Fede e paura

Non abbiate paura (Mt 10:26-33)

 Tutti i giorni noi sperimentiamo qualche paura e spesso questo ci torna utile. Un po’ di sana paura è vitale per noi perché ci obbliga a stare attenti, ci fa fare le cose con cura; mentre vediamo ogni giorno notizie di persone “spavalde” che per la loro temerarietà causano incidenti, e, alle volte, perdono anche la vita.

Il problema viene quando la paura prende il sopravvento su di noi per cui perdiamo il controllo della situazione e quindi facciamo cose insane, oppure, ci blocchiamo e siamo come paralizzati e incapaci di fare quei passi che sono necessari per continuare la nostra vita nel modo giusto. Pensiamo a qualche iniziativa che sarebbe utile per noi o la nostra famiglia, avvicinare una persona per parlare, intraprendere un viaggio, iniziare un’attività nuova. Un conto è preparare tutto con cura, un conto è lasciar cadere tutto per timore di come andranno le cose.

Nel Vangelo di oggi Gesù ci dice per ben tre volte “Non abbiate paura”. A cosa si riferisce? A chi sta parlando?

Questo brano è parte del secondo grande discorso che Gesù fa. Il primo, se vi ricordate, era quello chiamato “Discorso della montagna” dove Gesù, parlando alle folle, aveva presentato un nuovo stile di vita da apprendere se si vuol arrivare alla felicità. Esso era basato sulle Beatitudini e sulla necessità di rivedere tutte le nostre priorità alla luce del comandamento dell’amore. Gesù aveva notato che da una parte il numero di chi veniva a Lui era in continua crescita, ma dall’altra vedeva che la costanza era bassa perché la gente veniva a chiedere miracoli ma poi se ne andava, e poco o nulla cambiava nella loro vita. Allora fa la scelta di prendere 12 persone tra i suoi seguaci e di trasformarli da “discepoli” in “Apostoli”. Tutto il capitolo 10 del vangelo di Matteo è rivolto ad essi e all’incarico che Gesù dà loro. Il discorso che Gesù rivolge a loro prima di inviarli è chiamato “Discorso missionario”, cioè come deve comportarsi chi è inviato da Gesù. Riassumendo in poche parole, Gesù dà loro l’impegno di annunciare nei vari villaggi che il “Regno di Dio è vicino”. Vicino è un avverbio di luogo, non di tempo, cioè è a portata di mano e se vi sforzate un po’ lo potete afferrare, infatti il Regno di Dio è Gesù stesso e il suo modo di vivere e di pensare. Solo che poi Gesù dà loro delle raccomandazioni: non portate con voi cose inutili (due tuniche), non guardate alla comodità (sandali), non al denaro (borsa), neppure alla sicurezza (bastone). Poi fa capire che devono presentarsi come agnelli in mezzo ai lupi, cioè predice che saranno rigettati, perseguitati, avranno opposizioni di ogni tipo. Infine dà loro il potere, la capacità di guarire ogni sorta di infermità. Infermità è quello che ci impedisce di vivere bene, ma, se la vera vita è quella spirituale basata sull’amore, le vere infermità sono: l’egoismo, la gelosia, l’invidia, l’arroganza, la superbia, la sete di potere, eccetera, cose che, da una parte sembrano darci sicurezza e conforto, mentre, invece, ci fanno vivere in continua tensione e angoscia. La testimonianza degli Apostoli di una vita semplice, di vicinanza, dettate dal comandamento dell’amore, è la medicina necessaria per curarci da queste infermità e per cacciare quei demoni che in noi ci suggeriscono di stare aggrappati al vecchio modo di vivere e rigettare ogni novità portata da Gesù. Se lavorassero solo basandosi sulle loro capacità umane o sui mezzi esterni, dimostrerebbero di avere poca fiducia nel messaggio che portano, e non si tratterebbe più di un “mondo nuovo”, ma di un modo vecchio di agire. Ecco perché la radicalità delle richieste di Gesù.

Chiaramente di fronte a una proposta del genere e alla prospettiva di mettersi in viaggio per incontrare opposizione e persecuzione, i dodici si trovano spiazzati, spaventati e non sanno se vale la pena di accettare l’incarico dato da Gesù.  

È proprio a questi apostoli che Gesù rivolge la triplice esortazione: “Non abbiate paura”.

Il brano è però rivolto anche a ciascuno di noi, perché oggi, più che duemila anni fa, il mondo ha bisogno di testimoni del comandamento dell’amore. Noi tutti che ci dichiariamo “seguaci di Cristo”, dobbiamo prendere sul serio la sua proposta e farla vedere al mondo, ma, se accettiamo, dobbiamo mettere in conto che spesso saremo assaliti da sentimenti di paura derivanti dal fatto che il mondo la pensa in un modo molto diverso e sarà difficile, se non impossibile, praticare con serietà e continuità gli insegnamenti di Gesù.  Anche Gesù ha avuto paura, ma se siamo discepoli di Cristo, non dobbiamo lasciarci dominare dalla paura, altrimenti saremo persone buone, praticheremo qualche opera pia, pregheremo, ma non ci lasceremo coinvolgere pienamente nella sua proposta di diventare costruttori del mondo nuovo.

