La conversione dell’amministratore infedele
La conversione dell’amministratore infedele (Lc 16, 1-13)
Oggi ci troviamo di
fronte ad una parabola difficile da commentare perché è necessario comprendere come
funzionava la vita a quei tempi e inoltre comprendere l’uso che si fa di certe
parole in quel contesto. Difatti pare che Gesù ci proponga di imitare un amministratore
disonesto.
Prima di tutto
possiamo dire che la parabola presenta una situazione di vita molto concreta. L’ambiente
sociale di quel tempo era quello del latifondismo. C’erano vaste zone del paese
che erano molto fertili producendo uva, olive, grano e frutta. Esse erano
possedute da persone molto ricche che abitavano, però, nelle grandi città, alcuni
addirittura all’estero. Per far funzionare i loro interessi a distanza avevano
amministratori in loco che gestivano tutto. Naturalmente non c’era la possibilità
di resoconti finanziari, controlli sui prodotti e sulle vendite, e nemmeno la
possibilità di venire a controllare come funzionavano gli affari, per di più
queste persone ricche erano impegnate a godersi la vita in città con gli altri
ricchi e nobili, per cui l’unica cosa che interessava era che da quelle aziende
agricole ogni anno venisse versata una certa quota considerata equa. Allora era
facile per gli amministratori giocare sui guadagni e intascare tutto quello che
era in più. Capite che in un ambiente così erano comuni le truffe, i ricatti,
eccetera. Probabilmente, nella storia di oggi, qualcuno era riuscito a far
giungere al padrone delle lamentele accusando l’amministratore di rovinare la
proprietà o di esagerare negli imbrogli.
Ma vediamo ora chi
sono i personaggi di questa parabola. Sapete bene che la parabola è una storia,
il più verosimile possibile, ma inventata per ricavarne degli insegnamenti,
allora il ruolo dei personaggi oltra a quanto descritto nella storia stessa
rappresentano il nucleo dell’insegnamento di Gesù. Prima di tutto abbiamo un
uomo ricco, il padrone. Esso è chiamato ben 4 volte “Signore”, l’appellativo
usato per Dio; abbiamo poi un amministratore che senza dubbio nella storia vuol
rappresentare l’uomo. Dobbiamo metterci bene in testa che noi non siamo padroni
di nulla, siamo solo degli amministratori. Noi dobbiamo amministrare dei beni
che non sono nostri; persino la nostra vita e le nostre capacità non sono nostre
ma donate da Dio perché possiamo amministrarle da veri figli di Dio. Nel NT
spesso viene richiamata questa immagine per dirci che a noi è dato di gestire la
multiforme grazia di Dio. Di questa amministrazione il Signore ci chiederà
conto.
Noi, qui in terra
siamo dei pellegrini, siamo di passaggio; chi pensa di poter rimanervi per
sempre si costruisce dei palazzi che però sono destinati a perire. Vi ricordate
la parabola dell’uomo ricco nel giorno di un enorme raccolto? Egli pensava a
come godersi tutta quella fortuna per anni e invece il Signore gli chiede conto
della vita la notte stessa.
Abbiamo 3 scene:
La 1a
scena si svolge nella casa del padrone. L’uomo viene convocato e gli si chiede
di rendere conto del suo agire. Il giudizio è di condanna perché sa di aver
sperperato, cioè usato i beni nel modo sbagliato. Non si preoccupa neppure di
difendersi o di negare i fatti, ma pensa al suo futuro in cui i beni di prima
non ci saranno più. Ci sarà un momento anche nella nostra vita in cui tutti i
nostri beni, soldi, fama, carriera, casa, macchina, ecc. non avranno più il
loro valore. Non solo quando andremo di là, ma spesso anche da questa parte.
La 2a
scena è il soliloquio dell’amministratore. Questo soliloquio è considerato
saggio da Gesù.
Punto centrale è la
domanda: “cosa farò?” Per amministrare bene quello che abbiamo dobbiamo partire
da questa domanda: “come devo comportarmi pensando che ad un certo momento
questi beni non li avrò più?”
Lui conosce bene la
fatica dei suoi braccianti, non se la sente di lavorare, ha pure un onore da
difendere, cosa fare? “Cosa devo fare perché, quando non avrò più i beni, io
venga accolto nelle case di coloro che ho beneficato?” Avrebbe potuto
accumulare fino all’ultimo e andarsene con le tasche piene, ma prima o poi
tutto sparisce, le cose decadono, ci sono i ladri, ecc. Non serve rubare ancora
un po’. Scarta quindi questa ipotesi e
decide: mi faccio degli amici. In futuro i beni non conteranno, ma gli amici
sì.
