Chi è il nostro Dio? Come rapportarci a Lui?

 La metaforfosi di Gesù o della nostra immagine di Dio.

 A prima vista il miracolo di oggi sembra essere inutile. Prima di tutto nessuno ne riceve beneficio, non ci sono persone curate o resuscitate; inoltre Gesù porta con sé solo tre dei 12 apostoli e alla fine dice loro di non rivelare l'accaduto agli altri se non dopo la sua resurrezione. Allora, questo episodio a cosa serve? 

Luca sottolinea chiaramente che Mosè ed Elia parlano a Gesù della sua discesa a Gerusalemme, dove sarà catturato e dovrà patire. Matteo non ne accenna, ma comunque pone il miracolo al centro di due annunci di Gesù riguardo alla sua discesa Gerusalemme e alla sua passione e morte. Allora verrebbe da pensare, come molti fanno, che questo miracolo sia utilizzato da Gesù per preparare i suoi Apostoli a questi fatti dolorosi e difficili così che in quel momento li sappiano affrontare con forza. Io non credo che questa sia la ragione del miracolo.

Prima di tutto, se questa fosse una preparazione dei discepoli alla passione, Gesù avrebbe dovuto portarli tutti, o almeno permettere ai tre di raccontare agli altri cosa è successo, perché anch’essi avevano bisogno di questa preparazione. Secondo, leggendo il vangelo, si nota chiaramente che in tutti gli annunci che Gesù fa della sua passione, anche quelli dopo la Trasfigurazione, gli apostoli mostrano di non capire cosa lui intenda. Un terzo motivo è che al momento dell'arresto di Gesù nel giardino del Getsemani, gli apostoli scappano. Quindi dovremmo parlare di un fallimento di Gesù. Se Gesù, con questo miracolo, fallisce, perché la Chiesa lo ha addirittura trasformato in una celebrazione liturgica?

Io credo che la Trasfigurazione abbia invece un valore in sé che non è di preparazione alla morte e Risurrezione di Gesù, ma riceve significato dalla Risurrezione stessa. Quindi potremmo dire che la Risurrezione ci aiuta a capire il significato della Trasfigurazione e non il contrario.

Allora, a cosa serve questo miracolo?

Nella mentalità ebraica, e anche nel vangelo di Matteo, salire su un monte indica sempre fare un’esperienza particolare di Dio. Lì su questo monte, Mosè ed Elia appaiono assieme a Gesù, o meglio, Gesù trasforma le sue sembianze e i presenti vedono in lui, non solo la sua persona, ma anche Mosè ed Elia che dialogano con lui. L’esperienza di Dio che i tre apostoli devono fare è quella del passaggio tra il Vecchio e il nuovo Testamento che richiede un modo tutto nuovo di concepire il nostro rapporto con Dio. Mosè ed Elia rappresentano la legge e i profeti, il modo umano concesso da Dio agli Ebrei per poter gestire il contatto con Lui, a quei tempi, l'unico modo per entrare in comunicazione. Dio parlava attraverso i profeti e il popolo rispondeva osservando le leggi. Ora questa comunicazione tra Dio e gli uomini non ha più bisogno di questi strumenti umani, perché Dio si è fatto presente di persona in Gesù Cristo. Facendosi uomo ha creato un’unione inscindibile tra Dio e l'umanità.

I discepoli vedono Mosè ed Elia con Gesù, e vorrebbero rimanere in compagnia di tutti e tre (preparerebbero per loro tre dimore). In quel momento la nube divina li copre. Di fronte al mistero si perde ogni capacità di vedere e una voce dice che solo Gesù è il Figlio prediletto, è lui che ora essi devono ascoltare. Quando la nube scompare loro vedono solo Gesù.

Non sto dicendo che la legge o la profezia non abbiano più valore, ma che Gesù stesso è la legge e la profezia. I suoi insegnamenti e le sue azioni sono il messaggio che Dio ci dà e l’esempio da seguire nel rispondere a lui. Tutto quello che noi vogliamo fare o dire, dobbiamo analizzarlo attraverso l'evento Gesù Cristo.

Gesù, con la sua Risurrezione, dà inizio al mondo nuovo, alla nuova religione, alla Chiesa, per cui, se fino alla venuta di Gesù, l'osservanza delle leggi era l'unico modo per mostrare a Dio il nostro amore, da questo momento il nostro amore lo si mostra attraverso l'unione con Gesù Cristo. 

Quello che Gesù sta chiedendo agli apostoli è un cambiamento forte di mentalità e Gesù sa che saranno capaci di farlo solo dopo la sua resurrezione; solo allora avranno gli strumenti per potere capire questa richiesta. Dopo la Risurrezione, non solo Pietro ne potrà parlare, ma addirittura sarà suo dovere parlarne, per far capire quali sono le basi di questa nuovo mondo che sta iniziando. Ora, dopo la risurrezione, tutta la nostra vita, passato, presente e futuro, ha senso solo in Cristo.

Quindi potremmo dire che questo episodio rappresenta un passaggio di consegne di Mosè ed Elia a Gesù. Loro passano a lui l'incarico di essere i rappresentanti di Dio tra la gente, e il ponte di collegamento per la gente per raggiungere Dio.

Potremmo inoltre dire che questo episodio serve a Gesù stesso, nella sua umanità, per comprendere a fondo, ma soprattutto per trovare un’ulteriore motivazione ad iniziare quel viaggio verso Gerusalemme ed accettare quel “calice” che, fino all'ultimo sentirà come pesante, e di cui chiederà, se è possibile, che passi da Lui. Alla fine accetterà proprio perché sa che quello è l'unico modo per fare il passaggio tra il vecchio e il nuovo mondo.

Per noi, suoi discepoli, questo episodio rappresenta un modo nuovo di rapportarsi a Dio. Non siamo più nel vecchio mondo in cui la nostra fedeltà è misurata dalla nostra obbedienza alle leggi, e non siamo più neanche nel mondo in cui ci aspettiamo da Dio solo i miracoli. Siamo in un mondo in cui dobbiamo imparare da Gesù come rapportarci a Dio, consci che gli insegnamenti che lui ci ha dato sono la nostra regola di vita, il fondamento per il nostro stile di vita. Noi dobbiamo vivere di Cristo è in Cristo; solo così parteciperemo a questo nuovo mondo in maniera piena.

Attenzione, però, che se facciamo nostro il suo stile, dovremo avere anche il coraggio di accettare le sofferenze di persecuzioni. Anche in questo Gesù ci aiuta e ci invita ad avere la speranza, anzi la certezza, che alla fine vinceremo, perché la risurrezione di Cristo dà senso a tutto.

Allora, la provocazione che il vangelo di oggi ci pone è: Chi è Dio per me? Come posso rapportarmi a Lui.

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