Lo stile del Cristiano


L’umiltà è il vero stile del Cristiano. Lc 14:1. 7-14

Da un po’ di tempo stiamo seguendo il modo “nuovo” di pensare di Gesù e stiamo imparando ad applicarlo alla nostra vita. Il suo è uno stile di vita impegnativo, esigente, che domenica scorsa abbiamo chiamato “sforzarsi di passare per la porta stretta”.
Oggi Gesù ci dà un altro insegnamento che ci permette di proseguire sulla via della conversione, e lo fa in un contesto a Lui molto famigliare, quello di un banchetto. Gesù accettava inviti a tavola da tutti, pubblicani o Farisei e ne approfittava sempre per insegnare o provocare una riflessione. Se abbiamo un tema importante noi lo affronteremmo in una predica o in una conferenza, Lui lo fa nei momenti comuni della vita.
Il sedersi a tavola è sempre un momento che indica amicizia, famigliarità; di solito si invitano le persone con cui abbiamo piacere di spendere un po’ di tempo. Allora per garantire il successo di tali momenti, al tempo di Gesù, c’era una serie di regole su come comportarsi, su che posti prendere e persino su quali categorie di persone si potevano invitare allo stesso banchetto. Erano norme molto belle e interessanti. Se qualcuno fosse interessato ne può trovare degli esempi ai capitoli 31 e 32 del libro del Siracide.
Uno dei problemi principali affrontati da tale “galateo” era quello del posto a tavola, sapendo bene che chi si mette ai primi posti ha la scelta migliore dei cibi, quindi al centro stava il padrone di casa, poi al suo fianco gli invitati speciali, i capi politici o religiosi, poi i ricchi e via via giù nelle classi sociali inferiori. Oggi abbiamo Gesù che è invitato da uno dei capi dei Farisei e possiamo pensare che Gesù era lì al suo fianco.
C’è scritto che “stavano ad osservare”. Gli invitati si tenevano d’occhio l’un l’altro, si studiavano nel comportamento. Conoscendo la diffidenza che normalmente i Farisei avevano verso Gesù non c’è da stupirsi che lo tengano d’occhio. Essi sanno che Gesù era un tipo un po’ speciale, non amante delle molte regole di purificazione che loro facevano, e probabilmente volevano anche controllare gli argomenti che lui avrebbe tirato fuori, pronti a contraddirlo se iniziava a parlare di cose un po’ pericolose.
Ebbene oggi Gesù, vedendo la decadenza del modo di vivere dei suoi contemporanei, decadenza dettata dal desiderio di farsi vedere, di sentirsi apprezzati, di emergere di fronte alla massa, critica proprio la serie di norme del loro galateo e parla delle norme di “un altro banchetto”, un po’ speciale, il banchetto dei suoi seguaci. Gesù nota che qui si scelgono i primi posti. Forse in quell’occasione era difficile scegliere i posti perché sono già fissati. Però sicuramente tra i cristiani, già nei primi secoli, si sentiva forte la pulsione di ricercare i primi posti. È una tentazione comune a tutti gli uomini, quella di voler sentirsi apprezzati per quello che siamo e abbiamo. Il mondo ci dice: “devi emergere, la vita è una gara olimpica, devi vincere”. Sì ma vince solo uno e gli altri 99? Questa logica introduce l’esclusione; il nostro emergere, automaticamente abbassa gli altri. È naturale e sembra inevitabile, cerchiamo in esso un modo di dire a noi stessi “tu vali, tu sei capace e lo si vede perché sei meglio degli altri”. Persino nelle famiglie capita spesso di cercare di farsi servire, e questo crea divisioni e la perdita dell’amore. Anche nella Chiesa sono sorti tanti problemi nella ricerca delle precedenze, dei posti chiave. Non solo nelle gerarchie ma anche nelle semplici parrocchie, comunità, quante gelosie sorgono nel ritagliarsi il proprio spazio, incarico e guai a chi invade il mio spazio.
Il seguace di Cristo deve dire che il nostro valore viene dal riconoscere che siamo preziosi perché siamo sul palmo della mano di Dio, ognuno di noi è speciale perché ciascuno di noi, per Dio, è prezioso e speciale. Gesù ce lo spiega in questo modo: quando sei invitato, ricordati che non sei padrone, ma invitato da Dio a far parte della comunità cristiana. Stai attento che se scegli i primi posti, alla fine sarai umiliato. Sentirsi dire scendi più giù è una vergogna, una sconfitta, mentre sentirsi chiamare più su ci dà onore.
