Alberi a testa in giù

Siamo alberi a testa in giù. Lc 12,32-48
“Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Testo complicato quello che Luca ci propone oggi.
Nelle scorse due domeniche Gesù ci aveva raccomandato di distaccarci dalle cose materiali; ricordate il ricco stolto che aveva accumulato beni? Il vangelo di oggi prosegue su questo tema, ma Gesù sa che è un argomento difficile da accettare, che i discepoli hanno paura di soffrire, che è difficile fidarsi, specie considerando che la maggioranza della gente la pensa in modo diverso. Allora inizia il suo discorso dicendo: “non temere piccolo gregge”. Gesù chiama i suoi discepoli “piccolo gregge”. Il gruppo dei dodici, se paragonato alle folle che animavano le piazze di quel tempo, sono una realtà piccola ma che ha le caratteristiche del seme. Quando abbiamo il coraggio di seguire le esigenze di Gesù avremo tutti contro,  perché il mondo ragiona in un altro modo. Il gregge è piccolo ma ha la potenza di svilupparsi e far nascere un grande albero. Anche noi oggi, nella gran confusione di idee, di “esperti e sapienti” che sanno tutto su tutto e su tutti, che si spacciano per salvatori o giudici del mondo, spesso ci sentiamo persi, una piccola realtà incapace di difendere i principi con i quali siamo cresciuti.
“Non temere!”. Vorrei sottolineare di nuovo questa parola. È una parola importante nella bibbia. Sarà un puro caso, ma essa ritorna 365 volte quasi come volesse dire che ogni giorno, sempre, dobbiamo avere questa certezza: Dio è con noi e ci protegge, ci fa portare frutto.
Noi, più siamo piccoli e più abbiamo paura, più siamo deboli e più ci nascondiamo, dimentichiamo che Dio esiste.
Gesù ci dice: non temere quando sei piccolo perché porti in te la potenza del seme, sei destinato a diventare un albero. Abbiamo in noi una grande potenza che aspetta di germogliare, ma lo potrà fare solo se pone radici sicure nel terreno giusto. E qual’è questo terreno? Non la terra ma il cielo: “un tesoro sicuro nei cieli”. Un albero a testa in giù? Sì il nostro è un albero che deve crescere a testa in giù. “Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Un albero a testa in giù perché in cielo tutto funziona al contrario: i piccoli sono i forti, i grandi
sono deboli; i poveri sono padroni e i ricchi se ne stanno fuori a battere i denti. Ecco perché Gesù ci dice di accumulare tesori in cielo. E come si fa ad accumulare questi tesori? Come  si fa a investire in cielo? Gesù dice con la “Sadaka”. La Sadaka è quello che oggi traduciamo con elemosina, e in effetti questo è ciò che facevano e ancora fanno gli Ebrei, ma la parola in sè vuol dire giustizia. Per Gesù e per la religione ebraica fare l'elemosina era un atto di giustizia, cioè usare i beni per lo scopo per cui Dio li ha creati, cioè provvedere che tutti abbiano il necessario.
Abbiamo detto che nel regno di Dio tutto funziona al contrario, vero? Quindi per accumulare bisogna dare via anche quel poco che si possiede.
Ma questo modo speciale di vivere funziona solo in cielo? E quando sarà il momento in cui inizia? Gesù ce lo spiega con tre parabole. Nella prima c’è una casa piena di servi, e senza il padrone. Nel regno di Dio siamo tutti servi. Gesù ci dice siate pronti come servi vigilanti in attesa del ritorno del padrone. La vigilanza richiesta a quei servi è quella di essere già attivi, di portare avanti le cose come se il padrone fosse già presente. Il regno di Dio a cui siamo tutti invitati a partecipare è già attivo tra di noi. Lo godremo in pieno solo quando andremo di là, ma possiamo già pregustarlo oggi, a patto che già da oggi viviamo secondo le regole dell’al di là. Io non so quando morirò, però se vivo con fede, quel momento non farà alcuna differenza perché io la beatitudine la sto già vivendo di qua. L’essere preparati non è quindi un fare penitenza per poter cominciare ad essere felici dopo la morte, ma è un essere felici già oggi perché Cristo già vive in mezzo a noi. Allora perché la parabola dice: “Quando il padrone arriverà”? Perché quando il povero bussa alla nostra porta, è lui che arriva, anche se non lo riconosciamo. Ricordate la parabola del giudizio finale? “Quando avete fatto queste cose al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”. Gesù si mostra presente nelle persone che ci stanno attorno, nonostante le loro mancanze e debolezze, già governa questo mondo, nonostante che noi poniamo tanti ostacoli. E quando arriva e lo accogliamo ci guadagnamo perché è Lui che ci serve.
La seconda parabola usa una figura strana per parlare di Dio, lo paragona a un ladro. Questa figura la ritroviamo sia in Paolo che in Pietro,  nelle lettere e anche nell’Apocalisse. Come un ladro, Dio ci porta via le cose materiali, non per farci del male ma per salvarci. Aiutando il povero è chiaro che le mie risorse materiali diminuiscono, ma il mio “tesoro” cresce.
La terza parabola parla dei preti e mi vergogno un po’ a presentarla. Pietro chiede: chi deve seguire questo insegnamento? Naturalmente esso è per tutti. Però ci sono alcuni che sono stati scelti per essere amministratori (non padroni) di tale stile di vita. L’amministratore deve essere un servo tra i servi e usare la sua posizione per far crescere i fratelli. Chi abusa del suo potere e della sua posizione per interessi personali sarà “tagliato fuori” dal Regno. La parola non è “punire” ma tagliare fuori. Dio non punisce nessuno, ma queste persone si mettono fuori dalla logica del Regno e quindi dai suoi benefici. Noi preti dobbiamo meditare sempre sulla scelta che abbiamo fatto e su che regno stiamo servendo.

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