Che c'è di male ad essere ricchi?
Che c’è di male ad essere ricchi? (Lc 16,19-31)
Questa è una parabola molto
delicata perché si presta a molte interpretazioni dal colorito politico e
quindi potrebbe essere utilizzata in modo sbagliato. Io cercherò di attenermi
al testo.
Qual è il senso della
ricchezza? La maggior parte delle persone, oggi direbbe che uno può
accumulare beni fin che vuole e fare quello che vuole di tutte le sue
ricchezze, basta che poi si ricordi di aiutare con la carità chi invece non è
riuscito ad accumulare niente. Secondo questa interpretazione il ricco epulone
avrebbe fatto solo un peccato di omissione, cioè di non aver aiutato Lazzaro.
Che cosa dice Gesù al riguardo?
Già domenica scorsa, nella parabola dell’amministratore, ci aveva indicato un
uso diverso dei beni materiali. Oggi continua l’argomento e, come al solito, lo
fa servendosi di una parabola, perché alla fine delle discussioni ognuno se ne
torna a casa arroccato ancora di più alle sue idee, mentre la parabola è uno
strumento pedagogico molto efficiente perché obbliga tutti a riflettere.
Il messaggio della parabola
di oggi è molto più provocatorio di quello che si pensa di solito. Il famoso
dottore e musicista Albert Schweitzer, leggendo questa parabola, vide in
Lazzaro l’Africa che bussava alle porte dell’Europa e lasciò tutto per recarsi
là.
Il primo personaggio che
incontriamo è l’uomo ricco. Non ha un nome proprio, è semplicemente “ricco”. Noi
lo chiamiamo Epulone, ma questo non è il suo nome, è un aggettivo che gli
abbiamo dato noi da “Epulum” che in latino vuol dire banchetto. Non si parla di
alcun peccato, non si dice che rubasse o fosse disonesto. Forse andava anche
alla sinagoga, pregava, eccetera. Nemmeno Abramo gli rinfaccia niente, dice
solo “tu sei stato ricco in terra, ora le cose vanno diversamente”.
Probabilmente era
semplicemente un uomo furbo, capace, aveva saputo investire bene i suoi beni e,
secondo la mentalità del tempo, tutti di sicuro lo chiamavano “benedetto da Dio”.
Era vestito di porpora,
rosso. La porpora era la ricchezza di Tiro e Sidone e vestiti così costavano
molto. Il vestito indica il modo in cui vogliamo apparire agli occhi degli
altri, come vogliamo essere considerati. Nell’AT il vestito è sempre una
metafora dell’atteggiamento morale della persona. Anche il NT ha molte
espressioni simili: “Rivestitevi di virtù”, “rivestitevi di Cristo”.
Costui era vestito di
effimero, di cose che nel futuro marciranno, non rimarrà nulla. Se a questo
uomo si toglie la ricchezza, cosa rimane? Non rimane nemmeno il nome, come se
non esistesse.
Quale vestito noi
apprezziamo?
Di che cosa si riempie
quest’uomo? Si ingozza di cibi splendidi. Sembra che viva per mangiare, per
ingozzarsi. Gesù partecipa spesso a banchetti ma non come luogo dove ci si
ingozza ma come luogo dove parlare alla gente in maniera più famigliare. Lui
propone un banchetto dove il padrone è Dio.
Allora, ricapitolando, il
nostro “ricco” è una persona che non sta facendo nulla di male.
Il 2° personaggio, Lazzaro.
Ha un nome che significa “il mio Dio è un aiuto”. Solitamente noi conosciamo
per nome le persone famose, i ricchi, i potenti; i poveri sono ignoti, sono solo
dei numeri. Nella parabola di Gesù è solo il povero ad avere il nome ed è un
nome che testimonia la vicinanza di Dio.
Che cosa faceva? Stava alla
porta e si accontentava della mollica del pane. A quei tempi non esistevano
forchette e coltelli, si mangiava con le mani, allora, per togliere l’unto o lo
sporco dalle mani si usava la mollica del pane che poi veniva gettata ai cani.
Lazzaro si ciba di questo, proprio come i cani.
Cosa ha fatto Lazzaro di
bene? Non ne sappiamo nulla, sappiamo solo che è povero. Può darsi che fosse
così perché sfortunato, o malato, o magari anche per colpa sua, qualche errore.
