Uomo dalla mano inaridita. Quando ci sentiamo inutili di fronte alla società
L'uomo dalla mano inaridita (Lc 6,6-11)
Incapacità di agire, lavorare, di produrre
Il vangelo di oggi riprende alcune delle tematiche che abbiamo
affrontato nei mesi scorsi. Il bisogno della persona ammalata serve a
Gesù come scusa per ricordare a chi gli sta attorno il bisogno
spirituale corrispondente che loro hanno. Abbiamo visto il paralitico
che non può camminare e Gesù condanna l'immobilità di chi se ne
sta lì seduto a criticare; poi abbiamo visto l'indemoniato che è
inavvicinabile per la gente, ma Gesù si trova mandato via proprio da
quella gente; infine abbiamo la figlia di Giairo che ha perso la vita
e Gesù mostra che mentre lei sta solo dormendo, gli increduli che
stanno là fuori hanno perso la sorgente della vita cioè la
speranza. Oggi abbiamo una persona dalla mano paralizzata, o meglio
inaridita. Anche qui ci sono vari punti di contrasto con le persone
presenti.
Primo punto da sottolineare è che Gesù è presentato in movimento
(Gesù entrò) mentre le altre persone presenti sono statiche (C'era
là). Non è un semplice dettaglio. Gesù è sempre rappresentato in
movimento, in viaggio. Chi fa il bene non può rimanere fermo, deve
andare ad incontrare gli altri. Don Orione direbbe: “Fuori di
sacrestia”, non aspettiamo che siamo gli altri a venire a cercarci.
Chi ha veramente bisogno spesso non chiede. Allora è Gesù che va
verso di loro, li cerca, fa. Gli Scribi e i Farisei, l'entourage di
oggi e della maggior parte delle dispute di Gesù, sono statici, se
ne stanno lì ad osservare per poter criticare, giudicare, ma non si
muovono mai, rappresentano un po' il giorno di sabato in cui non si
può fare niente; non muovono un dito per risolvere le situazioni.
Sono chiusi nella loro posizione di autorità, di scienza e nella
rigidità delle loro leggi.
Il malato ha una mano inaridita. La mano indica azione, capacità di
fare, di creare. Gli occhi e gli orecchi rappresentano gli organi che
permettono al mondo di entrare dentro di noi (noi vediamo e sentiamo
quello che succede di fuori), mentre le mani e la bocca rappresentano
il nostro modo di entrare e interferire col mondo (la parola e le
azioni). Qui c'è un uomo che non riesce più a dare il suo
contributo al mondo. Dio ha creato il mondo e poi lo ha consegnato
all'uomo perché continui la sua opera prendendosi cura di esso:
ebbene questo uomo non sa più dare il suo contributo.
Oggi con l'avanzamento della tecnologia e della scienza ci potremmo
trovare in una posizione ideale per fare il bene, per contribuire
alla creazione, eppure spesso sembra che la stessa tecnologia ci
blocchi nell'agire. È un po' come la legge antica che era stata
creata per beneficare e proteggere l'uomo ma è diventata uno
strumento di schiavitù. Spesso noi siamo schiavi del legalismo
tecnologico, schiavi e quindi non più liberi di agire; non abbiamo
più tempo, non abbiamo capacità fuori dalle nostre competenze, non
sappiamo superare il gap che si crea con quelli che hanno capacità
tecnologiche diverse, persino il moto fisico è sparito e anche
questo influisce sul nostro umore. Gesù, curando l'ammalato lo
ristabilisce nella comunione con Dio, nel suo posto di collaboratore
di Dio alla creazione.
C'è la precisazione del tempo in cui l'episodio avviene. Siamo di
Sabato. Sabato per gli Ebrei è il giorno sacro, il giorno del
riposo. Anche Dio si è riposato per godersi la creazione che ha
appena compiuto e perché ora c'è l'uomo creato a sua immagine che
se ne interessa. Invece gli Ebrei hanno trasformato questo giorno di
gioia e festa per l'uomo in un giorno di schiavitù a causa delle
strette leggi che ne proibiscono tutte le attività. Allora è il
sabato per l'uomo o l'uomo per il sabato? Nel Vangelo di Luca ci sono
7 sabati, sapete che 7 è il numero che indica la perfezione, e in
ognuno di questi sabati lui si troverà a litigare con i capi,
eccetto l'ultimo sabato, quello che passerà a riposare nella tomba
prima di risorgere e riavviare il mondo nuovo in cui il sabato non
avrà più valore perché ora tutto prenderà spunto dalla nuova
creazione che è la resurrezione di Gesù e l'uomo nuovo, quello
rinato nel battesimo, se ne prenderà cura.
C'è pure la precisazione del luogo, la sinagoga, il luogo dove si va
ad ascoltare la Parola di Dio, l'unica azione che era permessa al
sabato. Anche Gesù ci va come i Farisei; ma questi Farisei così osservanti, ascoltano veramente la Parola di Dio? la comprendono veramente? Allora proprio lì ci sono molte
delle sue dispute in cui mostra che loro non capiscono la vera parola
di Dio.
Questa volta non c'è nessuno che chiede a Gesù di fare il miracolo:
Da una parte ci sono i Farisei che aspettavano che Gesù lo faccia
per poterlo poi criticare; dall'altra il malato stesso. Neanche lui
lo chiede; anche lui ha perso il desiderio o la speranza di essere
liberato da quella schiavitù. E noi? Non ci capita forse di trovarci
spesso paralizzati, incapaci di agire per il bene? Allora cosa
facciamo? Ci mettiamo a giudicare tutto e tutti e questo diventa una
scusa sufficiente per non muoversi, per non darci da fare. I farisei
citano la legge di Dio, ma il Dio al quale si sono sottomessi è un
Dio creato dalla paura, è il Dio del Sinai che detta leggi, non il
Dio che ha creato l'uomo e che lo ha fatto uscire dall'Egitto.
