La povertà:stoltezza o profezia?


Incontro carismatico con i giovani del Teologico Don Orione di Roma
24 Marzo 2018

Aspetto profetico del nostro voto di Povertà.
Fare un discorso sulla povertà è sempre difficile, perché è facile cadere nella retorica, in argomenti che toccano solo l’intelligenza o che toccano solo il sentimento, e poi perdersi in tanti piccoli dettagli tipo: che tipo di macchina? Che tipo di computer, cellulare? Viaggiare? Quanto? Cinema, ristorante. Tutte queste sono cose concrete, vere, ma capite che se non si pongono delle basi solide e precise è poi facile cadere in lassismo o esagerazione.
Dobbiamo quindi mettere in chiaro alcuni punti:
  • Significato della vita religiosa nel mondo di oggi
  • valore specifico del voto di povertà
  • connessione voti e apostolato
Significato della vita religiosa nel mondo oggi.
Inizio con il sottolineare che il consiglio evangelico di povertà è per tutti i Cristiani, i religiosi lo trasformano in voto per viverlo in modo più radicale. Ecco perché parto dal definire la vita religiosa.
Mi rifaccio al documento Vita Consecrata (1) che sottolinea bene alcuni punti essenziali:
La vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. Con la professione dei consigli evangelici "i tratti caratteristici di Gesù" - vergine, povero ed obbediente - "acquistano una tipica e permanente " visibilità " in mezzo al mondo", e lo sguardo dei fedeli è richiamato verso quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli.
Vediamo chiaramente:
origine remota: Dio;
origine prossima: esempio e insegnamenti di Cristo;
Destinazione: la Chiesa;
Attore principale: Lo Spirito Santo;
Scopo: mostrare al mondo, attraverso i voti, il volto di Cristo e attrarre i fedeli al mistero del Regno dei cieli.
Quindi non c’è alcun spazio per il protagonismo, per piani personali, siamo nati con una missione ben specifica che ci inserisce nel grande piano di Salvezza di Dio.
Prima di introdurre il discorso sui 3 voti lo stesso documento presentava un’analisi della società moderna (87), che secondo lui è affetta da 3 grandi visioni e pensieri errati (che lui chiama provocazioni) che la stanno lentamente distruggendo. Esse sono:
1 - "cultura edonistica" che svincola la sessualità da ogni norma morale oggettiva, riducendola spesso a gioco e a consumo, e indulgendo con la complicità dei mezzi di comunicazione sociale a una sorta di idolatria dell'istinto.
2 - 'materialismo avido di possesso', disattento verso le esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni considerazione per lo stesso equilibrio delle risorse naturali.
3 – la terza proviene da quelle "concezioni della libertà" che sottraggono questa fondamentale prerogativa umana al suo costitutivo rapporto con la verità e con la norma morale.
Valore specifico del voto di povertà.
Riprendo il documento Vita Consecrata 90:
In realtà, prima ancora di essere un servizio per i poveri, 'la povertà evangelica è un valore in se stessa', in quanto richiama la prima delle Beatitudini nell'imitazione di Cristo povero. Il suo primo senso, infatti, è testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per questo essa contesta con forza l'idolatria di mammona, proponendosi come appello profetico nei confronti di una società che, in tante parti del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e il significato stesso delle cose. Per questo, oggi più che in altre epoche, il suo richiamo trova attenzione anche tra coloro che, consci della limitatezza delle risorse del pianeta, invocano il rispetto e la salvaguardia del creato mediante la riduzione dei consumi, la sobrietà, l'imposizione di un doveroso freno ai propri desideri.
Alle persone consacrate è chiesta dunque una rinnovata e vigorosa testimonianza evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di vita fraterna ispirata a criteri di semplicità e di ospitalità, anche come esempio per quanti rimangono indifferenti di fronte alle necessità del prossimo. Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente 'all'amore preferenziale per i poveri' e si manifesterà in modo speciale nella condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati. Non sono poche le comunità che vivono e operano tra i poveri e gli emarginati, ne abbracciano la condizione e ne condividono le sofferenze, i problemi e i pericoli.
