L'amore è sopra ogni legge
Che rapporto c’è tra amore e legge? (Mt 22,34-40)
Nelle ultime domeniche abbiamo visto che intorno a Gesù si è creato un clima è sempre più teso e i Farisei cercano ormai ogni modo per incastrarlo. Ci riprovano anche oggi servendosi di un dottore della legge cioè un esperto in religione e lo fanno con una domanda di per sé facile da rispondere: “Qual è il comandamento più grande”? Di certo un dottore della legge non aveva bisogno di andare a farsi insegnare qualcosa da Gesù, allora la domanda che pone ha lo scopo di far capire alla gente che devono stare alla larga da Gesù.
Nella legge ebraica c'erano tantissime regole ben 613, troppe per qualsiasi persona per ricordarsele tutte, specialmente pensando che molte persone non sapevano nemmeno leggere. Allora molti volevano conoscere quali sono quelle più e quelle meno importanti in modo da praticare, almeno quelle poche. Ma su una cosa non c'erano dubbi: la più importante di tutte era osservare il sabato perché questo era quello che aveva fatto Dio stesso. Dopo 6 giorni di lavoro, per la creazione, si era riposato.
Loro si aspettavano che Gesù rispondesse proprio citando la legge del sabato, così, a partire dalla sua risposta, avrebbero tranquillamente potuto accusarlo dato che in tante occasioni Gesù non aveva rispettato il sabato.
Come al solito Gesù si rende conto che sono lì per metterlo in trappola, quindi non risponde secondo le loro aspettative, ma dà una risposta che diventi per loro un motivo riflettere e cambiare il loro atteggiamento. La regola che lui cita: “Amerai Il Signore Dio tuo con tutto il cuore con tutta l'anima con tutta la mente” la troviamo nella Bibbia, nel libro del Deuteronomio. Essa non era compresa tra le 613 regole perché era una specie di preghiera che tutti gli Ebrei praticanti dovevano recitare almeno tre volte al giorno per ricordarsi che servire Dio era l’unica cosa importante della vita. Difatti le 613 leggi sparse nei primi cinque libri della Torah, erano composte da 365 leggi negative: “non fare …”, 365 come i giorni del ciclo del sole, per dire in nessun momento della tua vita dobbiamo andare contro Dio; c’erano poi 248 leggi positive: “fai…”, 248 come le ossa del corpo come per dire non c’è alcuna parte in te che non debba lavorare per il Signore.
Gli Ebrei non erano abituati a usare la parola “Amore” riferendosi a Dio. Dio andava rispettato, obbedito, temuto. È vero che i profeti, specialmente Osea e Isaia avevano parlato di Dio che sposa Israele, ma questa sposa è infedele. Quindi i Farisei non riuscivano a sentirsi amati da Dio, preferivano tenerselo buono con la loro osservanza.
“Amerai Dio con tutto il cuore”. Non si parla di sentimenti, il cuore è il centro di tutte le decisioni della vita; “con tutta l’anima”, cioè la vita; non c’è spazio per accontentare i propri idoli, tutto deve essere fatto per piacere a Lui. “con tutta la mente”: questa parola non c’era nell’AT, là si parlava di tutte le forze; l’ha aggiunta Gesù. Chi ama ha un unico interesse, scoprire sempre più la persona amata, come l’innamorato che non pensa ad altro che alla persona amata. Quindi tutto: pensieri, decisioni e vita, deve essere consacrato a Lui.
Probabilmente la risposta di Gesù ha sconcertato i Farisei e Gesù ne approfitta per introdurre il secondo comandamento.
Gesù sa che agli uomini non basta amare Dio per essere felici. Abbiamo bisogno di rapporti con gli altri. Come sono regolati questi rapporti? La nostra tendenza oggi è: Non disturbarmi che io non ti disturbo, non ti impicciare dei miei affari che io rispetto i tuoi.
Gesù non vuole questo falso rispetto, vuole amore. Questo secondo comandamento lo prende dal Lev. 19. I Farisei lo conoscevano, ma lo lasciavano un po’ da parte perché non era facile capire chi fosse questo “prossimo” da amare. Se vi ricordate nel Vangelo di Luca a questo punto il fariseo, rendendosi conto della gaffe che ha fatto, per scusarsi chiede: “e chi è il mio prossimo?” al ché Gesù risponde con la parabola del buon Samaritano.
Ma ci sono due cose che lasciano perplessi i Farisei. Se per loro il prossimo sono gli altri membri del popolo di Israele, a cominciare dai loro capi, per Gesù la preferenza cade sui peccatori, sulle donne, sui Samaritani, e persino sugli stranieri. Questo era difficile da accettare.
Ma ancora più pericoloso è il secondo punto: Gesù ha messo questo comandamento vicino al primo, legandolo con un piccolo verbo che è la chiave di lettura di tutto il brano: il verbo “essere simile”, “Il secondo è simile al primo”. Lo shock del Fariseo deriva dal fatto che questo verbo è quello utilizzato nel racconto della creazione dove Dio dice: “Facciamo l’uomo simile a noi”. L’uomo è posto al di sopra di tutta la creazione perché è l’unica creatura simile a Dio, e può vantare qualcosa che Dio solo possiede. Quindi dire di amare il prossimo in una maniera simile a come si ama Dio, voleva dire di ricordarsi che ogni persona è immagine di Dio, anche il nemico, anche lo straniero.
