Beato chi ha il coraggio di imitare Cristo



4a domenica anno A   Le Beatitudini (Mt 5,1-12)
Parlare delle Beatitudini non è mai facile. È senza dubbio uno dei testi più importanti del Vangelo, un testo su cui hanno scritto tutti i più bravi studiosi della Bibbia e tutti i predicatori. Per spiegarle in maniera sufficiente non basta di certo un’omelia, ma almeno una conferenza per ciascuna di esse. Ci viene in aiuto Papa Francesco che proprio la settimana scorsa ha iniziato una serie di catechesi, dedicando ogni mercoledì una riflessione su ciascuna di esse.
Questo può senza dubbio essere considerato il discorso programmatico di Gesù, cioè il riassunto il poche parole di cosa lui intende quando si parla di come divenire persone compiute, sante, felici.
Tutti gli uomini, in fondo in fondo cercano solo una cosa: essere felici. Questa è una tendenza che Dio stesso ci ha dato. Il fatto che non siamo mai completamente felici è un segno che siamo fatti per l’infinito.
Ci sono gioie a breve termine, in sé sono buone, basta che non le facciamo diventare l’obiettivo finale. Subito dopo averle ottenute dobbiamo puntare a qualcosa altro; ciò accade con la carriera, titoli, viaggi, eccetera. Se ci si blocca ad essi, quando passano ci lasciano con un grande vuoto. Pensiamo alle amicizie perse, ad esempio.
Per capire cosa ci può veramente rendere felici bisogna partire da un altro interrogativo: che senso ha la mia vita? Chi ha puntato su cose passeggere, arriva poi a concludere che la sua vita non ha senso e questo può portare a disperazione.
Il vangelo di oggi è la risposta di Gesù sul senso della vita. Abbiamo davanti l’immagine dell’uomo riuscito, colui che ha trovato la pienezza, colui che lascia un segno del suo passaggio nel mondo: la storia di Dio rimane quella dell’uomo passa.
Le beatitudini descrivono la persona di Gesù perché lui è l’uomo realizzato.
Sono pronunciate su un monte, si tratta di una collina fuori da Cafarnao da dove si può contemplare il lago. Ma il riferimento al monte non è per indicare un luogo topografico ma un luogo teologico. È il luogo dove è possibile incontrare Dio, ascoltare la sua parola e imparare il suo modo di pensare e ragionare e sentire. Ecco come dobbiamo interpretarlo nel vangelo di oggi. Salire sul monte vuol dire lasciare la pianura dove vivono gli uomini con il loro modo di pensare e di vedere la vita. Noi dobbiamo pensare come Dio e non in un modo diverso come fa il mondo. La sapienza umana dice “beato chi sta bene, chi ha la salute, ha un buon conto in banca, chi può viaggiare, divertirsi, cercare il piacere, godere la vita”. Nessuno pensa a fare rinunce.
Quindi da una parte c’è la “mondanità” e dall’altra il modo di pensare di Gesù di Nazareth. Purtroppo molti di quelli che hanno scelto Gesù e si dicono suoi discepoli continuano a pensare secondo il mondo.
Veniamo ora a una breve presentazione di ciascuna Beatitudine.
-          Beati i poveri in spirito. I poveri li conosciamo, l’accattone, l’affamato, il senza tetto. Cosa intende Gesù quando dice: tu sei un uomo riuscito quando tu non hai più nulla? Non sta parlando di coloro che sono caduti in disgrazia. Lui ha detto “in spirito”. Allora qualcuno si limita a dire che basta il distaccamento, la capacità di fare l’elemosina, ecc. L’elemosina non introduce necessariamente la nuova giustizia di Dio perché può servire a mascherare il nostro egoismo. Lo spirito è la forza divina che è stata data ai figli di Dio e che ci spinge a divenire poveri. Siamo in una prospettiva completamente diversa da quella di chi vive nella pianura. In pianura si dà importanza al possesso: “mio, tuo, …”. Sul monte tutti gli aggettivi possessivi sono cancellati. Tutto è di Dio. Ma se l’uomo non è proprietario, di quei beni che sono nelle mie mani che devo fare? Io sono l’amministratore di questi beni e sarò chiamato a rendere conto a Dio di questa amministrazione. I beni sono indispensabili nella costruzione di una società autentica, ma la tentazione ad impossessarsi delle cose è distruttiva e porta sempre a lotte divisioni gelosie, ecc. Il regno di Dio è diverso. Fino a quando non si entra nel disegno di Dio non ci sarà mai pace. Come vanno amministrati i beni di questo mondo? Cancellando gli aggettivi possessivi. Noi non siamo autosufficienti nella vita, abbiamo sempre bisogno dell’altro e l’altro di noi allora nasce l’amore cioè la capacità di consegnare tutto, di condividere quel dono che il Signore ha fatto per tutti.
Beati i poveri non è dire beati i miserabili, e di per sé non vuol dire diventare poveri ma anzi che spariscano i poveri dalla terra perché noi condividiamo tutto. Beato colui che rimane senza nulla perché ha consegnato tutto a Dio e ai fratelli.
