La vendetta e il perdono, un binomio sempre difficile
Rambo o santo Stefano, noi da che parte stiamo? (Mt
5,38-48)
Domenica scorsa
avevamo visto i primi quatto esempi di come si può fare un balzo in avanti nel
nostro essere “discepoli di Cristo”, annunciatori e testimoni del nuovo modo di
vivere. Oggi vediamo gli altri due esempi che sono forse i più importanti e che
toccano un punto delicato del nostro orgoglio: la capacità di perdonare.
Ognuno di noi, istintivamente,
si aspetta un ritorno dalle persone a cui facciamo un favore o diamo un aiuto.
Esso potrebbe essere un sorriso, un ringraziamento, basta che ci faccia
comprendere che siamo ben voluti. Questa è ciò a cui pensiamo quando parliamo
di giustizia e pensiamo che anche Dio ragioni così cioè che Dio ci ami solo
quando vede che noi obbediamo a tutte le sue regole o ci sforziamo di fare
qualcosa per lui. Questa era anche il senso della parola “giustizia” secondo i
farisei. Viene allora da dire: cosa devo fare se l’altro non mostra
gratitudine, o addirittura mostra avversione verso di me?
Anche qui, come
in tutti gli esempi portanti nel vangelo di domenica scorsa, ci viene chiesto
di cambiare completamente punto di vista. Gesù ci vuole introdurre nel suo Regno,
dove il principio base non è quello della reciprocità o dello scambio
commerciale. La relazione tra gli uomini non può essere basata sul calcolo ma
sulla completa “gratuità”. Il vero Cristiano vuole il bene dell’altro, anche se
è suo nemico. Questo atteggiamento non è frutto di uno sforzo “contro natura”
come molti potrebbero pensare, ma una conseguenza della nostra natura di Figlio
di Dio, di abitanti del Regno di Dio.
Allora ecco le due
applicazioni che ci fanno fare il balzo dal “minimo” della legge antica al massimo
a cui dobbiamo aspirare.
“Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e
dente per dente”.
Questa è una delle
frasi più abusate dell’Antico testamento e usata e spiegata con un senso
totalmente sbagliato. Già ai tempi di Gesù essa era interpretata come diritto
alla vendetta. Le civiltà che esistevano attorno a Israele (Egizi, Assiri,
Babilonesi, ecc.) basavano la loro sussistenza sulla loro capacità di mostrare
la forza dei loro eserciti. C’era, nelle loro leggi, la mentalità che di fronte
a un’infrazione, il “delinquente” doveva essere punito in maniera forte per diventare
un esempio in grado di scoraggiare altri a fare gli stessi errori. Tale
mentalità stava insinuandosi anche tra gli Ebrei. Capitava allora di sentire
frasi del tipo: “Mi hai offeso in pubblico; devi pagare con la tua vita.”. “Hai
rubato; ti tagliamo la mano”. “Hai rovinato il mio onore; devi essere
condannato a diventare mio schiavo…”. A dire il vero, molta di questa mentalità
esiste anche oggi in quelle persone che difendono il diritto di vendicarsi per
il male ricevuto. La bibbia allora, per salvaguardare il valore della vita,
aveva introdotto questa norma per regolare, o meglio per ridurre la violenza e
le vendette. Quindi essa andava letta così: Se tu mi hai tolto un occhio io al
massimo posso toglierti un occhio, non di più.
Ora Gesù vuole
farci fare un balzo verso la perfezione. Se noi ragioniamo come gli antichi
aggiungiamo male al male. Noi non siamo chiamati ad aggiungere male al mondo ma
bene. La nostra arma per conquistare il mondo non è la forza o la paura ma
l’amore. La violenza chiama violenza e non ci sarà mai la fine del male causato
da essa a meno che qualcuno con coraggio rompa la catena. Quindi, la soluzione
di Gesù è: “Ora io vi dico: non opporti
al male”. Voi state entrando nel mondo nuovo non tornate al mondo
inferiore, non riabbassatevi al piano del nemico usando gli stessi metodi.
Ci porta quattro
esempi molto concreti: “Se uno ti
percuote la guancia, porgi anche l’altra”. È un’espressione paradossale,
anche Gesù ha protestato quando il servo del sommo sacerdote gli ha dato uno
schiaffo (Gv 18,22). Il senso del “porgere l’altra guancia” è: “non vendicarti”,
“non restituire il male” perché sarebbe aggiungere altro male. Spesso per amore
siamo obbligati a prendere posizioni ferme, dure, questo è accettabile purché
queste facciano del bene all’altro, non lo umilino o scoraggino. Allora prima
di prendere una posizione dura come un castigo, dobbiamo sempre chiederci: “da
cosa è spinta questa mia scelta?”, in modo da non cadere nella tentazione della
rivalsa.