Questi due punti erano davvero difficili per loro.
Ma nella mente di Gesù c’è qualcosa di più che loro non potevano capire, ma noi Cristiani dobbiamo considerare. Per spiegare questo concetto ci serviamo di San Paolo, nella lettera ai Filippesi. La similitudine con Dio è data non solo dal come Lui ci ha creati, ma anche e soprattutto dal fatto che Cristo, “pur essendo Dio, non volle rimanere lassù ma spogliò sé stesso, assunse la nostra condizione in tutto, eccetto il peccato, si fece servo e obbediente sino alla morte”. Con questo processo che chiamiamo “Incarnazione”, lui ci ha resi, a tutti gli effetti, figli di Dio, quindi eredi, quindi capaci di condividere la sua vita e destinati a vivere con lui per sempre.
Quindi dire che amare il prossimo è simile ad amare Dio vuol dire chiedersi: Come si fa ad amare Dio? E la risposta è: Amando le persone che hai davanti e questo lo devi fare con tutto il tuo cuore, anima e mente. In molti altri passaggi Gesù dirà: “Quello che avete fatto al più piccolo lo avete fatto a me”, “amate i vostri nemici”, e altre frasi simili. Il nostro non deve essere un amore di soddisfazione ma un amore di redenzione, amo l’altro per aiutarlo, risollevarlo, redimerlo.
Allora veniamo al pratico: cosa ci rende Cristiani? L’osservare tutti i comandamenti? Osservare i precetti e le regole? No! È l’amare. Amare tutti, amare come Gesù ha amato, amare senza riserve. Ma proprio tutti? Sì! Anche i peccatori? Soprattutto i peccatori perché questo è ciò che Gesù ha fatto. Amare anche chi mi fa del male? Soprattutto chi ti fa del male perché questo è ciò che ha fatto Gesù dalla croce: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Noi siamo ancora troppo abituati a fare distinzioni tra chi se lo merita e chi no, chi mi piace e chi no, chi è mio parente, amico e chi no. Gesù ci chiede di amare tutti perché in tutti è presente Dio e solo amando tutti si ama Dio. La nostra società non potrà mai crescere se, di fronte a un problema, ognuno guarda prima di tutto al suo interesse personale, alla difesa della sua cultura, civiltà, confini, proprietà eccetera.
Ai giorni nostri, segnati dal secolarismo e da tanti attacchi alla religione, qualcuno si chiede: il secondo comandamento, amare il prossimo, da solo, non basta? Ci sono tanti atei che amano e lo fanno onestamente, per aiutare gli altri. Anche essi vivono da figli di Dio.
La risposta che Gesù vuole dare a questa domanda è: se non c’è alle spalle l’amore a Dio, in alcune situazioni sarà difficile amare, andare aldilà della filantropia. Pensiamo alle situazioni in cui siamo chiamati ad amare chi non se lo merita, i pigri, gli incapaci, chi ha idee politiche o sociali sbagliate, a perdonare chi ci tradisce, chi ci offende. Cosa ci dà la forza di amare anche loro? È facile dire che vadano al diavolo, invece Gesù ci insegna che è proprio per la loro posizione errata, che hanno bisogno del nostro amore, per essere redenti, recuperati. Proprio per questo motivo l’amore di cui ci parla Gesù non è un amore meramente umano, non è filantropia, non è un amore che si risolve nell’impegno sociale. L’amore di cui parla Gesù è un amore che trova le sue risorse in una relazione più profonda e originaria a cui ogni uomo è chiamato. Io ti voglio bene perché essendo entrato in comunione con Dio, attratto da Dio, amo tutto ciò che è amato da Dio e che è in consonanza con Lui, quindi amo tutti gli uomini che come me godono di questo amore.
Se non è vissuta in Dio la nostra relazione o diventa competizione, oppure diventa un vedere nell’altro quello che mi manca e mi soddisfa, quindi un volermi impossessare dell’altro. Amare come me stesso vuol dire riconoscere l’altro nella mia stessa situazione di figlio di Dio, amato da Dio, prezioso agli occhi di Dio e quindi vedere l’altro attraverso Dio nella sua relazione con Lui.
Amare attraverso Dio non toglie niente alla relazione tra noi, ma anzi la rende pura, ci permette di togliere tutti quegli aspetti di egoismo che altrimenti finirebbero per rovinare la relazione. Quanti rapporti di amicizia o anche all’interno delle famiglie sono stati rovinati quando si è cominciato a mettere i propri diritti davanti agli altri.
Se al centro ci sono io con il mio bisogno, non arriverò mai ad amare veramente; l’altro sarà l’ostacolo alla mia libertà, il limite alla mia espansione.