Non abbiate paura!”. Lo ripete tre volte per indicare l’importanza di quello che sta dicendo e la pienezza di ambiti a cui applicarlo. Ecco le tre ragioni portate da Gesù per intraprendere con coraggio la via dell’amore e della testimonianza.

1) Non c’è nulla di nascosto che non verrà svelato. Si tratta di una paura dettata da qualcosa che sta dentro di noi, non fuori: affrontare il tema della verità. Ci chiediamo: “Questo messaggio di impegno cristiano, lo sto vivendo in prima persona?”,  “Cosa penseranno gli altri se vengono a sapere che…”, oppure “cosa mi succederà se si viene a sapere che…” e “ho davvero voglia di rinunciare ai miei privilegi, a perdonare i nemici?”. Questi pensieri non ci lasciano vivere in pace. Spesso ricorriamo a bugie per cercare di occultare almeno parte della realtà, ma poi rimaniamo inquieti. Facciamo dei compromessi, degli impegni parziali, ma poi non siamo soddisfatti. Gesù ci ha detto: “La verità vi farà liberi”. Il mondo di oggi è pieno di menzogna e questa sta rovinando tutti i rapporti umani. Non è la libertà esteriore di cui dobbiamo preoccuparci, perché essa non è nelle nostre mani, ma la libertà interiore che dà forza, serenità, e, soprattutto, permette allo Spirito Santo di lavorare in noi e di proteggerci. Alla fine tutto verrà rivelato, compreso, conosciuto. Nonostante tutte le prove e difficoltà il vangelo trionferà e si diffonderà.

2) Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma piuttosto di chi ha il potere di uccidere l’anima. Abbiamo parlato tante volte della vera vita, la vita nuova che Gesù è venuto a portare, quella eterna, che ci inserisce nella vita di Dio. Essa è l’unica essenziale e che non perisce. Il diavolo e chi lavora con lui nel mondo vecchio, non ha accesso a questa vita. Essi lavorano solo alle apparenze, all’esteriorità, che è attraente, ma non dura. Naturalmente essi combatteranno per mantenere il loro potere e il loro posto quindi le persecuzioni e le avversità che gli apostoli, e tutti i cristiani convinti, devono subire, derivano da qui. Si parla dei martiri di oggi, che sono molti, anche se la maggior parte sono nascosti. Pensiamo a tanti casi di persone che hanno perso il loro posto, il lavoro, anche la vita, perché non si sono piegati alla corruzione, agli imbrogli. Spesso c’è anche l’incomprensione dei famigliari. Quindi Gesù dice: quando ti perseguitano, ricordati che, come abbiamo detto sopra, la vera serenità e pace viene da dentro, dalla convinzione di star vivendo la vera vita, quella di Dio. Questa è la vita che rimane, la sola importante.  

3) Dio si prende cura di voi. Attenzione a comprendere bene la frase che Gesù usa per spiegare questo punto: “Neppure un passero cadrà senza che il Padre vostro lo voglia”. Da qui viene il proverbio: “Non cade foglia che Dio non voglia”. È un proverbio sbagliato. Mettiamo il caso che una persona viene uccisa o subisce violenza, non possiamo certo dire che Dio ha voluto questo, altrimenti si viene a negare la libertà dell’uomo e la sua responsabilità sui suoi atti. Dio non vuole di certo il male e non ci sono dubbi che tante cose che accadono sono frutto del male e non della volontà di Dio.

Allora come interpretare la frase del vangelo? “Neppure un passero cadrà senza che il Padre vostro si prenda cura di Lui”. Il passero era l’animale considerato più inutile, anzi era pure odiato dai contadini perché arrivava in stormi sui campi di grano e nel cibarsi rovinava tutto il raccolto. Eppure Dio si prende cura anche di Lui; a maggior ragione si prende cura di noi che siamo suoi “Figli prediletti”.

Dio è un padre buono che si prende cura di tutti, anche delle cose più insignificanti, degli animali e tanto più delle persone. Questo non vuol dire che si intromette a cambiare gli eventi delle cose, anche se può farlo e alle volte lo fa, ma il messaggio importante è che: anche quando le cose sembrano andare male, Dio sta prendendosi cura di noi e saprà ricavare un bene maggiore dalle nostre sofferenze o sconfitte e persino dai nostri peccati. Allora il proverbio giusto da citare è: “Dio sa scrivere dritto anche sulle righe storte”.

Post popolari in questo blog

Gesù è davvero un re?

I santi, nostri amici

Cosa dobbiamo fare?