3a scena.
Siamo nel suo posto di lavoro e lì convoca i suoi debitori. Va chiarito che lui
non sta rubando al padrone, ma impiega i beni che lui ha a disposizione per
farsi degli amici. Sicuramente il dovuto al padrone era 50 e lui ne aveva
aggiunti altri 50 per il suo guadagno personale, chiaramente troppo. Allora fa
cancellare tutta la sua parte così da riguadagnare la simpatia dei debitori e
anche la pietà del padrone, cioè non trattiene la sua commissione, la sua
parte, ma la consegna a coloro che vuole diventino suoi amici. Gesù elogia
questa scelta.
Gesù elogia
l’amministratore che era stato disonesto (cioè aveva fatto scelte sbagliate
sull’utilizzo dei beni), perché ora ha scelto di giocarsi il futuro non sulle
cose materiali ma sull’amicizia.
“I figli di questo
mondo sono più scaltri dei figli della luce”. È una constatazione che Gesù fa.
Chi non segue i principi evangelici può agire senza scrupoli, i discepoli di Cristo,
invece, che seguono altri principi in cui sono vietati i sotterfugi e imbrogli,
umanamente parlando hanno molte più limitazioni.
Seguono 4
dichiarazioni: “Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta”. In cosa
consiste lasciarsi salvare da Cristo? Vedere le cose di questo mondo come cose
che spariscono, e allora usarle come opportunità per costruire amore perché è
la sola cosa che rimane. “Fissa bene le ricchezze che hai perché se non le
trasformi in amore non ti rimane nulla”.
Perché la chiama “ricchezza
ingiusta”? Non è che Gesù disprezzi le cose materiali, ma quando si hanno tra
le mani, è forte la tentazione di considerarle e usarle solo per sé, allora
diventano ingiuste perché erano state create per altri scopi.
2o dichiarazione:
“chi è fedele in cose da poco è fedele anche in tanto”: quello che amministriamo di qui è molto poco
in paragone alla ricchezza vera che Dio ci dà, l’essere suoi figli ma se siamo veri figli dobbiamo agire nel modo
giusto.
3o dichiarazione:
“se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?” La
ricchezza che abbiamo tra le mani non è nostra, è per gli altri, la nostra è la
figliolanza divina che ci è data da Gesù.
4o dichiarazione:
“non si possono servire due padroni Dio e la ricchezza”, perché esse seguono
due logiche di vita diverse. Bisogna scegliere su quale delle due logiche
vogliamo impostare la vita.
Quindi,
ricapitolando, il punto centrale del discorso di Gesù è l’uso del creato e
specialmente dei beni materiali. Essi sono necessari per vivere e oggi ancor
più che ai tempi di Gesù, però essi portano dentro di sé un grande pericolo che
è quello di suscitare in noi cupidigia e dipendenza. Lo sperimentiamo ogni
giorno e vediamo che più si ha più si vorrebbe avere e ci si mette in
situazioni rischiose pur di avere. Spesso ci rimettono le amicizie, la
famiglia, la salute e, alle volte, i soldi stessi. Lo abbiamo visto nella
parabola del figlio prodigo che attratto dall’idea di avere in mano i suoi
soldi e di poter godersi la vita rompe con la famiglia e va a sperperare tutto.
L’amministratore del vangelo ha saputo accorgersi che stava per perdere tutto e
si è dato da fare rinunciando ai facili guadagni per riacquistarsi le relazioni
necessarie per sopravvivere. Noi dobbiamo utilizzare le ricchezze, anche le
nostre doti, in modo onesto, cioè guardando ai valori veri e utilizzandole per
ottenere quelle cose spirituali che garantiscono la vicinanza con Dio. Qui si
può parlare della solidarietà, dell’educazione, della costruzione di strutture
a favore dei più bisognosi, ma si parla anche di provvedere a tutte quelle
necessità personali che ci garantiscano una vita dignitosa in cui noi possiamo
dare importanza più ai rapporti umani che alla soddisfazione dei nostri
desideri. Le cose materiali, sono create
da Dio e vanno usate secondo il piano di amore di Dio che mette davanti a tutto
la dignità dell’uomo.
E noi in che
rapporto siamo con le cose? Esistono delle cose di cui siamo diventati schiavi,
delle cose che sono più importanti delle persone che ci stanno attorno? Delle
cose che hanno causato divisioni o liti in famiglia? Come vuole Dio che noi
utilizziamo queste particolari cose?