Giovanni passa il testimone a Gesù
Battesimo di Gesù.
Mc 1,7-11
Il
Vangelo di oggi è di poche parole ma denso di significato. Esso parte dall’attività
di Giovanni il Battista, persona su cui abbiamo già meditato durante l’avvento
e della sua attività: il battezzare. Per comprendere la profondità teologica di
tale gesto, che non è ancora il sacramento del battesimo come lo conosciamo
noi, va compreso che il fiume Giordano, per gli Ebrei rappresentava la barriera
tra la terra santa data loro da Dio dopo l’Esodo e la terra dei pagani. Ora
Giovanni si trovava nella zona dei pagani a battezzare, cioè in un certo senso
obbliga gli Ebrei ad uscire dalla zona “santa” che loro hanno corrotto con la
loro mentalità sbagliata. Il rito del battesimo diventava una purificazione, un
nuovo esodo per poter entrare nella terra promessa con uno stile di vita nuovo.
Come ai tempi del primo esodo l’ingresso nella terra promessa era fatto sotto
la guida di Giosuè, ora con l’arrivo di Gesù va fatto sotto la sua guida (i due
nomi in Ebraico sono lo stesso, sono diversi in Italiano per evitare la
confusione).
Giovanni
è molto chiaro nella sua predicazione e nel suo atteggiamento: Israele non
appartiene a lui ma a Gesù. Il non essere degno di togliere i sandali non è un
gesto di umiltà. Nella tradizione Ebraica il togliersi i sandali di fronte a
una persona voleva dire rinunciare al diritto di avere come sposa una
particolare donna, il togliere i sandali a qualcuno voleva dire togliergli tale
diritto. Le parole di Giovanni il Battista, quindi per chi ascoltava,
significano: Gesù è il Messia, cioè lo sposo di Israele, io non ho il diritto
di intromettermi, io sono solo un servo, un predicatore.
Ecco però che al versetto 9 arriva Gesù a fare
confusione, a mettere in crisi anche Giovanni e lo fa perché si mette nel posto
sbagliato. Non viene a reclamare quello che è suo ma si
mette nella fila dei peccatori. Mai ci si aspetterebbe di trovare il Messia tra
i peccatori, il Messia doveva essere il condottiero. L’episodio lo conosciamo
bene anche se non è riportato nella versione di Marco che abbiamo letto oggi. Giovanni deve capire che l’Antico testamento basato sulla
religiosità dei Farisei è finito ora si passa al Nuovo Testamento cioè al modo
nuovo di intendere il rapporto uomo-Dio, modo che passa attraverso il servizio,
l’amore gratuito, l’abbassarsi di Dio al nostro livello, il suo morire in croce
per noi. Questa sarà una lotta dura che accompagnerà Gesù
per tutta la vita. I farisei e la maggior parte della gente fa fatica ad
accettare un Dio così, un Dio debole, un Dio che non ricerca grandi cerimonie e
gloria ma sceglie di nascere in una stalla. Allora Gesù fa sua in pieno la
condizione umana e si mette in coda tra i peccatori. Qui non abbiamo un uomo che entra nell’acqua, segno per
implorare il perdono di Dio, ma abbiamo Dio stesso che entra nel segno e lo
rende efficace, cioè lo riempie della sua grazia. Gesù si immerge nell’acqua,
segno di morte, ma ne esce, segno di risurrezione; si aprono i cieli, segno
dell’ascensione, e scende lo Spirito Santo, segno della Pentecoste. Qui è
racchiuso tutto il mistero della Salvezza e il segno diventa sacramento. Qui si
inaugura la nuova alleanza tra noi e Dio, alleanza in cui i nostri segni sono
assunti da Dio stesso e trasformati in sacramenti, cioè riempiti della sua
grazia. Non siamo noi ad andare da Dio ma è Lui che viene da noi per darci il
suo amore. È Dio stesso che dà testimonianza di questo fatto quando dal cielo
dice: Questi è il Figlio mio, l’amato: Figlio perché Dio stesso, amato perché
uomo e in lui ho posto il mio compiacimento perché in Lui ho appena realizzato
il mio piano.
Riprendiamo
un attimo i tre segni perché anch’essi sono pieni di significato. Prima di
tutto notate che si dice che Gesù vide, non si dice che altri videro o udirono.
Sono segni presi dall’Antico Testamento, in se stessi e non semplici messaggi
per altri. Sono la conferma dell’azione di Dio.
a)
si sono lacerati i cieli. Il verbo lacerarsi è usato solo qui e riguardo al
velo del tempio al momento della morte di Gesù. È un lacerarsi per non poter
essere più richiuso. In Is 64,7 abbiamo
la preghiera del popolo che si sente abbandonato da Dio. “Tu sei nostro Padre;
Hai chiuso i cieli. Non indurire il cuore. Se tu squarciassi i cieli e
scendessi perché il tuo silenzio ci pesa”. Adesso ogni uomo ha accesso alla
casa del Padre la cui porta non si chiuderà più, si potrà sempre rientrare.
b)
la colomba. La colomba è anche lo
spirito che aleggiava sulle acque di Gen. 1 Qui siamo di fronte a una nuova
creazione, un nuovo inizio.
c)
la voce dal cielo. Cosa dice? “Tu sei mio Figlio”. Nel AT figlio non indica
tanto l’essere generato, ma il somigliare, il condividere la vita. Quindi
sottolinea che Gesù è come il Padre ma anche che è il prediletto quello che il
profeta Isaia nei capitoli 42 e seguenti descrive come il servo sofferente di YHWH.
Noi qui presenti oggi dobbiamo essere persone del Nuovo
testamento, non dell’Antico, persone che non vivono di riti ma che vivono di segni
di grazia, persone che si accostano ai sacramenti non per fare piacere a Dio o
per compiere un dovere ma persone che vengono ad incontrare la sua grazia, a
lasciarsi visitare da Lui, persone che vivono in continuo atteggiamento di
conversione cioè in continua tensione di impegno per far sì che tutto quello
che facciamo sia un incontro con Dio, un riempirci della sua grazia.
Cari fratelli quest’anno, proprio in virtù del battesimo
che abbiamo ricevuto, dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare. Dio c’è, è
presente nella nostra vita, viviamo di questa presenza. Quando incontrate delle
persone è Dio presente in loro che salutate; quando andate a bere un caffè al
bar o mangiate una bella fetta di panettone con gli amici, è Dio che vi fa un
buon regalo; quando andate al lavoro, è Dio che andate ad aiutare e Dio che vi
sta aiutando. Non è un’esagerazione, è fede.
Non rendete Dio un affare da sabato sera o domenica
mattina, Lui è venuto per stare con noi 24/7. Buon anno
nuovo.