Come vedete anche qui si parte dalla testimonianza della vita e degli insegnamenti di Cristo.
Adesso vedremo meglio il suo valore.

Connessione voti-apostolato.
L’apostolato non è curare un malato o insegnare un ignorante. Questi sono strumenti dell'apostolato, non il fine. Quello che ci viene chiesto dai documenti della Chiesa è testimoniare l’amore di Dio, portare le persone ad avere un’esperienza di Dio, del suo amore, della sua Provvidenza.
Il successo non dipende dell'efficienza degli strumenti ma dall'abilità dell'operaio. È Dio che salva non le nostre scuole o i nostri ospedali. È l'incontro con Dio che salva, non le nostre prediche e le nostre catechesi. Dobbiamo avere molto chiara questa idea: il successo del nostro apostolato non ha niente a che vedere con l'efficienza delle nostre opere. L’efficacia del nostro essere religiosi e del nostro lavorare nell’apostolato non dipende dall’efficienza del nostro lavoro ma dalla sua profezia, cioè dal suo provocare il mondo a un cambiamento di mentalità per conformarsi al piano originale di Dio e dal suo farci fare una genuina esperienza di Dio.
Perché dico tutto questo? Perché tutti i discorsi sulla povertà concreta cioè: “posso comprare questo o quello? Che modello comprare? ecc. vengono fatti con l'argomento di: servono per l'apostolato, rendono le mie catechesi più efficienti, si danno lezioni migliori a scuola, si viaggia meglio quindi si arriva più riposati e di può lavorare di più. Tutto vero ma tutto umano. La vera domanda dovrebbe essere: chi incontro nell'apostolato, o meglio ancora, chiunque incontro fa un'esperienza di Dio più vera, più profonda, o meno. Attenzione che non ho detto riceve una lezione su Dio più erudita o meno, ma ho detto fa un'esperienza dell'amore di Dio. L’efficientismo e il comodismo sono la rovina della vita religiosa se analizzata dal punto di vista del voto di povertà. Qualcuno, specie in paesi che stanno affacciandosi ora a uno standard alto di efficienza, comincia a chiedersi se per caso i nostri mezzi davvero aiutino a raggiungere lo scopo o se invece, a volte, pregiudichino tale raggiungimento. Che succede se un malato viene nei nostri ospedali, riceve le medicine migliori, guarisce perfettamente ma ha vissuto per giorni circondato da freddezza, efficienza ma senza una parola di fede, senza alcuno che lo aiutasse a riflettere sul valore salvifico del suo dolore. Per l’efficienza di un ospedale, che differenza fa se all'entrata c'era una statua di Gesù o di Stalin o una foto di Trump?
Nei documenti della Chiesa non c'è scritto da nessuna parte che Dio creò la vita religiosa cosicché in Italia ci fossero ospedali all'ultimo grido, scuole o università all’avanguardia. Senza contare poi che al giorno d’oggi in molti paesi, e spero presto in tutti i paesi, lo stato riesce a provvedere servizi funzionanti, e spesso, data la quantità di denaro che può immettervi, molto meglio attrezzati che i nostri. Allora dove sta il nostro apostolato?
In molti paesi, tra cui l’Italia, si sente il peso di opere grandi che in passato avevano fatto tanto bene ma ora sono ingovernabili dal punto di vista economico. Si parla allora di creare strutture semplici, snelle, facili da mettere su ed eventualmente abbandonare senza grandi spese, ma capite che se il ragionamento è solo quello economico, ancora una volta facciamo lo sbaglio di limitarci a discorsi umani che senza la base teologica evangelica di cui abbiamo parlato sopra, rischiano di moltiplicare gli errori.



Profezia.
