Con Gesù sulla strada del Calvario
Con Gesù sulla strada del Calvario. (Lc 22-23)
Siamo arrivati all’inizio della settimana
santa, l’inizio delle celebrazioni che ci faranno passare attraverso i momenti
cruciali della Passione di Gesù, fino a condurci al sepolcro vuoto. È interessante
il fatto che la liturgia ci fa ascoltare in una stessa occasione il vangelo
dell’entrata gloriosa di Gesù a Gerusalemme e poi il racconto della Passione,
il primo brano fuori della chiesa, il secondo dentro, dopo averci fatto entrare
in processione. La liturgia sembra dirci che c’è una realtà esteriore che
sembra essere bella, gloriosa, ma poi la vera salvezza non ci è data da questa
esteriorità ma dalla morte di Gesù.
Io mi ricordo che da bambino non mi piaceva
questa cerimonia perché il vangelo era troppo lungo e noioso, inoltre ci
toccava stare in piedi tutto il tempo. La nostra emotività è importante e non
va sottovalutata per cui il mio invito oggi è di non affrontare questa pagina
evangelica con la sola intelligenza ma di visualizzare almeno uno delle varie
scene che ci presenta, o una delle frasi e lasciare che esse suscitino in noi
sentimenti, siano essi di compassione, tristezza, rabbia o amore e fare la nostra
riflessione proprio a partire da tali emozioni.
Vi invito, però, a guardare a Gesù non come
ci guarda a un debole che viene fatto oggetto di abusi da un gruppo di
teppisti. Gesù non è un debole indifeso, tutto mostra invece che il suo
atteggiamento è quello del combattente, del lottatore; solo che la sua lotta è
diversa perché la sua battaglia è diversa. Lui non vuole sconfiggere i suoi
nemici ma salvarli perché sono suoi fratelli, è venuto per essi e li conquista
mostrando loro la sua misericordia. Bastano due particolari riportati dal “medico”
Luca. Luca è il solo che parlando dell’agonia di Gesù, dice che il suo sudore
si tramutò in sangue. Non è un miracolo ma un fatto medico conosciuto che
accade, raramente, ma ad atleti che sono in un momento di tensione massima. La
parola stessa “agonia” in greco vuol dire lotta e non morte. Inoltre quando i
soldati vengono nell’orto per catturare Gesù, i discepoli dicono: “dobbiamo
impugnare la spada?” e Pietro lo fa davvero staccando l’orecchio a uno di loro.
Gesù rimprovera Pietro e sana l’orecchio al ferito. La sua non è una guerra da
perdente, ma una lotta fatta di amore, di attenzione all’avversario,
misericordia, perdono.
Tutti i Vangeli riportano con fedeltà gli
ultimi momenti della vita di Gesù. Permettetemi qui di sottolineare alcuni
gesti di Gesù che compaiono solo nel vangelo di Luca.
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La preghiera. Lungo tutto il brano si insiste sul fatto
che Gesù prega. La sua arma è la preghiera perché vive questo momento cruciale
in perfetta unione col Padre.
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Abbiamo già parlato del sudore trasformato in sangue e
della guarigione dell’orecchio mozzato dalla spada di Pietro. A questo punto
gli altri vangeli dicono che i discepoli fuggono, Luca invece non parla della
fuga. C’è però un particolare interessante poco dopo. Ci troviamo nell’atrio
del sinedrio e Pietro ha appena rinnegato Gesù, ebbene Luca dice che nell’uscire Gesù “guardò dentro
Pietro” come a sottolineare che il pianto di quest’ultimo sia stato causato più
dalla misericordia di Gesù che non dalla sua colpa che altrimenti potrebbe
averlo portato al suicidio come è accaduto a Giuda.
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Luca è l’unico che parla di una visita di Gesù a Erode
durante la passione. Erode era il figlio di quell’Erode che voleva ucciderlo
appena nato. Lui non era feroce come il padre ma solo un corrotto pupazzo
dedito a festeggiamenti e banchetti. Si dice che voleva vedere un miracolo di
Gesù. Gesù si lascia condurre da lui ma non dice niente, non ha niente da
mostrare a chi è interessato solo da manifestazioni magiche.
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Quello di Luca è anche il vangelo che dà più spazio alle
donne, ecco che allora dedica un episodio a quelle donne che lungo la via del
Calvario si erano messe a piangere per Lui. Lui si ferma e le consola spiegando
che non è per Lui che devono piangere ma sulla loro società condannata alla
distruzione perché non accetta la salvezza offertagli.
Mentre Gesù è sulla croce pronuncia 3 frasi
riportate solo da Luca. La prima è per implorare il perdono per i suoi
crocifissori, la seconda di perdono per il ladrone pentito, la terza è la
preghiera conclusiva di consegna di tutto nelle mani del Padre. Ecco una breve
presentazione delle tre frasi.
1- Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno
Ci ricordiamo
cosa aveva patito nelle ore precedenti: Il tradimento del discepolo/amico
Giuda, l'arresto, le accuse ingiuste, le grida della folla “Crocifiggilo”, la
flagellazione, la coronazione di spine e le beffe, la via crucis, i chiodi, e
ora le beffe; Egli risponde: “Padre perdona a loro perché non sanno quello che
fanno”. Non parla a loro, non cerca di spiegare, non cerca neppure di
convertire, parla direttamente a suo Padre, al giudice supremo come farebbe un
avvocato difensore che cerca tutti i modi possibili per ottenere la grazia per
il suo cliente che sa che è colpevole. “Non sanno quello che fanno”, è vero,
credevano di uccidere un sobillatore, un bestemmiatore, per salvare la loro
patria dall'ira dei Romani e dall'ira di Dio e si sono venduti ai Romani per
ottenere ciò. Eppure una cosa l'hanno ottenuta: si sono salvati dall'ira di Dio
perché proprio attraverso questo loro peccato Dio mostra il suo volto di
misericordia e non di giudizio. Non lo sapevano, non lo avevano capito, non lo
capiranno neppure dopo ma Dio è più grande della loro ignoranza, della loro
paura, della loro testardaggine. Dio si serve della loro debolezza per mostrare
la sua forza, la forza dell'amore.
Non aveva forse
detto: Amate i vostri nemici? Lui è coerente ed ora essi non sono più suoi
nemici ma suoi amici perché li ama più di qualunque altro perché in quel
momento sono loro ad avere più bisogno del suo amore.
Dio il perdono
per le nostre colpe ce lo dà, ce lo dà anche se non ce lo meritiamo, ed anche
se non lo vogliamo; lui ce lo offre, tocca a noi approfittarne.
2- Oggi stesso sarai con me in Paradiso.
Uno dei due
peccatori crocifissi con Gesù si converte e lo difende riconoscendo, allo
stesso tempo, le sue colpe: “Noi ce lo meritiamo per quello che abbiamo fatto
ma lui è condannato ingiustamente”. Aveva forse sentito la frase di perdono che
Gesù aveva appena pronunziato verso i suoi crocifissori? Forse sì e ne è
restato catturato. Lui morente, disperato, rimane conquistato dalla forza che
sprigiona da questo suo compagno di sventura e ci vede uno spiraglio, una
ragione per accettare anche la sua situazione. Lui malfattore è ora conquistato
dalla verità della situazione ed ha uno spiraglio di fede, un'intuizione che è
senza dubbio dono dello Spirito Santo: “Ricordati di me quando sarai nel tuo
regno”. Sì conquistato, ma nel senso pieno della parola perché ora Gesù può
dirgli: “Oggi stesso sarai con me in Paradiso”. Oggi stesso? “E tutti i suoi
peccati?” “È ingiusto”, diremmo noi. “Giusto” quante volte abbiamo usato
erroneamente questa parola per difendere le nostre posizioni contro gli altri.
Ma Gesù aveva detto: “Il Padre mio vuole che nessuno si perda di coloro che mi
ha affidato” e questo è “Giusto” per Gesù. La giustizia è la misericordia
perché giustizia è fare la volontà di Dio che ci vuole tutti salvi. Se Cristo
cercava la giustizia umana ad ogni costo non avrebbe accettato di salire sulla
croce. Invece ci sale e da lì regna. I peccatori si conquistano con amore e
perdono non impugnando le leggi che li mortificano e li fanno sentire cattivi.
Gesù al secondo
ladrone non ha risposto, come non aveva risposto a chi lo derideva. Sono sicuro
che in cuor suo ha pregato anche per lui e chissà, forse anche lui nell'ultimo
spiraglio di vita è stato illuminato dallo Spirito Santo per una conversione.
Quando saremo anche noi nel “suo” regno lo vedremo.
3- Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito.
Questa frase è la
conseguenza della frase di prima. Gesù restituisce lo Spirito, con la lettera
maiuscola, quello Spirito che all'Annunciazione aveva reso possibile la sua
incarnazione; quello Spirito che all'ultima cena aveva promesso avrebbe
rimandato ai discepoli. La vita terrena di Cristo è ad un punto cruciale ma non
alla fine. È ad una trasformazione che lo libera da tutti i vincoli del tempo,
dello spazio ma lo arricchisce di tutte le caratteristiche della gloria. Cristo
muore ma ora è vivo, più vivo che mai. La Risurrezione corporale sarà solo
domenica ma lui è già vivo adesso, vivo e in missione speciale, missione di
misericordia.
Il suo è l'atto
supremo di fede che dice: Dio c'è anche se non lo sento; è l'atto supremo di
amore perché dice: Io mi fido di te anche se tu mi avessi abbandonato. Questo è
il momento in cui il peccato del mondo subisce la sua più grave sconfitta
perché l'agnello è stato immolato per tutti noi ma non è stato immolato da un
peccatore che vuol scontare i suoi errori, ma da uno che ha offerto se stesso,
lui che di errori non ne ha e lo ha offerto a nome di tutti, e dice al Padre:
ora il sacrificio è fatto, la mia parte l'ho fatta ora tocca a te fare la tua e
perdonare.
Chiudo qui perché
sono stato troppo lungo. A voi il compito, durante questa settimana, trovare
dei momenti per riflettere sull’uno o l’altro di questi episodi e lasciarsi
inondare dalle emozioni che Dio, attraverso il suo Spirito, vorrà ispirarci, e
soprattutto tradurre queste emozioni in azioni concrete di unione con Dio.
Buona Pasqua.