Siamo buoni pastori?
La pecora smarrita (Mt. 18, 12-14)
12 Che
ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le
novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? 13 Se gli riesce
di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le
novantanove che non si erano smarrite. 14 Così il Padre vostro celeste non
vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
Per comprendere questa parabola, che di per sé
è molto semplice, nella sua profondità, essa va inserita all’interno dell’intero
capitolo 18 di Matteo, capitolo che racchiude il così detto “Discorso
Ecclesiologico”, cioè che immagina ha Gesù della Chiesa che sta per fondare? Che
cosa si aspetta da essa?
I vari punti vengono sviluppati in piccoli
branetti:
1) Chi è il più grande?( 1-4) cioè chi è importante nella Chiesa?, come
deve essere la figura di chi comanda?
2) Lo scandalo (5-11) o meglio lo stile di
vita dei membri della Chiesa?
3) La pecora smarrita (12-14), cioè a chi si
rivolge la missione della Chiesa?
4) Correzione fraterna e preghiera in comune
(15-20), cioè lo stile di collaborazione tra i membri per assicurarsi che ci
Sia Cristo al centro.
5) Perdono delle offese (21-22), cioè modo di
affrontare le difficoltà
6) Il servo crudele (23-35), cioè modo errato
di intendere la nostra missione nella Chiesa.
Venendo più direttamente al nostro paragrafo,
la domanda è a chi si rivolge la missione della Chiesa? Quale ne è lo scopo? A tutti,
perché tutti sono preziosi agli occhi di Dio. Gesù, alla fine dei suoi giorni,
pregando potrà dire: Ti ringrazio, Padre perché nessuno di quelli che mi hai
affidato è andato perduto (Gv 17).
Attenzione a bilanciare bene i dati per non cadere
nel perbenismo. Non è che i peccatori sono più importanti dei buoni, Gesù non
abbandona i buoni, li lascia al sicuro dentro l’ovile (la Chiesa) dove hanno
tutto quello di cui hanno bisogno: cibo, sicurezza eccetera, ma non si limita
ad essi ed allora fa uno sforzo extra per recuperare anche chi è rimasto fuori
perché anche lui possa entrare a godere del luogo privilegiato che lui ha preparato
per tutti.
Attenzione anche a non perdersi nel giudicare
le motivazioni dell’essersi smarrita, cioè a non cercare delle scuse per
eventualmente fare delle eccezioni. Qui non si dice se la pecora si è smarrita
perché è ignorante, o indisciplinata, o addirittura ribelle, si dice
semplicemente che lui va a cercarla e la riporta a casa.
C’è invece da sottolineare la gioia del
pastore quando la trova. Sembrerebbe ingiusto che uno si rallegri più per una
pecora che non per le 99, o che si rallegri di più per quella persa che per
quelle brave. Qui non si parla di paragoni tra le pecore, non si parla di
preferenze o non si classificano merito. L’unico fuoco del brano è mostrare il
sentimento del pastore (Dio), cioè il suo grande amore che è tutto per ognuno. È
come dire che una madre che ha 3 figli, chiaramente li ama tutti e tre allo
stesso modo, ma se uno si ammala, allora a lui rivolge più tempo, più cure, non
perché cessi di amare gli altri ma perché questo ha più bisogno, e quando
questo guarisce, fa più festa, non perché la salute degli altri non sia degno
di festeggiare ma perché qui si è
acquisito qualcosa che prima mancava. La famiglia ora è al completo e tutta
assieme gioisce per la vittoria comune.
Rimane da chiedersi: Chi sono le pecorelle
smarrite oggi? Se cominciamo a fare distinzioni di persone manchiamo allo
spirito del messaggio. Tutti e senza distinzione. Non c’è uno più o meno degno
di essere parte della Chiesa perché il parametro non è dato dalle persone ma
dall’amore del Pastore