Il pane di vita è un invito a nozze


Gv. 6,51-59  Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.
Continua anche oggi il tema iniziata da due domenica del “pane di vita” che Gesù ci offre. Molte delle tematiche al riguardo, sono già state affrontate nelle domeniche scorse.
Oggi la prima lettura ci dà però un aiuto a comprendere bene il discorso di Gesù. Il libro della sapienza dice che la Sapienza, modo ebraico di definire Dio, costruisce una casa e invita tutti, stolti e ignoranti, e offre loro pane da mangiare e vino da bere perché abbandonino la loro stoltezza. Quello che Dio offre agli uomini non è un obbligo, una sanzione, ma un invito accorato a lasciare da parte la stoltezza della loro vita vissuta senza di Lui per entrare a godere di ciò che Lui ha preparato. Gesù, nel vangelo, fa un discorso dello stesso tipo, anche se va più a fondo. Le persone che stanno ascoltando Gesù hanno capito bene che Gesù, quando dice “mangiate la mia carne”,  non sta parlando di cannibalismo, cosa impensabile ma che sta facendo un discorso metaforico che ha un significato più profondo. Il pane e il vino sono simbolo del banchetto nuziale, dell’alleanza eterna tra Dio e il popolo di Israele. Inoltre il sangue rappresenta la vita della persona e il corpo rappresenta il suo modo di essere di agire, di pensare. Gesù sta dicendo loro di entrare in un rapporto di intimità, di unione nuziale con Lui, unione che non è semplicemente un vivere l’uno accanto all’altro, ma un assimilare, fare proprio, diventare un tutt’uno con Lui, con il suo modo di pensare e di agire. Gesù parla di “dimora in me e io in lui”. Questo mette in campo tanti fattori che cozzano contro la mentalità di chi lo sta ascoltando. Prima di tutto, dicendo così, Gesù si paragona alla sapienza di Dio, lui che essendo un essere umano è legato alle debolezze che non si possono di certo attribuire a Dio, e se si arrivasse anche dire che in Gesù dimora la sapienza di Dio, ciò significherebbe dire che Dio si è abbassato a livello umano, cosa inaccettabile per loro, visto che Dio è l’Altissimo, il Supremo, il Giudice di tutto. Non è accettabile che un potente si faccia povero per parlare col povero. È l’immagine stessa di Dio che va in crisi col discorso di Gesù. Gesù è una persona che si è fatto uno con i peccatori, ha mangiato con loro, si è reso impuro toccando i lebbrosi e i feriti, ha perso tempo accogliendo le donne e pretendendo di perdonare loro gli adulteri, come si può attribuire tutto questo a Dio? Gesù chiede alla gente di rinunciare al loro potere per mettersi a servire, di rinunciare alla loro prerogativa di popolo eletto per far spazio a tutti, peccatori e pagani. Come può Dio volere questo?
Il ragionamento fatto dai Giudei mentre ascoltano Gesù sembrerebbe essere basato sulla logica e sulla realtà della legge. Mosè aveva dato le tavole della legge e nel patto dell’alleanza si era detto chiaramente: “Se osserverete questi precetti voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”; loro si erano sforzati di seguire questi precetti e ogni volta che avevano fallito erano stati puniti. Ora Gesù sta facendo un discorso completamente diverso che mina alla base il fatto di essere il popolo scelto da Dio. Ma questo discorso non mina solo l’esterno ma anche l’interno, la psicologia di ognuno di loro. Gesù non dice “guadagnatevi il pane e il vino”, ma dice “il pane e il vino che io vi do”: qui si fa un discorso gratuito. Queste persone non sanno accettare la gratuità, sono state abituate a doversi comprare i favori di Dio con i loro sforzi e quindi, in un certo senso, avere un controllo su di Lui: Lui mi deve dare questo perché io me lo sono guadagnato. Invece Gesù presenta un Dio che dà amore gratuito e per di più un amore poco appetibile perché povero, umile, servo. E se poi questo mi toglie la libertà di agire? Se mi rende dipendente da Lui?
Anche noi oggi possiamo cadere nella mentalità giudaica di volere un Dio “controllabile” con le nostre opere buone e con la nostra osservanza della legge. Le domeniche scorse abbiamo detto che il discorso di Gesù ha significato solo se lo si legge come primo annuncio del sacramento dell’Eucarestia. Ebbene Gesù, presentandoci l’Eucarestia, non ci sta dando l’obbligo di andare a Messa la domenica, e nemmeno di ricevere la comunione. Ci sta facendo un invito a entrare in “comunione” con Lui, ad accettare il suo amore gratuito, a lasciare da parte il nostro modo stolto di vivere e condividere il suo modo di pensare e di agire che rappresenta per noi l’unico modo di vivere la vita in verità e pienezza, cioè una vita secondo quello per cui Lui l’ha creata. Il pane dell’antico testamento, cioè il volersi guadagnare Dio con il nostro agire, come pure il pane che il mondo dà, cioè tutte le soluzioni umane, prima o poi svaniscono perché sono “umane”, cioè limitate, soggette a errori, soggette ai cambiamenti dettati dalla nostra fragilità umana. Solo il suo amore sussiste per sempre.

Post popolari in questo blog

Gesù è davvero un re?

I santi, nostri amici

Alle sorgenti della gioia