La missione dei laici

La missione dei 72.  Lc 10,1-11;17-20.
Prima di iniziare vorrei richiamarvi alla mente la chiusura del vangelo di domenica scorsa. Si diceva che c’erano varie persone che volevano seguire Gesù ma le esigenze da Lui poste sono tante ed essi si erano scoraggiati. Dopo questi fatti, cioè dopo aver chiarito quali sono i requisiti per seguirlo, Gesù ne invia altri 72. “Altri” perché prima aveva già inviato i 12 (cap. 9). Perché Gesù sente subito il bisogno di mandare altri e soprattutto perché Luca sente il bisogno di ripetere la cosa a distanza solo di un capitolo? Luca scrive per coloro che devono annunciare il vangelo in tutto il mondo pagano e qui indica cosa il Signore si aspetta da coloro che annunciano. I 12 indicano i primogeniti, le 12 tribù di israele. In Gen. 10, invece, dove si fa l’elenco di tutte le nazioni del mondo, si parla di 72 nazioni. In altri luoghi si parla di 70 nazioni che sono le nazioni pagane (+ Israele e Giuda). Infine Luca dice “altri” perche non si tratta dei 12, ma sono dei laici. Questo è per farci capire che se la missione di predicare il Regno di Dio è stata prima di tutto un dovere degli apostoli, e oggi potremmo dire dei preti o dei religiosi, però Gesù ora ridà la stessa missione con gli stessi poteri anche a tutti coloro che  vogliono essere suoi discepoli, cioè tutti i Cristiani, cioè anche a tutti voi.
Li invia a 2 a 2 per indicare che si lavora in comunità. Il suo messaggio è basato sopratutto sull’amore e l’amore lo si vive e testimonia in comunità. È essa che deve lavorare per cambiare il mondo.
Quale deve essere la disposizione di chi vuole lavorare per il Signore?
“La messe è abbondante”. Bando ai pessimismi, la messe che attende è abbondante. La mietitura è il momento di raccogliere il grano che serve per fare il pane che alimenta la vita. Quando Gesù ha voluto sintetizzare tutta la sua storia ha scelto l’immagine di farsi pane per sfamare tutti (l’Eucarestia). È compito di tutti i Cristiani coinvolgere tutte le persone in questa proposta di un mondo nuovo dove ci si fa pane per tutti. Ognuno mette tutto se stesso a disposizione del fratello allora davvero abbiamo una nuova umanità.
Purtroppo coloro disposti a lavorare così sono pochi. Strano che Gesù dica di pregare se stesso (Lui è il padrone della messe) perché mandi operai. Lui non ha bisogno di essere pregato ma pregare serve prima di tutto a noi, non deve convincere Dio a cambiare i suoi piani, ma convincere noi a cambiare i nostri sentimenti, i nostri cuori. Le scelte di Cristo, al giorno d’oggi, sono impopolari; la preghiera crea il clima in cui sorge la voglia di offrirsi al servizio di Dio.
Ci manda come agnelli tra i lupi. Il mondo vecchio è governato dalla logica del più forte, un mondo di belve che si sbranano a vicenda. Inutile lamentarsi di come è fatta la società di oggi; Gesù ci invia proprio perché la società è così. E in questa società dobbiamo entrarci da agnelli, da miti, da persone che vivono di pace. Chi vuole fare la guerra alle armi non può usare armi, ma deve presentarsi da agnello. Gregorio Magno, commentando questo passo dice: “Dobbiamo presentarci come comunità di persone che si amano. Se ci presentiamo divisi, litigando, non avremo nessun impatto sulla società”. Noi ci illudiamo di avere molto più successo con la forza, ma sarà un successo che non dura. Voler salvare i lupi vuol dire trasformarli in fratelli che vivono per dare la vita per gli altri, non gente che vuole togliere la vita. Questo miracolo lo può fare solo la parola divina di Gesù.
