Pentecoste: tutti in missione
Pentecoste
2017 anno A messe della vigilia e del giorno
È
bello celebrare il giorno di Pentecoste all’interno di un convegno
missionario.
La
liturgia ci presenta un vangelo per oggi, vigilia preso da Gv 7 e uno
diverso per domani, giorno della festa preso da Gv 20. Cerchiamo di
considerarli entrambi.
Per
noi “missionari” è molto significativo partire da quello che ci
ha detto Gesù la sera di Pasqua quando apparso agli apostoli nel
cenacolo ha detto loro: “Come il Padre ha mandato me, anch’io
mando voi”, poi soffiando su di loro aggiunge: “Ricevete lo
Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi”. Qui in
poche parole abbiamo tutta la dottrina della missione.
La
missione degli apostoli di andare ad annunciare a tutto il mondo,
nasce dalla volontà di Cristo di dare continuità alla sua missione
in terra, sconfiggere il male e far sperimentare il suo amore, e
nasce con l’invio dello Spirito santo, che è la garanzia di
riuscita.
L’essere
missionari è continuare l’opera di misericordia di Cristo, che
riguarda sì il sollievo materiale, ma soprattutto quello morale e
spirituale; l’essere missionari è agire sotto la guida dello
Spirito Santo.
C’è
un piccolo particolare: nel vangelo di oggi abbiamo letto: “Chi
crede in me e beve di me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo
petto, e diceva questo dello Spirito che avrebbero ricevuto” quello
che mi fa pensare è questo Spirito che effonde dal petto sotto il
simbolo dell’acqua, perché poi, sul calvario, un soldato
trafiggerà il petto di Cristo e da lì sgorgano sangue ed acqua.
Il
fatto di agire sotto la guida dello spirito santo non garantisce né
la tranquillità né il successo umano, ma garantisce invece il
successo divino dell’opera. Infatti molte volte la missione non si
conclude con un successo umano, con una vita facile, ma la sua vera
efficacia risulta dal fianco ferito, cioè da sofferenze e sconfitte.
La stessa sera di Pasqua Gesù aveva salutato gli apostoli dicendo
“pace a voi”. Stava dicendo che potevano stare tranquilli dato
che in quel momento erano pieni di paura? Tre giorni prima, nello
stesso luogo aveva detto: “Vi do la mia pace, non come la dà il
mondo”. Il modo di misurare pace, successo efficacia, di Dio è ben
diverso da quello umano.
L’essere
missionari è ben distante dall’essere uomini di successo,
dall’essere eroi o salvatori del mondo. Anche se i missionari hanno
sempre un buon numero di amici e benefattori che ne apprezzano
l’operato, non è per niente garantito che tale successo
continuerà. Le mura si possono distruggere, l’esperienza
dell’amore di Dio non la può cancellare nessuno.
Siamo
seguaci di Don Orione. Don Orione non si è fatto santo perché ha
risolto tanti problemi; è vero il contrario: lui ha risolto tanti
problemi perché era santo, anzi qualche problema non lo ha risolto
proprio perché anche lui come noi era limitato, ma non fa niente,
questo non gli ha impedito di essere santo.
Quindi
prima la santità, il contatto con Dio, poi la serenità interiore,
infine la missione. Se partiamo a capofitto nella missione senza
mettere le fondamenta “spirituali” vedremo solo l’enormità dei
problemi, non troveremo mai la serenità interiore e prima o poi
vacilleremo.
C’è
un ultimo aspetto che mi piace sottolineare. c’è scritto: “soffiò
su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo”. Il soffio di Dio,
quel soffio che aleggiava sulle acque alla creazione del mondo, quel
soffio che Dio fece nelle narici dell’uomo di argilla per dargli
vita. Quando lo Spirito Santo, soffio di Dio, entra in noi è una
nuova creazione, è un mondo nuovo che si schiude davanti a noi,
allora come continuiamo ad avere paura del mondo e dei problemi
quando sappiamo che Colui che ha creato il mondo è dentro di noi? Il
missionario va a creare qualcosa di nuovo, ma la novità è quella
ispirata dallo spirito, cioè dall’amore disinteressato, a ridare
nuova vita alle persone, una vita inabitata di Dio.
Coraggio
dunque. Oggi celebriamo la nascita della Chiesa missionaria e
celebriamo la nostra rinascita di persone “abitate” dallo Spirito
Santo con una missione precisa: riportare la pace nel mondo e come
dice Gesù nelle Beatitudini: “Beati gli operatori di pace perché
saranno chiamati Figli di Dio”. Non stanchiamoci mai di spargere la
pace attorno a noi specialmente là dove la pace sembra impossibile e
i problemi insanabili. Ma soprattutto non perdiamo mai la coscienza
dello Spirito che è in noi.