Cos’è la profezia del voto di povertà? Profezia vuol dire parlare a nome di Dio; allora guardiamo a Cristo. Egli da onnipotente che era si è fatto uomo, cioè povero, incapace di parlare, si è messo nelle mani di uomini perché lo proteggessero, lo istruissero, si è legato a 30 anni di inattività per prepararsi, si è messo in cammino, è andato a incontrare la gente, ha curato chi doveva curare, ha annunciato, ha lottato contro la mentalità errata del tempo.
Permettetemi una piccola divagazione evangelica: vorrei fare una lettura particolare delle tre tentazioni di Gesù nel deserto: tu sei Figlio di Dio, sai fare i miracoli, hai fame, cambia le pietre in pane e mangia. Questo è l’efficientismo. Che c’è di male in tutto questo? Che le doti, i doni che Dio ci dà non sono per soddisfare i nostri bisogni ma per aiutare la gente. Quindi lui non crea pane per se stesso ma più avanti creerà pane per 5000 persone. “Ti darò potere su tutti i domini della terra”. Che c’è di male in questo? Se hai il potere poi la gente ti obbedisce, fa quello che vuoi quindi li puoi portare più facilmente a Dio. Ma Gesù non accetta il potere, si fa servo della gente, lava i piedi e viene incoronato “re dei Giudei” subito prima di essere messo in croce. “Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me”. “Gettati dal pinnacolo del tempio perché gli angeli ti salvino”. Al tempio, la zona più popolata, dove la gente è lì perché crede, vedere un miracolo del genere gli avrebbe dato una popolarità indiscutibile e quindi una forza alle sue parole impareggiabile. Che c’è di male in questo? Eppure Gesù non accetta, anzi sfugge la popolarità. Quando fa un miracolo poi dice alla persona: “non dirlo a nessuno”. Quando vogliono farlo re lui sfugge. Quando gli apostoli gli parlano delle glorie del loro apostolato lui comincia a parlare della croce. La popolarità, la potenza, la ricchezza, la soddisfazione personale non entrano mai nel modo di vivere di Cristo. Chi vuol essere il primo si faccia servo di tutti. Volete farvi grandi, tornate ad essere bambini, inefficienti, incapaci di parlare,
incapaci di fare grandi progetti, dipendenti da papà, o meglio dalla provvidenza di Dio.
Il paradigma evangelico dell’apostolato e povertà? La moltiplicazione dei pani. C’è una necessità impellente, c’è l’incapacità dei discepoli a farvi fronte e la tentazione ad analizzare la situazione dal punto di vista dei soldi, c’è il contributo del povero con pane e pesce, c’è il miracolo di Gesù. Poche righe dopo c’è il primo annuncio della passione. Infine un tocco paolino: “E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. ” (1Cor 1,22-29).
Torniamo alla nostra profezia cioè al parlare per Cristo: noi ragioniamo come Dio? Agiamo come Cristo? Agiamo in modo che chi ci vede si senta provocato? si chieda il perché e si risponda: “perché lui ha seguito Cristo”? Mi chiedo: A cosa guarda la persona che si rivolge a noi? il più delle volte alla gente non interessa molto se siamo casti o no, basta che non facciamo abusi. Addirittura molti pensano che tutto sommato da qualche parte abbiamo un’amante, o magari siamo omosessuali, o impotenti, ma non gli interessa, basta che diamo loro quello di cui hanno bisogno. Ancor più la gente non dà importanza al fatto che non siamo obbedienti, anzi, spesso sono proprio i disobbedienti che li attirano perché sono più brillanti, sono più attivi e quindi meno docili ai superiori che di solito sono molto restrittivi. Quello che invece la gente non perdona al prete o al religioso è lo stile di vita comodo, ricco, alla moda, all’uso che fa col denaro delle collette. È chiaro che quando si è tra amici lodano il vostro cellulare ultimo modello, ma poi commentano, “anvedi il prete”. La gelosia per quello che un altro possiede, ha una forza tremenda nell’immagine che ci si fa delle persone, quindi molto spesso noi crediamo di fare colpo sulle persone per come ci presentiamo e non ci accorgiamo che in fondo stiamo distruggendo la fiducia che loro hanno in noi.

