Signore da chi andremo?


Gv. 6,60-69 Volete forse andarvene anche voi?
Abbiamo sentito nei brani precedenti come i Giudei si siano opposti a Gesù mentre parlava loro del “Pane di vita”. Ma anche per i discepoli di Gesù non è stato facile accettare tale discorso. Con la parola discepoli intendiamo le persone che volutamente seguivano Gesù per ascoltarlo e che, in qualche modo, simpatizzavano con lui: ebbene oggi è scritto che molti di loro si allontanarono e smisero di seguirlo. Questa è la crisi attraverso cui deve passare ogni discepolo quando è messo di fronte alla esigenza di prendere sul serio la “Parola”. Non ci si può più limitare al lato affettivo, bisogna fare delle scelte di vita, allora subentrano i dubbi e le paure.
Buona parte della crisi è dovuta al fatto che molti erano venuti perché speravano che con Cristo avevano risolto i loro problemi quotidiani. Lui poteva moltiplicare i beni necessari come il cibo, quindi non c’era più bisogno di litigare con la pioggia o la siccità o i soldati. Ora Gesù li sta deludendo dicendo loro che ricercano le cose sbagliate e lui non è disposto ad esaudirli.
C’è un gruppo più vicino di discepoli: Pietro, 1 dodici apostoli e pochi altri. Essi non hanno ricercato tanto il pane quanto piuttosto la gloria, la fama. Anche loro sono rimasti delusi quando Gesù ha rifiutato di essere fatto re e ancor più quando parla di servizio, di essere catturato e di dover morire. Ecco perché Gesù si volge anche a loro chiedendo: “Volete forse andarvene anche voi?”.
Tutti cercavano colui che fa i prodigi e Gesù mostra chiaramente chi è che fa prodigi: il bambino che ha donato i suoi 5 pani e 2 pesci. La generosità e la condivisione è il gesto che provoca prodigi. Cercano di ricevere e Gesù invita loro a dare. Le parole di Cristo sono dure: l’essere discepoli di Cristo non è questione di chiedere e ottenere ma di fidarsi o non fidarsi della sua persona. Lui ci chiede un’intimità sponsale cioè la condivisione di tutta la vita.
Se noi Cristiani riduciamo l’Eucarestia a qualche genuflessione, a qualche preghiera fatta a messa o quando veniamo in chiesa, allora la religione è facile, se poi aggiungiamo qualche preghiera per presentargli i nostri problemi e implorare delle grazie, allora è anche una religione comoda. Gesù vuole di più, vuole tutto. Lui ci chiede non di ricevere ma di donare.
Così anche i discepoli, come avevano fatto i Giudei, mormorano contro Gesù, cioè esprimono la loro difficoltà di accettare di essere come Lui, la loro non voglia di donare, servire, morire.
“Vi scandalizza questa proposta?” Gesù non si stupisce di questa fatica, lui sa bene che è difficile donare la vita, lo ha imparato sulla sua pelle. La lettera agli Ebrei dirà: “Gesù imparò dalle cose che patì”.
Gesù insiste: “Colui che dà vita è lo Spirito, la carne non serve a nulla”. L’uomo con tutte le sue capacità non arriva a comprendere la proposta di Cristo. È la voce dello Spirito che te lo fa capire.
Da quel momento molti se ne vanno. La scelta deve essere totalmente libera. Gesù è venuto a liberarci dalla schiavitù delle nostre tendenze umane, non avrebbe senso che ora imponesse un altro tipo di schiavitù. Quindi lascia partire quelli che non sanno vedere la bellezza dell’unione con lui. Io credo che molti dei Cristiani che hanno lasciato la pratica religiosa perché non vogliono un impegno o hanno paura a rinunciare alle loro cose, forse ritornerebbero se vedessero noi prendere sul serio la parola di Gesù e contenti di farlo. Un cristiano “bello”, “felice”, attira gli altri e li incoraggia a fare il passo che in coscienza sanno che è giusto ma non hanno il coraggio di intraprendere.
Gesù non discute, non provoca, semplicemente dice: “volete forse andarvene anche voi?” Pietro ha intuito che la proposta di Cristo è quella che lo fa vivere realmente. Rimangono i dubbi, ci sono state le cadute e altre ancora ci saranno, ma proprio nelle cadute e nel conseguente perdono ha sperimentato il senso della vita e il senso dell’essere con Gesù. Ha capito per Fede che il Messia non è quello che loro si aspettavano all’inizio e ora è disposto a correre il rischio del “nuovo”, non perché lo ha compreso ma perché ha fatto l’esperienza dell’”essere con Gesù”.

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