. Questa frase è tradotta in tanti modi. Il testo originale dice “non
portarmi dentro la prova” (non tentazione). Ai tempi di Gesù si diceva che Dio
era responsabile di tutto, delle cose buone come delle cattive, benedizioni
come pestilenze. Ecco il perché delle parole usate. Nella vita noi dobbiamo
affrontare necessariamente delle prove e questo è un bene perché esse ci
rafforzano, basta che non ne usciamo sconfitti. Ci sono però certe prove che ci
spaventano. Gesù di fronte alla prova della passione e morte, ha detto “se è
possibile, questo no”. È proprio questo il senso della frase. In questa prova Gesù
ha avuto paura ma poi la preghiera gli ha fatto capire la salvezza che sarebbe
derivata da essa. Pregare così è un dire a Dio che ci sentiamo fragili e certe
cose ci spaventano, ma sarà proprio la preghiera a darci la forza.
Poi Gesù aggiunge una parabola. La nostra esperienze ci
dice che spesso noi chiediamo ma non otteniamo quello che abbiamo chiesto.
Allora ci illudiamo che se continuiamo a ripetere la preghiera Dio si stancherà
e finalmente ci darà quello che vogliamo. Anche questa è una concezione
sbagliata. Cos’ è un miracolo? Far fare a Dio la nostra volontà? No! Al contrario
la preghiera è esaudita quando Dio riesce a inserire noi nella sua volontà. Noi
arriviamo a Dio carichi delle nostre paure, rancori, ecc. e ci vuole molta
preghiera per purificare il nostro cuore e portarci ad accogliere quello che
Lui vuole da noi.
Noi preghiamo il Padre nostro tutti i giorni, il Padre
nostro e molte altre preghiere. Ma preghiamo veramente o semplicemente
pronunciamo delle parole? Siamo coscienti di quello che stiamo dicendo? Siamo
coscienti dell’importanza che Dio ha per noi e di quanto sia importante che noi
viviamo alla sua presenza? Siamo veramente sicuri che tutto quello che siamo e
abbiamo è un dono suo? Glie ne siamo grati?
Non è importante ciò che gli chiediamo, Lui sa già di
cosa abbiamo bisogno prima ancora che glie lo chiediamo. Ciò che è importante è
invece che ci avviciniamo a lui con Fede e Amore. Di sicuro Lui ci darà quello
di cui abbiamo bisogno: magari non quello che noi chiediamo, ma quello di cui
abbiamo veramente bisogno, perché lui è nostro Padre.