-          Beati gli afflitti. Sia chiaro che Dio non vuole che soffriamo. Ci sono due tipi diversi di sofferenze: quelle evitabili e curabili e quelle, invece, da cui non si può scappare. Se ho il mal di testa prendo una pastiglia, se sono malato devo curarmi, è assolutamente proibito infliggersi delle sofferenze inutili, ma se per fare una cosa importante devo accettare delle sofferenze allora queste devo accettarle. Allora beato chi ha il coraggio di accettare e affrontare e non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà della vita o della testimonianza cristiana. Di per sé in questo senso questa beatitudine è simile all’ultima, beati i perseguitati. Vi è però un secondo senso importante. Gesù nel vangelo piange due volte: una davanti alla tomba di Lazzaro, la perdita di una persona cara; ma c’è anche il suo pianto davanti a Gerusalemme perché ama quella gente ma si rende conto che fanno scelte che li porteranno alla rovina. Beato chi fa scelte per il mondo nuovo e piange nel vedere chi fa scelte nel mondo opposto perché vede il rischio in cui essi si mettono. In questo la beatitudine si avvicina a quella di beati i misericordiosi. Essi saranno consolati, cioè Dio li consolerà, cioè darà compimento alla passione.
-          Beati i miti. Viene dopo la beatitudine precedente perché di fronte al mondo che non accetta il nuovo messaggio, non accetta il modo di pensare di Gesù, la tentazione sarebbe o scoraggiarsi o reagire con violenza. Se accettiamo la violenza, la vendetta, l’uso della forza allora cadremmo nello stesso errore del mondo. Il mite è colui che di fronte alla malvagità, menzogna, ipocrisia, pur tentato di reagire nello stesso modo, non lo fa. Questo è frutto dello Spirito perché il cristiano è colui che ama e non può far altro che amare. Non ha mai l’obiettivo di tappare la bocca a chi la pensa in un modo diverso, non cerca di vincere, cerca solo di cambiargli il cuore e questo si fa solo con amore. San Pietro ci invita: “Sappiate sempre dare le ragioni delle vostre scelte ma con mitezza e amore” (1 Pt 3,15). Per loro la promessa è la terra, cioè il mondo nuovo.
-          Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia. Fame e sete le conosciamo e il popolo di Israele che aveva vagato nel deserto le conosceva bene. Beato colui che brama la giustizia come l’assetato brama l’acqua. Non è la giustizia umana che cerca la punizione del peccatore. Quante volte noi stessi invochiamo che Dio punisca i peccatori. Questa non è la giustizia di cui parla Gesù. Tutte le volte che nella bibbia si parla di Giustizia attribuita a Dio si parla sempre della sua benevolenza. Allora dobbiamo bramare un mondo in cui regni la giustizia di Dio cioè la benevolenza, il perdono, la ricerca del vero bene. Purtroppo spesso noi siamo disperati cioè diciamo a noi stessi: queste cose non avverranno mai, non sono possibili. Dio ci dice avverranno, io mi impegno di persona perché avvengano.
-          Beati i misericordiosi. La misericordia non è far finta che non sia successo niente, sperando che in futuro anche l’altro chiuda un occhio sui miei sbagli. Dio è un Padre, allora devo guardare a lui e vedere come lui è misericordioso. Dio nell’AT si presenta sempre come misericordioso, nel senso di “colui che ama di un amore viscerale come una madre verso il figlio che ha in grembo”. Noi siamo figli che spesso facciamo scelte errate ma lui cerca sempre in ogni modo di riportarci sulla strada retta. E questo amore non viene mai meno, non è condizionato dalle risposte dell’altro. Non ha bisogno della nostra risposta per poter continuare ad amarci, lui non può fare a meno di amarci perché è la sua natura. Il misericordioso è colui che vuole il bene dell’altro in modo incondizionato, non si lascia condizionare dalle risposte sue o di chi gli sta attorno, ma si lascia guidare dalla passione d’amore. Essi otterranno misericordia, vuol dire che facendo così entrano in sintonia con Dio e per cui entreranno in piena sintonia e somiglianza con Dio e per questo saranno beati.
-          I puri di cuore. Il cuore non è la sede dei sentimenti ma delle decisioni. Dio ha dato agli uomini un cuore per pensare. Ai Farisei che si scandalizzano di quello che Gesù fa, lui risponde: “perché pensate così nei vostri cuori …”. Le scelte che partono dal nostro cuore devono partire da un cuore puro. Puro vuol dire che non c’è dentro null’altro, quindi un cuore guidato solo dall’amore di Dio e non da altri pensieri che fanno fare scelte diverse che inquinano l’azione. Lui non scende a compromessi con la coscienza. Vedere Dio è fare esperienza di Dio. Quando ci lasciamo inquinare da altri interessi non riusciamo a vedere l’invisibile, vediamo solo le cose materiali ma non quelle vere e preziose. Noi dobbiamo saper vedere aldilà delle cose materiali.
-          Beati gli operatori di pace. Qui non si parla di pacifici che non fanno del male a nessuno. Qui si parla di costruire la pace. La beatitudine va molto più in profondo della semplice mancanza di guerra o lotte, perché “shalom” è molto di più di quella che noi oggi chiamiamo pace. È l’impegno di rendere l’altro felice, capace di soddisfare tutti i suoi bisogni. Chi si sforza di rendere l’altro soddisfatto, Dio gli dice: “Sei davvero mio figlio”. Figlio vuol dire mi compiaccio con te perché davvero hai i miei sentimenti.
-          Beati i perseguitati per la giustizia. Colui che accoglie la proposta del mondo nuovo non va di certo incontro agli applausi della gente. Chi ha interessi perversi non si rassegna a scomparire per cui c’è da aspettarsi avversione. Gesù stesso ha detto: “Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi”. Non dobbiamo meravigliarci che il mondo non ci accolga o non approvi le nostre scelte, piuttosto dobbiamo aver paura quando ci fanno troppi complimenti. Il regno di Dio è promesso a queste persone. Cosa interessante è che tutte le altre promesse erano al futuro questa è l’unica al presente, cioè il momento stesso in cui tu ti trovi in questa condizione, perché stai già vivendo le scelte del Regno, allora sei già inserito in tale Regno, stai già realizzando la tua vita aldilà delle condizioni esteriori avverse.

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