Qui subentra il discorso dell’umiltà, virtù molto preziosa ma spesso incompresa. Una volta ci insegnavano che umiltà voleva dire disprezzare noi stessi e le doti che abbiamo. Questo è sbagliato perché esse sono doni di Dio. Noi dobbiamo essere coscienti dei nostri doni per poterli mettere sempre a servizio degli altri. Ciò che ci rende liberi è non essere condizionati dal giudizio degli altri, tu hai bisogno di scoprire te stesso, quello che hai per poter aiutare gli altri a nome di Dio. La nostra importanza non è dettata dalla logica del mondo ma dalla logica di Dio, che non ha bisogno di posizioni speciali. Quindi mettersi all’ultimo posto è mettersi nella posizione del servo, e quello è il posto scelto da Dio. Siamo noi con la nostra mente che poniamo Dio in alto, Gesù si presenta come servo.
Un altro sbaglio che spesso si fa è quello di confondere l’umiltà con la depressione. L’umiltà non ha niente a che fare con la depressione, la radice di umiltà è l’humus il terreno fecondo. Le nostre debolezze, il nostro metterci al servizio sono il terreno fecondo della grazia di Dio per fiorire in opere grandi.
Come fare a sviluppare questa virtù così importante? Riporto qui le parole di un maestro di ascesi cristiana: “I grandi maestri dicono che sarebbe meglio non darsi subito come obiettivo l’umiltà. Fissare questo obiettivo fin dall’inizio, significa scivolare impercettibilmente verso una sottile “sufficienza”. Ciò può portare in seguito ad una eccessiva considerazione di se stessi, mentre l’umiltà consiste essenzialmente nel volgere il proprio sguardo al di fuori di se stessi, verso Gesù e verso le grandi realtà della fede, come la grandezza di Dio e la piccolezza dell’uomo, l’eternità e la limitatezza del tempo, la speranza del paradiso e la minaccia proveniente dalle nostre debolezze, la bellezza della santità e l’orrore del peccato.
Chi si umilia sarà esaltato”. Per diventare umili, bisogna cominciare ad amare. È quello che ha fatto Gesù. L’amore misericordioso l’ha fatto scendere dal cielo. L’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina. L’amore l’ha condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha portato, senza indugi, alla sua meta, il Calvario, dove “umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).
L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina e il suo accompagnatore esterno. L’umiltà è stata un atteggiamento proprio della santa Madre che, per la sua purezza, fu a Dio gradita e, per la sua umiltà, attirò Dio a sé, perché Dio “resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia” (Gc 4,6). Maria era umile perché amava la volontà di Dio e delle persone che erano intorno a lei”.
È interessante vedere che quando ci mettiamo al posto del servo, il padrone verrà e ci dirà “amico”. Bello, siamo amici di Dio quando sappiamo metterci al posto del servo. Dio essendo amore non può che avere il posto del servo.
Per verificare la nostra attitudine da servi basta chiederci: Chi sono i nostri invitati? Quali sono i nostri criteri nel preparare il banchetto, cioè il modo di incontrarci nelle comunità cristiane? I nostri amici sono coloro che poi potranno farmi dei favori, chi può ricambiare, chi ha legami con me?
Gesù ora ci dice: inizia un modo diverso di organizzare il banchetto nuovo. Quando tu offri o chiami a un banchetto, invita gli storpi, gli zoppi e i ciechi. Invita le persone che sono in attesa di ricevere quei doni che tu hai e che devono essere donati a loro. La vera ricchezza è quella che deve essere consegnata ai poveri. La caratteristica del galateo di Gesù è la gratuità e l’attenzione verso chi ha bisogno. Nelle nostre comunità ci sono molti che non riescono a stare in piedi a causa delle loro debolezze, anche morali; queste sono le persone che devono essere aiutate da te per stare in piedi. Nel tempo di Gesù gli zoppi non erano ammessi ad entrare nel tempio e nelle sinagoghe perché di fronte alla santità di Dio solo chi era perfetto poteva essere ammesso. Bene, ora, nella logica di Gesù gli storpi diventano i preferiti di Dio.
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Per mettere in pratica questa frase del Vangelo dovremmo darci come obiettivo la carità primordiale del Vangelo e cercare di servire tutti quelli che incontriamo. Ogni persona è nostro Signore, e in ognuna di esse noi abbiamo il privilegio di servire Gesù.

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