Come vivere la povertà?
Una prima risposta sintetica è: con la libertà dell’amore. Come il comandamento dell'amore anche il voto di povertà ha due direzioni una verticale cioè rapporto io-Dio, una orizzontale, che è seconda, ma simile alla prima perché in pratica ne è la traduzione e riguarda il rapporto io-l'altro.
Il Criterio è questo: nessuna cosa materiale deve diventare un ostacolo o ridurre in alcun modo il nostro amore per Dio, in ogni aspetto della vita (Cuore anima/mente forze), e lo stesso dicasi per il rapporto con gli altri: le cose materiali devono essere uno strumento per avvicinarci agli altri non per allontanarci o proteggerci da essi. Se una cosa qualsiasi diventa più importante della persona che ho di fronte, sto mancando al voto di povertà. Molto spesso le cose materiali che abbiamo servono a mettere noi stessi al centro, farci sentire importanti, sicuri, accettati, comodi; questo toglie spazio a Dio e agli altri, non da spazio all’amore, si trasforma in egoismo o come lo chiama il Papa: autoreferenzialità.
Vivere con più impegno la vita comunitaria che vuol dire la dipendenza ma anche il mettere in comune le cose. Più si rafforzano le cose in comune meno c’è bisogno di cose personali e più aumentano i legami tra di noi. Se poi, come sarebbe auspicabile, la comunità fa delle scelte di sobrietà esse vanno rispettate da tutti.

Altri aspetti della povertà
  1. La povertà come strumento per crescere nella fede (fiducia nella Divina Provvidenza):
Dice una vecchia preghiera del Talmud: YHWH non darmi né ricchezza né povertà ma solo quello di cui ho bisogno perché nella povertà non abbia a maledirti e nella ricchezza non abbia a dire: “E chi è Dio?”. Se Don Orione avesse avuto i nostri conti bancari e le nostre conoscenze amministrative, forse non avrebbe fatto tutto quello che è riuscito a fare.
  1. La povertà come purificazione e rafforzamento della nostra volontà (uscire dal comodo, dall’individualismo, dall’autoreferenzialità):
Vale qui il discorso che si può fare anche riguardo al valore salvifico della sofferenza, delle sconfitte, dall’imparare a fare le rinunce. Papa Francesco attribuisce spesso la crisi della vita religiosa, come quella della società in generale, all’autoreferenzialità che è diventata il motore di tutte le nostre scelte. Porre me stesso al centro e la soddisfazione dei miei bisogni come criterio di tutte le scelte è contro il vangelo che invece propone la filosofia del chicco di frumento. Come possiamo conciliare il voto di povertà con la ricerca di migliorare continuamente lo stile di vita, di ricercare più conforto, meno fatica, più salute?
  1. La povertà come vicinanza e accessibilità ai poveri:
I poveri ci vedono distanti e questo toglie loro molta fiducia in noi. Da una parte c’è chi si vergogna a venire a chiedere e questi di solito sono i veri poveri, dall’altra c’è chi ha la faccia più tosta e sa cogliere le occasioni, a questi non interessano i valori e i discorsi spirituali. In entrambe i casi la nostra ricchezza o superiorità è un ostacolo. Il mettersi al loro livello li fa sentire a loro agio e nella posizione migliore per valorizzare l’apporto che diamo loro, specialmente quello spirituale.
  1. La povertà come strumento di promozione umana e modo di evitare paternalismi:
Questo è la conseguenza di quello di prima. Quando ci si presenta come salvatori, e ancora più quando li si rende dipendenti da noi non li si aiuta a crescere. Il mettersi al loro livello li stimola a darsi da fare per la loro promozione umana, li rende più orgogliosi di se stessi, più fiduciosi nelle loro capacità, e quindi più infervorati a continuare  il cammino. Come si può fare una vera opzione preferenziale per i poveri a partire da una classe media che si distacca sempre di più dai poveri?