Gesù agisce di sabato e quindi libera l'uomo dal legalismo e lo
riconsegna al mondo del Dio misericordiosa. Lui oppone alla legge
stretta il comandamento dell'amore. I Farisei preferiscono la
legalità stretta che dà loro i parametri precisi entro cui muoversi
e che non richiedono la creatività dell'amore.
Ma Gesù non si limita ad andare contro la norma e contro gli Scribi,
Lui si serve dell'ammalato per obbligarli a riflettere e ad assumersi
la responsabilità della loro posizione. L'intervento liberatorio e
misericordioso di Gesù non è rivolto quindi solo al malato ma anche
e soprattutto a chi ha ancora più bisogno di lui perché è ammalato
di orgoglio, di paura, di pigrizia spirituale. Proprio perché la
misericordia di Dio è illimitata, lui non si stanca di proporre a
tutti la via della conversione. La conversione è un rimettersi in
movimento nella direzione giusta. Allora prende il malato, lo pone in
centro e domanda? È lecito fare il bene o il male? La loro malattia
non è il fatto che che abbiano idee diverse da quelle di Gesù ma il
fatto che non vogliano prendere alcuna posizione per cui se ne stanno
lì in silenzio a vedere cosa succede. Non avrebbero potuto
rispondere di rompere il sabato ma neppure avrebbero potuto negare il
bisogno del malato. Allora stanno zitti. La cosa curiosa è che al
capitolo prima, quando gli apostoli erano passati sempre di sabato
tra i campi, avevano strappato spighe e si erano messi a mangiare,
proprio i Farisei avevano chiesto a Gesù se è lecito di sabato
soddisfare un bisogno. Lì Gesù aveva preso posizione. Non vi è mai
capitato di essere ad una riunione, di dover prendere una decisione
importante, tutti sono d'accordo ma quando chiedete chi è
disponibile, chi si mette in gioco, allora regna il silenzio? Tutti
si guardano attorno, tutti sanno che dovrebbero farlo ma non vogliono
esporsi, tutti sperano che il vicino alzi la mano. La coscienza dice
una cosa ma la pigrizia spirituale è troppo forte.
La possibilità di conversione è quando si toglie dal centro della
scena il nostro io e vi si mette il fratello e lo si vede come amato
da Dio, anzi abitato da Dio. Attenzione! Gesù non mette al centro un
eroe, un idolo da copiare, un superiore attraente, ecc. mette un
povero, malato, bisognoso, uno incapace di agire. I Farisei non
riescono a fare questa operazione, loro mettono se stessi al centro,
vedono solo il proprio orgoglio ferito e sconfitto. Il bisogno del
malato è meno importante del mantenere il loro stato di osservanti
della legge e per questo di capi del popolo.
Gesù dà un ordine all'uomo, un ordine che appare impossibile da
realizzare, un vero controsenso: gli dice di stendere la mano ma
tutti sanno che la mano è paralizzata. L'uomo non pensa alla
contraddizione, ora è mosso dalla speranza e quindi obbedisce e il
miracolo è fatto; l'uomo torna ad agire, rientra nell'ordine del
creatore. Come abbiamo già detto, la mano serve per fare, ma la mano
serve anche per ricevere. Stendere la mano è il modo più normale
per ricevere un regalo e qui l'uomo stende la sua mano per ricevere
da Gesù il dono più grande. Come è detto in un altra parte:
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, ecco che
automaticamente il malato che riceve la liberazione diventerà
partecipe della creazione. E noi cosa vogliamo dare alla gente?
Riusciamo a condividere quello che abbiamo ricevuto (niente gelosia o
nascondere per sé). Ma anche: diamo quello che abbiamo ricevuto da
Dio oppure diamo quello che ci inventiamo noi? Se io condivido il
dono di Dio allora partecipo alla creazione, ma se io condivido
quello che viene semplicemente dalla mia testa allora faccio una
creazione alternativa che spesso entra in competizione con quella di
Dio e quindi crea divisione. Pensiamo a quanto apostolato facciamo
cercando di mettere noi stessi (la nostra bravura, forza, immagine)
al centro.
Ora però si scatena la reazione. Finché toccava ai Farisei prendere
la decisione essi erano bloccati, ora che Gesù ha preso l'iniziativa
si sentono feriti e imbarazzati ed allora reagiscono con ferocia per
coprire il loro imbarazzo.
Capita anche a noi nelle discussioni che invece di ascoltare cosa
dice l'altro e vedere la bontà del suo argomento, cerchiamo solo
qualche appiglio a cui attaccarci, magari anche piccolo ma che è
sufficiente per permetterci di contrattaccare affondando così tutto
il resto che appunto perché è buono e giusto ci imbarazza, ci
obbligherebbe a muoverci.
Concludendo: qual'è il nostro contributo per la creazione?
1- Il prenderci le responsabilità di quello che siamo e di seguire i
suggerimenti della nostra coscienza.
2- Mettere al centro del nostro pensare e agire l'altro, la persona
in bisogno.
3- Far sì che il nostro modo di pensare, parlare, agire sia animato
dalla misericordia cioè dalla coscienza che siamo servitori di Dio,
il Dio che è presente anche in questo fratello di fronte a me.