Ricerchiamo l'eterno, non l'effimero
La distruzione del tempio e la costruzione dell’eterno
Ci avviciniamo alla fine dell’anno liturgico, che culminerà Domenica prossima con la solennità di Cristo Re. Questo è un tempo prezioso, in cui la Chiesa ci invita a riflettere sul senso profondo della nostra esistenza: su ciò che passa e su ciò che resta, su ciò che è terreno e su ciò che è eterno.
Il Vangelo di oggi ci conduce a Gerusalemme, davanti al maestoso tempio, considerato all’epoca una delle meraviglie architettoniche del mondo. Mentre la gente ne ammira la bellezza e la grandezza, Gesù pronuncia parole sconvolgenti: «Verrà un giorno in cui di tutto questo non resterà pietra su pietra.»
E così fu. Circa quarant’anni dopo, il tempio fu distrutto dall’esercito romano, e da allora non è mai stato ricostruito.
Ma Gesù non stava parlando solo di un edificio. Il suo sguardo va oltre le pietre, oltre le strutture. Già domenica scorsa ci aveva ricordato che il vero tempio è il nostro corpo, perché è lì che Dio desidera abitare.
Il tempio che crolla è il simbolo di ogni sicurezza umana che non poggia su Dio. A questo riguardo Gesù presenta varie situazioni di persecuzioni e di calamita naturali, nelle quali viene spontaneo pensare: "Sta arrivando la fine del mondo"? Molte di queste situazioni, specialmente le persecuzioni, sono accadute davvero negli anni successivi alla morte di Gesù, ma non hanno indicato la fine del mondo, ma la fine di un modo di vivere, quello legato ai vecchi riti religiosi che ormai non significavano più niente e rendevano le persone schiave invece che libere di dialogare con Dio. Le cose materiali e umane, per quanto splendide, sono destinate a finire. Solo ciò che è spirituale, ciò che è amore, ciò che è relazione con Dio, ha il sapore dell’eternità. È illusorio pensare che ciò che è passeggero possa colmare il cuore umano, che è stato creato per l’infinito.
Purtroppo spesso anche oggi la religione e il rapporto con Dio sono basati solo su cose materiali o esteriori. Begli edifici, belle cerimonie, arredamenti, paramenti, fiori, musiche, ecc. tutto bello e funzionale, ma dov’è in realtà il nostro cuore? Dio è veramente importante nella nostra vita? Quando usciamo di chiesa, siamo coscienti che Dio è ancora con noi? Le sue parole, i suoi insegnamenti, rimangono il criterio principale delle nostre scelte di vita? L’amore, il perdono, il servizio agli altri, la fiducia in Dio, che sono le fondamenta di una fede vera, rimangono il perno della nostra vita e delle nostre attività? Se il nostro rapporto con Dio si limita al fare dei gesti (andare a messa, dire un rosario, fare una processione) ma senza coinvolgere il resto della vita, essi non sono religione, ma ostacolo alla fede.
Non è facile vivere la nostra fede a 360 gradi, perché la pressione della società, che è sempre più atea e rigetta tutto ciò che c’è di spirituale, è veramente forte.
D’altronde, anche la gente che ascoltava Gesù non capì subito. Essi pensavano che Gesù si riferisse solo ai muri e quindi, sentendo parlare di distruzione, si preoccupavano del quando e del come essa dovesse avvenire. Loro pensavano che se il Tempio è la casa di Dio ed esso viene distrutto, significa che Dio non è più con noi. È questa la fine del mondo?
Anche oggi, molti si lasciano affascinare dalle notizie di distruzione, guerre, terremoti. È come se fossimo attratti dal senso del limite, dalla fragilità della condizione umana. Noi come reagiamo? Riusciamo a fare il salto della fede: a cercare, oltre il crollo, ciò che rimane per sempre, il nostro rapporto con Dio?
Gesù ci dice che le catastrofi ci saranno
sempre. Finché l’uomo rifiuta Dio, gli manca la vera motivazione per costruire
pace e giustizia. Ma noi, discepoli del Risorto, siamo chiamati a guardare
oltre:
a cercare i segni di speranza,
a moltiplicare i gesti di vita,
a seminare amore dove c’è odio,
a costruire ponti dove ci sono muri.
Cristo non è il re della morte, ma della vita. E allora, in questo tempo di fine e di attesa, come pure in momenti di disgrazie e calamità, lasciamoci interrogare sulla vita e non prendere dalla paura.
- In quest’anno, cosa ho seminato?
- Ha prevalso in me l’amore o l’indifferenza?
- Ho vissuto con generosità o mi sono chiuso nell’egoismo?
- Con il mio comportamento, ho contribuito a costruire un mondo migliore o ho alimentato la sua distruzione?
Il tempio può crollare, ma il Regno di Dio si costruisce ogni giorno, dentro di noi e tra di noi. E questo Regno non ha fine.
Siamo nel mese di novembre, mese in cui onoriamo in nostri cari che ci hanno preceduti in cielo. Noi non li onoriamo perché non ci sono più, sarebbe una contraddizione, li onoriamo perché ci hanno preceduto nell’eternità. Questo è il nostro destino e le nostre preghiere sono indice che anche per noi la vita eterna è importante. Allora impegniamoci a prepararla in modo adeguato.