Quanto valgono due monetine?
Quanto valgono due monetine? (Mc 12,38-44)
Siamo alla fine dell’apostolato di Gesù. Da quando è arrivato a Gerusalemme (domenica delle Palme), Marco ci riporta ben 7 dispute contro il modo di vivere di varie persone. Questa è l’ultima disputa contro gli scribi. Chi erano questi scribi? In tutta l’antichità, dove ben pochi sapevano leggere e scrivere, vi erano sempre nelle piazze delle persone dotte che facevano un po’ ciò che fanno oggi gli avvocati e i notai. Quando poi ci fu l’esilio a Babilonia, un gruppo di queste persone mise per iscritto il testo ufficiale della Torah cioè quello che oggi nella bibbia chiamiamo Pentateuco e che per gli Ebrei rappresenta il libro sacro della legge. Al ritorno a Gerusalemme, dopo l’esilio, essi portarono questo scritto e divennero gli interpreti ufficiali della legge, gli esperti, e quindi i garanti della rinascita religiosa del popolo di Israele. Essi, quindi erano visti con grande reverenza da tutti e tenuti in grande onore. Ebbene, Gesù invece di indirizzarsi a loro direttamente, oggi parla ai discepoli e dice loro: fate bene attenzione a non cadere nei gravi errori che queste persone fanno.
Quali sono gli errori degli scribi? Il modo di spiegare di Gesù è basato sul confronto tra il comportamento di queste persone e quello di una povera vedova. Gesù si siede, osserva e invita i discepoli ad osservare il comportamento della gente, ma il suo modo di osservare è diverso da quello degli altri, Lui non guarda all’esteriorità, ma al cuore delle persone. Allora può giudicare in modo giusto.
Gli scribi sono descritti da Gesù come persone vanitose e che fanno del loro servizio una smisurata ricerca di potere. Amano indossare una divisa per farsi riconoscere, amano il rispetto timoroso dei poveri cittadini, amano essere considerati come dell'autorità, sono sempre presenti agli eventi sociali, godono della loro posizione e non perdono l'occasione per mettersi in mostra.
La loro fede è diventata occasione di prestigio e di ostentazione. Vivono di rendita sul rispetto del popolo e godono di una fama assolutamente immeritata.
Poi ci sono due peccati ancora più grandi:
1- “Divorano le case delle vedove”. Approfittano della loro posizione di potere per imbrogliare la gente, avvantaggiarsene per arricchirsi e aumentare il loro prestigio. Le vedove non avevano niente per sopravvivere, non potevano tornare alla casa dei loro famigliari, l’unica speranza era che i loro figli (maschi) si prendessero cura di loro. Se, per caso, non ne avevano, o essi erano ancora piccoli, allora dovevano andare a mendicare o fare le prostitute e qui è dove la gente si avvantaggiava di loro.
2- “Fanno lunghe preghiere”. Naturalmente pregano per farsi vedere e per giustificare, in qualche modo il peccato appena accennato sopra. Cioè abusano dei poveri e si giustificano pregando Dio.
In poche parole Gesù condanna queste persone perché vivono dietro una “divisa” ma sotto non c’è niente.
In contrapposizione a loro, Gesù indica un’altra persona, una vedova. È l’ultimo personaggio di cui parla Gesù. Essa si presenta con umiltà al tempio. Lei non ha grandi vestiti, non si fa notare, non c’è neanche scritto che si sia fermata a fare una preghiera. Si dice solo che depone nel tesoro due monetine; Marco dice che il loro valore era di un quattrino romano cioè il corrispondente di un pezzo di pane. Essa non si vergogna di passare vicino a quelli che hanno dato molti soldi, perché la sua intenzione è di contribuire al tempio, non di far bella figura davanti agli altri. Questa sua onestà di comportamento fa sì che lei dia tutto quello che ha, perché quando si dona con cuore puro, si sa che Dio provvederà ai nostri bisogni. Anche nella prima lettura c’è una vedova che sta per morire, ma sfama il profeta e trova da mangiare per lei, proprio come nel vangelo.
Sorge spontanea una riflessione: se questa povera donna aveva due monetine, una poteva tenerla per sé, invece lei da tutto. Da questo si vede la qualità del suo rapporto con Dio che è un rapporto radicale, va fino in fondo. Nel gesto di questa vedova, Gesù vede il suo gesto, colui che per amore è disposto a dare tutto quello che ha. Questa donna anticipa e imita il gesto di Gesù sulla croce.
Proprio il commento di Gesù ci fa capire il valore di questa offerta: “Lei ha dato tutto quello che aveva per vivere”.
Dal paragone fatto da Gesù deriva un insegnamento per tutti noi. Nel nostro rapporto con Dio, spesso, noi andiamo sul superfluo, lei va sull’essenziale. Diamo a Dio lo spazio che ci avanza dopo che ci siamo garantiti tutto quello di cui abbiamo bisogno o desideriamo. Poniamo noi stessi e la soddisfazione dei nostri desideri come criterio principale del nostro agire.
Dio può essere veramente Dio solo quando noi gli diamo tutto quello che abbiamo, in un atto di abbandono assoluto, di consegna, allora diventa il nostro Dio, se no lo riduciamo a un’app del telefonino che fa quello che vogliamo.
Quante volte noi nello scegliere le persone, i nostri amici, coloro da aiutare, da visitare, diciamo: “Chi è il più ricco, il più potente, colui che un domani potrà aiutarmi di più”; oppure prima di fare le cose ci preoccupiamo che altri vedano quello che facciamo e così possano venire a dirci: “Che bravo!”.
Chiediamo a noi stessi: Se fossi in un paese straniero dove nessuno mi conosce, o in un luogo dove nessuno mi vede, o al mio paese e a casa mia dove tutti sanno quello che faccio, mi comporterei nello stesso modo? Qual è veramente lo scopo del mio agire? A che cosa punto nella vita?
Essere discepoli di Gesù si riassume in un’unica domanda: Che posto ha Dio nella mia vita, nel mio pensiero, nelle mie azioni?
C’è poi un altro aspetto: la vedova depone due monetine. Un’altra tentazione a cui potremmo andare incontro è quella di lasciarci scoraggiare dalla nostra debolezza e incapacità di risolvere i problemi. “Ma che cosa posso farci io che sono povero?”. Gesù non guarda a quello che la gente fa, né quando lo fa. Egli guarda all’intenzione che sta dentro il nostro cuore. “In verità vi dico che quella vedova ha dato più di tutti perché ha dato tutto quello che aveva”. Dio che conosce queste cose come potrà dimenticarsi di Lei? Non dobbiamo aver paura di fare la nostra parte, di dare il nostro contributo alla società. Per piccolo che sia, se dato con cuore sincero vale più di tanti milioni, perché Dio provvederà a mettere quello che ancora manca.
Di fronte alla falsa grandezza che ci richiede il mondo, il discepolo deve porsi con umiltà, agire nel nascondimento e consegnare tutto a Dio nell’amore.