Da quanto sto
dicendo sembrerebbe che tutto sia basato su un calcolo freddo di ciò che
porterà più o meno frutto, ma al momento concreto non c’è tempo per fare
calcoli freddi e il sangue ribolle nelle vene. A dire il vero se guardiamo alle
parole di Gesù vediamo che in esse non vi è alcun calcolo. Non si dice che
facendo così l’altro diventi migliore. Può darsi che accada, ma non
necessariamente. Noi siamo chiamati ad agire così solo perché è ormai nella nostra
natura cioè per il fatto che siamo figli di Dio creati a sua immagine e Lui vuole
sempre e solo il bene del fratello. Il DNA del Cristiano è l’amore.
“A chi ti chiede la tunica lascia anche il
mantello”. Erano i due capi di vestiario usati normalmente dalla gente. Il
mantello era importante e non poteva mai essere requisito perché per i poveri
era l’unica coperta da utilizzare alla notte quando fa freddo. Il significato
dell’esempio portato da Gesù è: di fronte a colui che ti vuole portare in
tribunale, mostragli il tuo amore incondizionato e fatti vedere disposta anche
a cedere quello che di per sé non può chiederti.
“Cammina con chi ti obbliga” anche quando
non vuoi. Questo verbo che di per sé si traduce con “angariare”, nel nuovo
Testamento è usato solo per indicare l’episodio in cui Simone di Cirene è obbligato
a portare la croce di Gesù. Nel mondo antico c’erano molte indicazioni su come
vendicarsi delle persone che disturbavano o abusavano della nostra bontà. Gesù
non dà alcuna norma di furbizia ma ancora una volta ci chiede di comportarci
secondo la natura di Dio: tenere il cuore libero da ogni risentimento. Giuliano
l’apostata, imperatore romano nipote di Costantino, accusò i Cristiani di essere
la rovina dell’impero e minare le fondamenta della società perché con il loro
atteggiamento pacifista e la tendenza a perdonare tutti rendeva l’impero debole
di fronte ai Barbari e ai corrotti. I cristiani sono sempre stati accusati di
pacifismo. Ma il cristiano non è uno che accetta semplicemente tutto in modo passivo
ma vuol essere un costruttore di pace, cioè uno che ricerca sempre e solo
quello che fa trionfare l’amore. La rinuncia alla violenza è il segno della
presenza di Dio.
“Quando qualcuno ti domanda un prestito non
volgergli le spalle”. In Israele il prestito non era un investimento con interesse.
Ogni interesse era proibito per cui si cercavano sempre scuse per non prestare
i soldi con il timore che non sarebbero ritornati. Se uno ti chiede un prestito
è perché ha un bisogno. Non fingere di non capire, non cercare scuse, non
scaricare su altri. Se puoi fare qualcosa, fallo e basta.
Arriva poi il
secondo balzo, quello più esplicito: “Amate
i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. Il vangelo dice
che stava scritto: “odierai il tuo nemico”.
A dire il vero non c’era scritto da nessuna parte nella bibbia, ma era il modo
normale di pensare della gente di quel tempo. Era anche un modo per evitare di
corrompersi con il comportamento dei malvagi.
Gesù, partendo
dalla sua nuova giustizia propone questo sesto salto di qualità: “Amate i
vostri nemici”. Il verbo usato è Agapào, verbo che in greco è usato solo nel
Vangelo e che indica l’amore incondizionato gratuito. Cristo ha bisogno di
vedere ciascuno di noi felice al punto di mettere la propria vita a
disposizione di ottenere questo fine. Lo stesso dobbiamo fare noi.
Chiaramente non è
una cosa facile allora Gesù ci suggerisce: “pregate”.
Solo se si prega si arriva ad avere quella capacità di uscire da se stessi.
Chiaramente qui parla dello spirito di preghiera che non ha niente a che vedere
con le formule recitate in modo freddo. Lo spirito orante è la capacità di
mantenersi in unione con lo spirito di Dio.
Noi prendiamo
esempio da Dio che fa piovere su giusti e ingiusti. Dio ci ha dato la vita
nuova e noi dobbiamo farla risplendere. Siccome, poi, ama indistintamente sia
il buono che il cattivo, allora ama me sia quando sono buono che quando sono
cattivo. Una mamma ama il figlio e sa distinguere bene l’azione cattiva che ha
compiuto dal figlio stesso che in sé è buono. L’amore incondizionato della
mamma deriva dalla sua natura di mamma e cercherà di tutto per aiutare il
figlio a rimediare ai suoi errori.
Siamo noi capaci
di vedere la persona, il figlio di Dio, il redento da Cristo al di là degli
errori che ha commesso?