Buona Pasqua
I professori che rinunciarono alla Ferrari.
Nei
mesi scorsi il Signore mi ha dato la possibilità di visitare le comunità dove i
miei confratelli lavorano, in Cile, Venezuela, Argentina e Uruguay. Alcune di
loro possono essere definite “di frontiera” per la situazione estrema in cui si
trovano. Si tratta di realtà molto diverse tra loro ma unite da un comun
denominatore: la povertà estrema e l’assenza del supporto governativo.
Inutile
iniziare qui un’indagine sociologia sulle cause di tale stato di degrado, siano
esse cause politiche o economiche o sociali, o dovute alla mancanza di
educazione, formazione, eccetera. Quello che si nota incontrando le persone che
vengono aiutate è il senso di impotenza di fronte al domani, il dover lottare
per sopravvivere, lo sperare in un miracolo che cambi di colpo la realtà.
Anche
per una persona come me, preparata teologicamente, non può non passare per la
mente una domanda: perché Dio permette tutto questo? Perché tollera tanta
sofferenza e tanta ingiustizia?
Ci
vorrebbe tutto un trattato teologico per approfondire la tematica del valore
salvifico del dolore e al tempo stesso della responsabilità morale di chi
questo dolore lo causa o almeno lo tollera senza intervenire.
Una
cosa che colpisce però è il loro atteggiamento sereno: nonostante sappiano di
non poter fare niente per cambiare la loro situazione, sono sempre alla ricerca
della felicità. I bambini giocano. Pochi metri quadri di spazio e una palla
scassata o magari fatta di pezza è sufficiente per loro per correre, ridere, e
se vincono, gioire e festeggiare.
E
noi cosa facciamo? Poco. Un centro di aiuto scolare che tolga questi ragazzi
dalla strada e dal pericolo di cadere coinvolti in gang di droga o di teppisti,
un pranzo sostanzioso e ricco di proteine e vitamine che probabilmente è
l’unico che prenderanno in giornata e che permetta alle loro madri di salvare
un po’ di cibo per gli altri fratelli più piccoli, qualche lezione di
matematica o spagnolo che permetta di amare la scuola e inserirsi alla pari
nella classe dove hanno compagni con ben altri possibilità economiche, senza
sentirsi di serie B.
Di
fronte al bisogno del quartiere è poco ma nella logica del Vangelo è molto. E
questo è il mistero di un Dio che ci ama immensamente e ci salva: Egli però non
raggiunge il suo scopo con miracoli grandi ed eclatanti ma coi piccoli gesti di
solidarietà.
Nella
visita a una nostra casa a Buenos Aires, nel quartiere di Villa Lugano, ho
sentito una storia che mi ha toccato a fondo. Qui abbiamo una scuola con oltre
1000 allievi, dai 3 ai 19 anni di età, cioè dall’asilo alla scuola tecnico
industriale. Si trova al centro di una zona molto povera e per molti di quei
ragazzi essa rappresenta l’opportunità per fare un salto di qualità. La maggior
parte dei professori furono nostri allievi, riuscirono ad andare all’università
e ora sono tornati qui a insegnare con un profondo senso di gratitudine. Ebbene
nel 2012 la Ferrari sponsorizzò un’iniziativa del ministero dell’educazione.
Essi distribuirono a tutti i licei tecnici (con sezioni di meccanica e
elettricità), un piccolo motore elettrico, una batteria, un sistema di freni, e
li invitarono a creare delle macchine elettriche con cui poi fare una corsa. Il
vincitore di tale corsa, oltre alla coppa e a un buon premio, avrebbe vinto, per
due persone (i due professori), un viaggio in Uruguay dove, sarebbe arrivata la
Ferrari che in quell’anno gareggiava nella formula uno, con la possibilità non
solo di vederla, ma anche di potervici salire e farsi fare una foto al volante
di essa, con a fianco i due piloti (Massa e Alonso). Potete pensare
all’entusiasmo che questi ragazzi posero nell’impresa quando per tutto l’anno
lavorarono al progetto. Ebbene, essi vinsero la competizione. I due professori
(Mario e Gustavo) erano in visibilio, perché si stava realizzando un sogno di
tutta la vita, che mai avrebbero sperato
divenisse realtà: poter vedere e toccare la Ferrari di formula 1. Passata
l’euforia iniziale cominciarono a sentirsi un po’ in colpa: come potevano loro
prendersi questo bel premio quando tutto il lavoro duro lo avevano fatto gli
studenti? sembrava ingiusto nei loro confronti. Ebbene misero all’asta il loro
viaggio premio e col ricavato comprarono un sistema di aria condizionata per le
4 classi della scuola così che tutti i loro studenti potessero studiare meglio.
Questi
sono i gesti che salvano il mondo, perché in quel giorno essi hanno dato una
lezione che i loro alunni porteranno per sempre impressa nel loro cuore, carità
e solidarietà anche a costo di un sacrificio grande.
“E
dalla croce Cristo esclamò: Ho sete! Ma non era sete di acqua bensì di anime da
salvare”. Troppo spesso noi rinunciamo a fare gesti belli e importanti solo per
paura di soffrire o addirittura di dover rinunciare a qualcosa che ci piace. La
sofferenza e la rinuncia non sono cose negative ma opportunità che ci danno una
forza impensabile, molto più efficace di tante strutture. La Croce di Cristo ci
ricorda che nessuna sofferenza è inutile o va persa perché l’ultimo a vincere è
Lui. Avviamoci con fiducia verso la Pasqua senza aver paura di passare per il
Calvario, senza aver paura di quanto soffriremo se spendiamo il nostro tempo
aiutando l’altro, se apriamo le nostre porte a chi non ha più tetto, se
condividiamo il nostro cibo con chi non ne ha; questi sono tutti bicchieri di
acqua che Gesù ricorderà il giorno della Risurrezione.
Buona
Pasqua.