San Luigi Gonzaga e Don Orione: cosa li unisce?
Nel preparare quello che dovevo dire oggi guardavo ad alcuni fatti della vita di San Luigi e mi sono trovato a riflettere sul fatto che lui, ancora giovane, e con una possibile carriera (in occasione della sua morte il generale dei Gesuiti disse: “Io non pensai mai che dovesse morire di quella infermità, perché ritenevo per certo che Dio Nostro Signore l’avesse chiamato alla Compagnia di Gesù per dargli a suo tempo il governo di lei, per suo gran bene”), accetta di mettere tutto a rischio per andare ad aiutare gli ammalati di tifo e di peste, epidemia scoppiata a Roma in quel tempo. Mentre leggevo, pensavo: non sarebbe stato più logico rimanere chiuso in casa, dedicarsi allo studio e, per quanto riguarda i malati, limitarsi a pregare senza porre in pericolo la sua vita? Perché porsi sulle spalle un appestato che poi lo ha contaminato, e non limitarsi ad aiutare i malati guaribili? Noi oggi faremmo così. Noi siamo abituati a predicare e a praticare la cura di noi stessi, con moderazione, senza cadere negli eccessi del culto del proprio corpo o della propria immagine, ma comunque tenersi da conto per poter poi fare bene il proprio dovere. Dovremmo forse dire che l’atteggiamento di San Luigi, come quello di tanti altri santi sia sbagliato e che più che martiri essi siano vittime della loro imprudenza?
Mentre mi ponevo queste domande mi è venuto in mente lo scritto di Don Orione che in questi ultimi tempi è stato tanto al centro della nostra riflessione: “Ponimi, Signore, sulla bocca dell’inferno perché per la tua misericordia io la possa chiudere”. Quello che don Orione dice non è un parlare esagerato di chi si vuol vantare e neppure un gesto di eroismo di uno che si crede potente. Egli parla di inferno e sa bene che l’inferno è prima di tutto andare nell’unico posto al mondo dove non c’è Dio, lui che per tutta la vita non ha fatto altro che cercare Dio. Cos’è questa? Poesia, incoscienza? In queste parole e nel coraggio di San Luigi io vedo un parallelo tra due santi che condividono molto più che il nome. Don Orione ha tanto cercato e servito Dio e si è tanto innamorato di lui che ogni altra cosa perde di valore, ogni calcolo umano perde di valore, e lui è disposto a sacrificare, per questo amore, anche la cosa più cara che ha, cioè la possibilità di stare con Dio, e andare a fare quello che più piacerebbe a Dio. Non c’è dubbio che nulla può fare più piacere a Dio che il salvare tutte le anime.
Lo stesso è stato per San Luigi Gonzaga. Si è talmente innamorato di Dio da rinunciare alle cose più care e più belle, per servirlo e stargli vicino. Non solo ha rinunciato ad essere l’erede nella casa del padre, ha rinunciato all’essere vicino alla madre amata, per poter entrare dai Gesuiti, ma non ha neppure pensato al valore della vita, della carriera. Lui ha solo visto che il suo amato era là fuori ammalato e aveva bisogno di lui. Bisogno di cosa? Luigi non era un dottore, la maggior parte di quelle persone erano comunque incurabili. Ma tutti avevano bisogno di un gesto di cura, di una carezza, di una parola buona per morire con serenità, per sentirsi amati, per orientare i loro ultimi pensieri all’amore di Dio, alla serenità e non alla maledizione o alla disperazione. Dio aveva bisogno di Lui per mostrare alla gente che il suo amore è più forte della paura. E lui, con generosità si mette sulla porta di un inferno di malattia e di morte perché chi muore possa farlo sentendosi amato da Dio.
Di fronte a tutti questi pensieri, a questa spinta d’amore, tutte le preoccupazioni umane spariscono. L’amore è pazzo e fa cose pazze, lo sappiamo bene tutti.
Guardiamo anche a Maria Santissima. Non appena ha ricevuto da Dio il più grande dono, ma anche la più grande responsabilità, cioè portare nel suo grembo il Figlio di Dio, farlo nascere e aiutarlo a crescere perché possa portare a compimento la sua missione di Messia, lei parte per un viaggio lungo e pericoloso, che a causa della fatica e degli sforzi può mettere a rischio la gravidanza. Cosa è andata a fare Maria da Elisabetta? Aiutarla? Maria non è un’infermiera, nemmeno un’ostetrica, non ha esperienza di gravidanze o di parti. Di sicuro avrà aiutato nelle faccende di casa, ma Elisabetta, moglie di un sacerdote del tempio, poteva di sicuro permettersi di pagare delle serve. Perché allora rischiare? Chi si porta dentro Gesù non riesce a fare calcoli umani. Chi vive di amore vede la vita in una prospettiva diversa, incomprensibile agli altri.
San Luigi Gonzaga era pieno di amore per Dio e viveva di questo amore; Don Orione era pieno di amore per Dio e agiva solo spinto da questo amore.
E noi? Siamo veramente innamorati di Dio o siamo innamorati della nostra calcolatrice? Io ho l’impressione che alle volte ci dimentichiamo persino che portiamo Cristo dentro di noi, ci dimentichiamo di vedere Cristo negli altri, allora vediamo il mondo in una prospettiva umana, o come direbbe Papa Francesco, una prospettiva “mondana”.
Sentiamo alcune frasi dalla lettera di San Luigi alla madre:
“Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora. ...
Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.”
San Paolo dice:
“Fratelli, tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.”
Ed ecco un parallelo di Don Orione Scritto del 1892 a un amico che sta per morire e a cui dice: “è San Luigi che mi invita a scriverti. ...
Prega non di guarire, ma di poterti uniformare alla volontà di G. Cristo e se vedessi che la terra non é più per te stendi le tue braccia al cielo e abbraccia con serenità l'angelo di Dio che scende e viene incontro.
Ora conoscerai perché con te il Signore mi ti faceva sempre parlare di far Comunioni e di preparati: fa tesoro del tempo che Iddio vorrà concederti, sia lungo o breve.
Ricordati che non sono solo le opere che fanno i santi; ma molto più la volontà.
Caro fratello, promettiamo al Signore di essere totalmente suoi e di morire in vita per svegliarci in Paradiso”.
Epoche diverse, situazione di vita diversa, intento e spirito unico: l’amore di Dio.
Lasciamoci provocare dai Santi!