Gesù scandalizza i suoi parenti

Cosa avrà detto Gesù a Nazareth? (Mc 6, 1-6)

Gesù va a visitare Nazareth, la sua patria. Nazareth era un piccolo villaggio di campagna di circa 300 - 500 persone, principalmente contadini o allevatori. Se non possedevano terreni o bestiame, allora facevano gli artigiani, cioè tutti quei lavoretti che servivano qui e là. Tra questi c’era stato Giuseppe e poi, per vari anni, anche Gesù. Come in tutti i piccoli paesi di quel tempo la gente era semplice, molto attaccata alle tradizioni, alle cose da fare ogni giorno, con tanta semplicità ma anche ignoranza. L’unico luogo di istruzione del paese era la sinagoga dove il rabbino del luogo insegnava ai ragazzi a conoscere i libri sacri, e raramente a leggerli (i rotoli a disposizione erano ovviamente pochi).

Ma Gesù è diverso dai suoi paesani. Arrivato all’età di trent’anni, invece di sposarsi e continuare il suo lavoro, si è allontanato dal paese, è andato ad abitare a Cafarnao, una città di dubbia reputazione perché vicina al confine e con un buon movimento di gente, anche stranieri, e un florido commercio legato alla pesca. Lì ha cominciato a incontrare gente, a fare guarigioni, a predicare, parlando di un modo diverso di vivere, staccato dalle tradizioni, concentrato, non sulla legge ma sulla vita di ogni persona, sull'accettazione dell’altro, sulla misericordia, sull'aiuto al di là di quello che le leggi indichino, come ad esempio la legge del sabato che spesso invece di aiutare le persone le rendeva schiave. Ora Gesù è tornato a visitare i suoi. Di sicuro si è fermato qualche giorno. Lo vediamo al sabato nella sinagoga a spiegare la Scrittura. Non si dice che cosa abbia predicato, possiamo immaginare che avrà detto le stesse cose che diceva da tutte le parti, cioè la centralità del rapporto tra Dio e l’uomo basato sull'amore e sulla misericordia.

Non c’è da stupirsi che la gente di Nazareth si meravigli di quello che lui diceva. Gli abitanti di Nazareth sono semplici e tradizionalisti. Il fatto che Marco dica che Gesù va nella sua “patria” è proprio un richiamo alla tradizione dei padri. Gesù si inserisce in quella che è la tradizione per portarvi un cambiamento. Nel libro della Genesi c'è un fatto collegato con questo: all'inizio Dio chiede ad Abramo di lasciare la sua patria per andare in un nuovo paese e fondare una nuova nazione. C'è bisogno di uscire da quello che è il guscio comodo in cui siamo cresciuti, da quelle che sono le tradizioni di sempre, se queste ci impediscono di crescere. Gesù, vi entra proprio per portare questo cambiamento, ma la gente non è abituata e non vuole cambiare, preferisce rimanere del comodo del “si è sempre fatto così”, “Sappiamo che qui si sta sicuri”; nell'ignoto non si sa dove si va a finire.

Il loro atteggiamento presenta 3 aspetti.

Prima di tutto c'è una certa invidia. “Da dove gli viene questa sapienza? e questi poteri?”, cioè, da una parte riconoscono che quello che Gesù dice o fa, è qualcosa di bello, di buono, ma non possono accettare che il soggetto sia Gesù, uno di loro. Nessuno di loro ha questi doni, e in tanti anni che hanno conosciuto Gesù non si erano mai accorti che Gesù li avesse. Hanno paura di un qualche cosa di diverso, di più grande; forse è un complesso di inferiorità, ma si manifesta con l'invidia. Essa serve per coprire la paura.

Loro preferiscono agire con quello che noi chiamiamo “etichette”. Questo è il secondo atteggiamento: pongono su di lui un’etichetta. “Non è lui il figlio di Maria, il carpentiere?” Mettere etichette sulle persone è un modo di difendersi da esse. Se so chi è, so come comportarmi, e finché sta dentro questa etichetta lo posso controllare. Però quando qualcuno comincia a fare o dire qualcosa di diverso dall’etichetta, mi trova spiazzato impreparato e la paura, invece di diminuire, cresce.

A dire il vero, non dicono “Il figlio di Giuseppe”, ma il “figlio di Maria”. Anche se il padre è morto, mai si definisce un uomo dal nome della madre, sempre da quello del padre. Nominare la madre vuol dire porre qualche dubbio sulla sua origine e quindi sminuirlo. Gesù è figlio di Maria, e dicendo così sminuiscono quello che fa. Com'è possibile che un falegname possa fare dei miracoli? Come è possibile che uno che non ha studiato possa dire le cose che Lui dice? In un altro passo del Vangelo si dice che accusavano Gesù di essere discepolo di Beelzebul, quello che noi chiamiamo il diavolo, ma che in verità era un Dio pagano. Quindi accusano Gesù di essere un eretico, di agire con forze magiche, ma forze negative, non provenienti da Dio.

Il terzo atteggiamento è quello che viene detto quando si legge: “Era per loro motivo di scandalo”. Scandalo vuol dire che lui diventa un impedimento alla loro fede. Il conoscere Gesù così diventa per loro un problema, non sono più in grado di pregare, non sono più in grado di accettare la religione dei Padri, perché Gesù li turba. Un certo senso di scandalo è buono, se ci toglie dalla chiusura mentale delle tradizioni e ci apre alla possibilità che esiste qualche cosa di diverso, di più grande, che viene da Dio stesso. Però bisogna saper passare dallo scandalo al dubbio, dal dubbio all'accettazione, dall'accettazione alla Fede.

Il grande errore della gente di Nazareth è di evitare di affrontare i temi importanti che Gesù propone e deviare il discorso su cose esterne. Avrebbero dovuto chiedersi: Quello che Gesù dice è vero? Ci presenta un Dio più vicino e più reale? Ci rende più felici e liberi? Essi evitano queste domande e si fermano a dire: un falegname non può sapere e fare queste cose.

L’insegnamento di Gesù, invece è: nessuno di noi è semplicemente un falegname, in ciascuno ci sono dei semi di eternità che Dio stesso ha piantato nei nostri cuori e che ci danno la possibilità di abitare negli spazi infiniti del suo amore e della sua misericordia. Tutti noi possiamo diventare profeti di Dio, sacerdoti della sua misericordia, messaggeri del suo amore.

E noi? Quante volte ci siamo sentiti provocati da atteggiamenti di bene che hanno smosso la nostra coscienza, che ci hanno fatto desiderare di fare qualcosa di buono? Come abbiamo reagito? Con paura? Contro voglia? Con scuse? Quante volte abbiamo detto: “Mi piacerebbe… sarebbe bello … potrei, ma…” e poi non facciamo niente!

Come ci mettiamo di fronte alle persone che incontriamo? Usiamo etichette?

Di Gesù possiamo fidarci, non dobbiamo avere paura, dobbiamo lasciarci guidare senza l’ansia di voler sapere dove ci porterà.

Quando c’è diffidenza non c’è amore e quando non c’è amore non c’è vita vera.

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