Il 3° personaggio è Dio.
Non appare direttamente ma il suo pensiero ci è riferito da Abramo. Questi essendo
il Padre del popolo Ebreo è la bocca più autorevole per conoscere cosa è giusto
o no. Cosa ne pensa Dio di questa situazione, che è quella anche di oggi, dove
l’1% delle persone possiede più ricchezze del 99%?
Presto o tardi arriva il
momento in cui tutte le feste finiscono. Lo abbiamo detto nella parabola
dell’amministratore disonesto, ma ricordate anche la parabola del ricco che,
dopo un raccolto eccezionale, vuole costruire nuovi magazzini per godersi una lunga
vita di abbondanza. La parabola di oggi dice che questo uomo è finito tra i
tormenti; non ci dice il perché; nel racconto ci sono però dei dettagli
impressionanti. È l’unica volta che Gesù parla degli inferi con i tormenti. Nell’antichità
gli orientali non credevano nella vita
futura, solo a partire dal 1° libro di Enoch, circa 200 anni prima di Cristo,
si comincia a pensare a un inferno dove finiranno i malvagi. Il libro ha delle descrizioni terribili delle pene
inflitte. Si comincia allora anche a credere alla resurrezione dei giusti. Ai
tempi di Gesù la cosa era ancora dibattuta per capire in cosa consistesse questa
vita futura. Gesù sta raccontando una parabola cioè una storia con un
significato, i dettagli non sono informazioni su come avverranno le cose ma
immagini per farci riflettere sull’argomento del giorno che oggi è l’uso della
ricchezza.
“Il ricco apre gli occhi”,
finalmente! Non li aveva mai aperti prima e non aveva mai visto il povero, lo
vede ora, ma è troppo tardi. Domenica scorso abbiamo detto che l’amministratore
era stato lodato perché non aveva voluto puntare il suo futuro sui beni, ma
sull’amicizia. Se il ricco di oggi non avesse tenuto per sé i beni, ma li
avesse consegnati a Lazzaro, ora sarebbe stato accolto da Lui.
“Ora c’è un abisso tra te e
Lazzaro”. C’era già sulla terra ma ora non può più essere colmato. Anche oggi
ci sono molti abissi nella società tra ricchi e poveri, giovani e vecchi,
industriali e gente senza lavoro, sani e malati, eccetera. Questo abisso deve
essere colmato di qui perché i beni di Dio sono, non solo sufficienti, ma addirittura
abbondanti, ma devono essere usati per colmare gli abissi.
Il messaggio della parabola
di oggi non è una raccomandazione a fare l’elemosina, ma ci dice che Dio non
sopporta che ci siano questi abissi. Non è un male che tu sia ricco, il male è
che tu non ti sforzi di colmare questi abissi.
Purtroppo sappiamo bene che
le leggi del mercato di oggi non ci lasciano spazi per la negoziazione su come
utilizzare questi, e il banchetto di Dio dove tutti possono partecipare e fare
festa, finisce.
Abramo si presenta come uno
senza cuore. Il ricco chiede di inviare Lazzaro a parlare ai suoi 5 fratelli.
Essi sono tutto il popolo di Israele che era rappresentato dai 5 libri della
Torah. Abramo nega il permesso.
L’istinto non ci porta a
donare, ma a trattenere; cosa ci può curare? Il ricco pensa che basterebbe un
miracolo (come far passare il cammello per la cruna di un ago). Abramo dice: un
miracolo non serve, neppure un’apparizione, ma la Parola di Dio. È la parola di
Dio che ci può far capire che destinazione hanno i beni della terra. Prendiamo
ad esempio Is. 58, lettura che facciamo tutti gli anni all’inizio della
Quaresima. Essa, parlando di digiuno, ci dice chiaramente che per Dio il vero
digiuno è dare il pane agli affamati, ecc. queste persone bisognose sono tua
stessa carne, tuoi fratelli.
Non è facile essere
Cristiani e, se siamo coerenti, ci viene richiesto di andare contro la
mentalità della stragrande maggioranza di chi ci sta attorno, ma soprattutto ci
viene chiesto di andare contro le pulsioni interiori che ciascuno di noi ha di
fronte alle cose. Cominciamo, almeno, ad aprire gli occhi per vedere chi ci sta
attorno come li vede Dio.