Eucarestia, cosa comporta in noi ricevere questo sacramento?




Festa del Corpus Domini. Lc 9,11-17
Prese i pani, rese grazie, li spezzò e li diede da distribuire.
Qualcuno potrebbe chiedere: dato che oggi è la festa dell’Eucarestia perché il Vangelo presenta l’episodio della moltiplicazione dei pani invece che quello dell’ultima cena dove avviene l’istituzione del Sacramento?
Il motivo è semplice: primo perché esso è comunque ripreso dalla seconda lettura dove riporta l’episodio centrale, e secondo perché il vangelo di oggi ci presenta alcuni aspetti dell’Eucarestia che altrimenti potrebbero passare inosservati. Vediamo un po’ il Vangelo.
I discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: congeda la folla perché vada ... è una proposta un po’ strana. La folla era fatta da adulti, erano venuti da soli, non li aveva mica chiamati Gesù, potevano andarsene quando e come volevano, inoltre avranno saputo loro se avevano fame o no. Perché allora gli apostoli intervengono? Io ci leggo un senso di disagio da parte loro. Vedono tutta questa gente, la loro fede ed entusiasmo per Gesù, ma anche il loro stato di bisogno. Sentono come il peso morale di dover fare qualcosa ma si sentono incapaci, impotenti. E cosa fanno? Vogliono scappare dal problema: mandali via così non ci disturbano più. Non è forse il nostro atteggiamento in molti casi in cui ci sentiamo a disagio, impotenti, magari un po’ in colpa, quello di scappare, o scacciare, o pretendere che il problema non esista?
E cosa risponde Gesù? Li invita all’atteggiamento proprio opposto: “voi stessi date loro qualcosa da mangiare”. I problemi non sono di per sé un qualche cosa di negativo ma sono un opportunità. Diventano negativi nel momento in cui noi li affrontiamo nel modo errato o addirittura fuggiamo da essi.
Qui abbiamo una piccola apertura da parte degli apostoli: abbiamo solo 5 pani e due pesci, ma cosa è questo per così tanta gente. Ribadiscono sì la loro impossibilità di agire però almeno mettono sul piatto quello che hanno, sono disposti a condividere. Ecco la soluzione del problema, la disponibilità di mettersi in gioco, di condividere il proprio poco o nulla, e di fidarsi di colui che può trovare la soluzione. Per Gesù questo basta e il miracolo è fatto.
Attenzione alle parole che descrivono il miracolo: Gesù prese i pani e i pesci, alzò gli occhi al cielo, rese grazie (questo è il senso del verbo benedire, cioè dire bene, ringraziare per quello che c’è), li spezzo e li diede da distribuire. Notate? Sono le parole esatte utilizzate all’ultima cena e sono le parole che il prete utilizza durante la Messa per la consacrazione. Qui c’è già una prefigurazione dell’Eucarestia.
Qual’è il risultato di tutto questo processo? Tutti ne ebbero a sazietà e avanzarono dodici ceste. Quanti erano i pani e i pesci? 5+2 cioè 7 il numero di Dio e il numero del sacramento, e il risultato? 12 il numero degli apostoli e il numero di tutto il popolo di Israele. Cioè l’Eucarestia, ha in sè la forza di soddisfare il bisogno di tutti e in abbondanza. Se all’inizio i discepoli fossero rimasti chiusi in sè mandando via la gente, si sarebbero trovati a fare cena in 12 con solo 5 pani e due pesci, certamente insufficiente, il fatto di averli dati al Signore e condivisi con gli altri fa sì che ora ognuno di loro si ritrovi con una cesta piena.
Questa è l’Eucarestia. Non c’è nulla di umano in questo, non c’è spazio per il calcolo, è un fatto di fede, ma c’è tanta umanità perché questa fede si basa sulla fiducia in una persona, Gesù, nonostante la paura, l’ansia, i sensi di incapacità, i sensi di colpa, la voglia di scappare.
La parola Eucarestia, il nome del sacramento che celebriamo oggi, vuol dire rendimento di grazie. Questo è il modo di superare l’angoscia e il senso di impotenza: non guardare al troppo che manca, ma partire dal poco che già c’è perché è dono di Dio, dono di grazia, e allora rendere grazie a Dio per quel poco che c’è e avere il coraggio di offrirlo, di aprirsi agli altri con esso. Il resto lo fa il Signore ed è meglio così perché Lui le cose le fa meglio di noi

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