  1. La povertà come denuncia sociale e politica:
Legato a quanto detto sopra c’ è il discorso della denuncia sociale delle strutture che creano la miseria e la divisione tra le classi sociali dove sono sempre di meno gli straricchi che possiedono sempre di più, poi c’è una grande massa che oscilla tra benessere e malessere, in balia delle politiche dei ricchi, e un’altra massa che vive in miseria. Opzione per i poveri vuol dire non fare un apostolato per i poveri ma un apostolato a partire dai poveri.
Inoltre c’è la denuncia dell’uso indiscriminato delle risorse della terra, quello che Giovanni Paolo II ha detto nel numero 90 di VC citato sopra e Papa Francesco nell’enciclica Laudato sii.
  1. La povertà e il suo rapporto con le varie culture:
Questo è un argomento delicato dal triplice aspetto. Prima di tutto non è lo stesso parlare di voto di povertà in Africa o in America latina o qui in Italia, non è lo stesso per le condizioni di vita e non è lo stesso per la comprensione che la gente ne ha. Il segno è valido quando manda un messaggio inteso da chi lo vede. Ebbene il messaggio dato dalla povertà, almeno in passato, in Europa è sempre stato quello di avere di meno a livello personale, in America Latina è l’impegno sociale e spesso anche politico a favore dei poveri, in Asia è un abbracciare lo stile di vita dei poveri, in Africa il condividere le risorse materiali che si hanno. Quindi come insegnare a viverlo a seconda della cultura dove ci si inserisce?
Ma c’è anche l’aspetto di come insegnarlo a chi dovrà viverlo. Spesso facciamo dei seminari italiani in altri continenti semplicemente perché si prendono alla lettera le costituzioni.
Da qui nasce il grosso problema che in questa società globalizzata dove tutti sanno tutto di tutti e dove la gente viaggia, un africano chiede giustamente le stesse cose che hanno gli asiatici o gli americani o gli italiani. Interessante è che si reclamano solo le cose materiali e mai i valori vissuti tipo preghiera, impegno apostolico eccetera.
Infine c’è il problema di come insegnare il valore della povertà alle persone che da paesi poveri vengono a studiare o lavorare in paesi ricchi e poi devono tornare in patria? Spesso essi fanno fatica a tornare o tornano ma pretendono di vivere là come vivevano qua e quindi creano gelosie, dissapori e rotture tra i confratelli ma più ancora con le loro famiglie.
  1. Come insegnare il voto di povertà: valore e non rinuncia.
È quanto detto sopra ma generalizzato a tutti, anche agli europei. È interessante vedere come di solito apprezziamo chi fa scelte forti di povertà, vedi una Madre Teresa, un Abbé Pierre ecc. e poi ci sentiamo impotenti all’imitarli.  Io credo che nella nostra formazione abbiamo insegnato, anche se involontariamente, che i tre voti sono delle rinunce fatte per guadagnarci il cielo. Non c’è niente di più errato; primo perché non possiamo guadagnarci il cielo, ci è già stato dato da Gesù; secondo perché i voti sono dei valori, sono lo stile scelto da Cristo e Cristo non era un masochista o uno stupido. Essi hanno in sé la capacità di donarci la felicità perché il viverli è meglio che il non viverli. Infatti questi così detti consigli evangelici sono per tutti i cristiani, i religiosi si limitano a trasformarli in voto, il che vuol dire a farne uno stile di vita. Non ha senso fare il voto di povertà e poi vivere nell’invidia di chi ha di più. Qui non è questione di spendere o non spendere, anche perché noi religiosi siamo esperti nel trovare benefattori che pagano per noi, ma di avere o non avere, o meglio come dice Fromm: avere o essere.

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