Spirito Santo, Pace, Missione. Una triade inscindibile e invincibile ma solo se rispettate le gerarchie tra i tre.
Domenica di
Pentecoste
Gv 20:19-23
Spirito Santo,
Pace, Missione. Una triade inscindibile e invincibile ma solo se
rispettate le gerarchie tra i tre.
La sera di Pasqua
Gesù appare agli apostoli e dice loro “Pace a voi”. Era il
classico saluto ebreo ma nell’intenzione di Gesù è molto più che
un saluto. Tre giorni prima, durante l’ultima cena, in quella
stessa stanza Gesù aveva setto loro “Vi lascio la pace, la mia
pace, non come quella che il mondo dà”. Loro non avevano capito ma
poche ore dopo lui viene arrestato e ucciso, loro sono dispersi e
fino a quel momento hanno vissuto nel terrore. Allora dov’è la
pace promessa da Gesù? Ci può essere pace quando si è
perseguitati? Ma Gesù aveva detto “la mia”, non come quella del
mondo. Allora pace deve essere qualcosa di diverso dalla semplice
assenza di persecuzioni o problemi. Questa sera, sera di Pasqua Gesù
aggiunge: Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Il Padre
ha mandato lui, principe della pace, in un mondo che lo rifiuta, lo
combatte, ed ora Gesù dice agli apostoli “come”, il che vuol
dire che anche loro nella loro missione dovranno essere portatori di
pace ma aspettarsi solo di essere rigettati, perseguitati, magari
anche uccisi.
Ma allora cosè
questa pace, da dove sbuca se non da una situazione di vita
tranquilla? E Gesù va avanti, soffiò su di loro e disse “Ricevete
lo Spirito Santo”. Ecco la fonte della pace, lo Spirito Santo. La
pace è prima di tutto una situazione interiore che ci viene dal
sapere che lui è in noi. Questa forza interiore ci dà la capacità
di affrontare tutte le situazioni esteriori senza esserne vinti. La
situazione esteriore dipende da molti fatti e persone, non può
essere sotto il nostro controllo, come possiamo appoggiarsi su quello
per avere pace? La situazione interiore, invece dipende da noi e da
Dio e su questo sì che possiamo fare conto.
Allora bisogna
rispettare la gerarchia delle cose. Prima viene lo Spirito Santo;
quando esso entra in noi ci porta la pace; con questa pace possiamo
partire per la missione ed essere vincitori indipendentemente da quel
che succede attorno a noi.
Don Orione non si è
fatto santo perché ha risolto tanti problemi; è vero il contrario:
lui ha risolto tanti problemi perché era santo, anzi qualche
problema non lo ha risolto proprio perché anche lui come noi era
limitato, ma non fa niente, questo non gli ha impedito di essere
santo.
Quindi prima la
santità, il contatto con Dio, poi la serenità interiore, infine la
missione. Se partiamo a capofitto nella missione senza mettere le
fondamenta “spirituali” vedremo solo l’enormità dei problemi e
prima o poi vacilleremo.
C’è un ultimo
aspetto che mi piace sottolineare. c’è scritto: “soffiò su di
loro e disse: ricevete lo Spirito Santo”. Il soffio di Dio, quel
soffio che aleggiava sulle acque alla creazione del mondo, quel
soffio che Dio fece nelle narici dell’uomo di argilla per dargli
vita. Quando lo Spirito Santo, soffio di Dio, entra in noi è una
nuova creazione, è un mondo nuovo che si schiude davanti a noi,
allora come continuiamo ad avere paura del mondo e dei problemi
quando sappiamo che Colui che ha creato il mondo è dentro di noi?
Coraggio dunque.
Oggi celebriamo la nascita della Chiesa missionaria e celebriamo la
nostra rinascita di persone “abitate” dallo Spirito Santo con una
missione precisa: riportare la pace nel mondo e come dice Gesù nelle
Beatitudini: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati
Figli di Dio”. Non stanchiamoci mai di spargere la pace attorno a
noi specialmente là dove la pace sembra impossibile e i problemi
insanabili. Ma soprattutto non perdiamo mai la coscienza dello
Spirito che è in noi.