Decalogo del buon superiore. Testo di Don Orione a Don Marabotto
Decalogo
del buon superiore
Riporto
ora una specie di decalogo preparato da Don Orione stesso in una
lettera a Don Biagio Marabotto che è appena partito per la nuova
missione in Polonia. In dieci punti spiega come essere buon
superiore. 15 Luglio 1929.
Eccoti i 10 Comandamenti del
buon Superiore:
- Sii medico e non carnefice: sii padre e non padrone dei tuoi fratelli, cioè procura di porre rimedio ai loro falli con tutta la dolcezza di padre; e, se dovrai dare delle punizioni, non sentano punto della crudeltà d'un nemico, né la freddezza d'un cuore estraneo, ma sentano che il tuo cuore soffre e piange di dover punire.
- La perfezione del governare è compresa in queste cinque parole: Vegliare, amare in Domino, sopportare, perdonare e pascere in Domino: pascere della soave e divina pastura della Dottrina o Verità di Gesù Cristo, della Carità di Gesù Cristo, che dalle Sante Scritture ci viene rappresentato sotto la immagine di Agnello.
- I1 buono e perfetto Superiore deve essere nemico dei vizi e medico dei viziosi: deve vigilare sopra di essi, e cercare tutti i mezzi di ridonare all'anima loro una sanità morale e religiosa vigorosa
- Non essere corrivo a credere troppo agevolmente ai gran cianciatori e a chi viene a riferire su questo o quell'altro. Coloro che stanno di continuo sull'appuntare i difetti altrui, per rapportarli subito al Superiore, sono - per l'ordinario - più viziosi degli altri che mai. E' un tratto finissimo della loro scaltrezza il richiamare gli occhi dei Superiori sopra i difetti dei compagni o Confratelli, affinché non abbiano tempo d'osservare i loro, sovente ben più umilianti e vergognosi.
- Se anche ti venisse un rapporto da un Santo, non condannerai mai chicchessia senza prima averlo ascoltato, poiché ti esporresti a trascorrere in qualche danno irreparabile.
- Correggi, sovra tutto, con la forza del tuo esempio, e con la dolcezza dei tuoi avvertimenti. E quand'anche fossi costretto a punire, non punire mai mai mai con acerba severità
- Odia con tutto l'animo i vizi, ma ama con la più tenera carità quelli che hanno mancato, poiché con la tua amorevolezza giungerai a correggerli e, occorrendo, a convertirli
- Quando taluno sarà caduto in qualche fallo, se amiamo teneramente il nostro Dio e aspiriamo come buoni figliuoli ad imitare Nostro Signore Gesù Cristo, diciamogli, accontentiamoci di dirgli, come già il divino Maestro: Vade in pace et noli amplius peccare; figlio, tu hai mancato: non lo fare più!
- Potrebbe avvenire che dinanzi a Dio noi fossimo in maggior colpa di colui, che trattiamo con tanta durezza. Che se ciò non ci muove gran fatto, pensiamo che forse domani colui che abbiamo davanti sarà eletto nostro Superiore, e che ci mettiamo al rischio d'essere trattati da lui nella stessa guisa.
- E' cosa veramente inesplicabile che quando uno è suddito vorrebbe il Superiore sommamente dolce, e poscia, s'egli giunge al comando, si mette a fare l'altiero, comanda a bacchetta e fa il tirannello. Non dobbiamo mai comandare precipitosamente né a caso. Non dobbiamo mai lasciarci uscire di bocca un ordine - non dirò neanche la parola: un comando - quando la passione è in sul caldo. Non esponiamoci mai a contrastare ostinatamente con gli inferiori, o a difendere con durezza i nostri ordini. All'animo amareggiato del suddito, e forse chiuso e diffidente verso di noi, diamo modo di aprirsi con libertà e confidenza, affinché possa sentirsi più disposto a ricevere docilmente e con piacere ciò che gli verrà imposto. Quando siamo costretti a negare ciò che vien chiesto - come talora conviene o è dovere di fare -, si faccia in modo che il suddito vegga la pena che noi proviamo di non poter concedere, e si conosca da lui che la pura forza della Regola e del dovere, e non altro, ci costringe al rifiuto.