Cosa devono fare questi discepoli? Sono gli stessi consigli che aveva dato ai 12. Parla al negativo: non portare con sé nè borsa, nè bisaccia, ecc. Chi lavora per il Signore non può accumulare cose per sé. La borsa è dove si mettono i soldi, la bisaccia è per il cibo, i sandali sono una cosa indispensabile ma non serve un paio di scorta. Niente protagonismi, concentrati sul Signore e fiducia nella Provvidenza nonostante le difficoltà e i rifiuti che si riceveranno. L’importante non è quello che si riesce a fare ma l’essere coerenti e essere di esempio e di provocazione e non come persone indipendenti, ricche. Il discepolo ha una sola ricchezza, una sola arma: la parola del Vangelo. Contro tutte le ideologie ha solo questo messaggio meraviglioso del vangelo.
Non fermatevi a salutare: non vuol dire essere maleducati, vuol dire non perdete tempo in cose insignificanti quando là fuori c’è un mondo che attende con ansia.
La prima cosa che fate entrando in una casa (nell’intimo di ogni persona, quando essa si presenta con le sue inquietudini), è dire loro: “Ho un messaggio per te di speranza, di pace”.
Rimanete nella casa in cui venite accolti.  Spostarsi da una casa all’altra indica cambiare spesso piani, idee. Allora è facile cadere prede dell’efficientismo, della comodità, del successo. State attenti a non mischiare la ricchezza, l’apparire di questo mondo con quello che è il vero messaggio.
Finora abbiamo presentato l’ambito personale. Ora ci dice cosa fare quando si parla in ambito sociale, quando si parla nelle piazze, per cambiare la società intera.
Mangiate quello che vi offrono. Non abbiate preclusioni di qualsiasi cultura ma siate aperti a tutti perché tutte le persone vengono da Dio. Prendetevi cura degli infermi. Non dice fate miracoli, ma prendetevi cura dei bisognosi. La Chiesa nei secoli ha ascoltato questo messaggio. Dite loro è vicino a voi il Regno di Dio.
Ci potrebbe essere qualcuno che non vuole accogliere il messaggio del Vangelo. Qui Gesù impiega l’immagine che la bibbia presentava per gli Ebrei che uscivano da un paese pagano: scuotere la polvere dai calcagni. A forza di ragionare con i valori del mondo antico, un po’ di polvere di essi ti rimane attaccata. Quante volte sentiamo dei cristiani che dopo aver ascoltato certi talk show o dibattiti sui problemi sociali poi dicono: “Certo, in qualche modo hanno ragione”. Un po’ di polvere ci rimane attaccata, ci dimentichiamo il messaggio centrale del vangelo e ci svendiamo a dei messaggi emotivi privi di fede.
Qual è stato il risultato di questa predicazione?
Quando i discepoli ritornano e riferiscono dei miracoli che sono riusciti a fare, in un certo senso Gesù li loda, ma poi subito dopo aggiunge: “Non rallegratevi perché satana si è sottomesso a voi, rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Il nostro apostolato, il nostro predicare, non deve essere finalizzato al successo ma alla nostra unione con il Signore. Chi ci guadagna alla fine sono le persone che serviamo, ma soprattutto siamo noi perché abbiamo l’occasione di essere uniti al Signore. Il bene lo si fa per il Signore non per le persone, infatti lo si fa anche a chi non se lo merita e non ci ringrazia, perché è il Signore che ricerchiamo.
“Vedevo Satana cadere dal cielo”. Anche questo è un linguaggio biblico: in cielo non ci sono altre divinità, c’è solo Dio, tutte le altre divinità umane devono rimanere sulla terra. Le cose stupende come scienza o tecnica, sono comunque terrene. Quando le facciamo diventare divinità cioè quando sono loro a comandare su cosa è bene o male, possibile o no, decidere sulle scelte della vita, allora si creano problemi. I valori del vangelo sono molto più alti di tutte queste cose.
Si cammina sopra serpenti e scorpioni. Nella bibbia il serpente è quello di Gen. 3 il maledetto il nemico di Dio e dell’uomo che avrà la testa schiacciata dal frutto della donna. Tutte le forze del male non hanno potere su chi annuncia il vangelo e sintonizza la sua vita sugli insegnamenti di Gesù. Non c’è mai da scoraggiarsi di fronte al male.

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