Pesca miracolosa? no, lezione sull'amore vero.
Terza domenica di
Pasqua. Gv. 21, 1-19
Gli apostoli stanno
passando una giornata tranquilla, facendo le cose di sempre, le cose
di cui sono esperti e che piacciono loro, ma questa volta non
sembrano essere soddisfatti dalla loro quotidianità, lavorano sodo
ma non ottengono risultati. Capita anche a noi che alle volte la vita
ci sembra vuota, non troviamo soddisfazione neppure nelle cose che
una volta ci interessavano, eppure non è successo niente di strano,
non ci sono problemi particolari, solo un senso di vuoto, di
inutilità, di stanchezza, si sente il peso della routine, il sorriso
è sparito dalle nostre labbra e non sappiamo perché.
Appare in distanza
sulla spiaggia un uomo e loro non lo riconoscono. Dovrebbero
conoscerlo bene Gesù ma sono così immersi in questa realtà
insoddisfacente che non riconoscono neppure l'amico di sempre, colui
che ha fatto tanti miracoli ed ha dato un senso alla loro vita per
tre anni, ora sembra voler dire niente, essere un estraneo. Anche la
fede sembra morta nei nostri periodi freddi di noia e non senso.
E Gesù dice loro di
buttare la rete dall'altra parte, loro obbediscono e la vita cambia
radicalmente.
Un cambio
improvviso, totale, dettato da qualcuno che, in teoria, ne sa meno di
noi, eppure quando si è tiepidi si è disposti a provare di tutto
pur di arrivare ad un cambio. Purtroppo spesso la gente si butta in
cose pericolose, strane, esotiche, nuove mode, teorie mistiche
stravaganti, falsi predicatori di miracoli. Ma ci può essere anche
qualcuno che predica il giusto, predica Gesù, ci riporta ai valori
veri, anche se non siamo ancora capaci di riconoscerli. Il risultato
è sconvolgente. Un gesto da nulla ha cambiato tutto.
Giovanni lo
riconosce e lo proclama: “è il maestro” e Pietro si riveste (era
seminudo) e si butta in mare per raggiungerlo al più presto.
Interessante che a riconoscerlo è il più piccolo, il più giovane
del gruppo, non il leader, non il più preparato. Però di Giovanni
in altre parte è anche detto che era il discepolo amato. L'amore,
anche se magari era assopito, si risveglia. Se era vero non muore ma
ritorna ad essere il motore della vita e della gioia. È appunto
l'amore che muove ora Pietro. Di solito uno è vestito e prima di
buttarsi in acqua si sveste, ma qui abbiamo il contrario. Pietro è
svestito, non degli abiti ma del suo amore, dell'entusiasmo, e
riconosce che non è così che può presentarsi al suo Signore. Si
rimette nella sua posizione dovuta, si riveste della sua fede e del
suo amore e va in contro con generosità e ansia all'amato.
Come riconoscere che
la persona che ha parlato è il Signore e non un imbroglione? Basta
il miracolo?
I discepoli
riportano la barca a riva e lì trovano Gesù che ha già preparato
per loro il fuoco e su di esso c'è già del pesce e del pane.
Nonostante tutto sia pronto li invita a prendere anche un po' di
quello che hanno pescato. È il Signore che fa tutto per noi, è un
Signore che dona non che ci sfrutta, però non ci vizia, vuole che
anche noi contribuiamo alla festa, magari con qualcosa di non
necessario o di poco valore, ma vuole la nostra parte perché essa ci
valorizza. Il Signore si prende cura di noi e ci valorizza. Niente
paternalismi né sfruttamento ma condivisione.
Ancora una volta
Pietro è il primo a muoversi e va alla barca e trascina a riva la
rete. Prima i discepoli non riuscivano a tirarla ora Pietro da solo
ce la fa. La rete era pesante (153 grossi pesci, e rischia persino di
rompersi ma non si rompe e Pietro ce la fa. Ci sono tante
interpretazioni sul numero 153 e tutte portano a dire che esso
rappresenta la totalità e la rete è simbolo della Chiesa segno che
tutte le nazioni sono ora accolte nella Chiesa e guidate da Pietro,
il capo e anche se questa struttura, la Chiesa, sembra sempre tanto
debole e pronta a sfasciarsi, eppure resiste con la guida di Pietro e
raggiunge la riva dove Gesù ha già preparato il fuoco per il
banchetto eterno.
Il vangelo sarebbe
già sufficientemente ricco e profondo se si fermasse qui, e invece
va avanti con un altro episodio inaspettato. Dopo aver mangiato
assieme, ricordiamoci che nel vangelo il mangiare assieme rappresenta
sempre la comunione, un momento di conversione,e prefigura sempre
l'ultima cena e quindi l'Eucarestia, il banchetto eterno, ebbene Gesù
prende in disparte Pietro e gli pone una domanda imbarazzante: “Mi
ami tu più di costoro?” Avrebbe potuto dire: Mi ami, e sarebbe
stata una domanda generica, ma il dire più di costoro indica che
vedendo se Pietro è degno di prendere il posto di Leader del gruppo.
Infatti subito dopo aggiunge: Prenditi cura di queste mie pecorelle”.
Non è una domanda semplice buttata lì a caso. Per di più la
domanda è ripetuta tre volte. Nel mondo ebraico una cosa ripetuta
tre volte aveva il senso della totalità, del valore massimo,
perfetto. Questo è un punto imbarazzante per Pietro perché mentre
sa di amarlo, sente anche profondo nel cuore di essere indegno di
tale amore perché lo ha tradito. Infatti l'averglielo chiesto tre
volte gli ricorda le tre volte in cui al momento della passione lui
lo ha rinnegato. Gesù gli sta chiedendo: il tuo amore è più forte
del tuo rinnegamento? Il tuo volermi seguire ad ogni costo è più
forte dei tuoi peccati? Saresti quindi capace di prenderti la
responsabilità di guidare questi miei fratelli nonostante i tuoi
sbagli e le tue cadute? Io mi fido di te e non do importanza alle tue
cadute, ma tu saprai essere costante? È una domanda forte di
sincerità, di costanza, e di umiltà.
E non è ancora
tutto. C'è un ultimo aspetto che per essere compreso deve basarsi
sul testo originale greco di questo brano. Nella lingua greca ci sono
varie parole che indica quello che noi oggi chiamiamo amore. Tra esse
c'è il verbo Agapao (usato solo in ambito cristiano) che indica
l'amore perfetto, come Dio solo ha, e il verbo Fileo, che è un amore
umano, più debole e imperfetto. Per rendere semplice la cosa
potremmo dire un Amore con la A maiuscola e un amore con la a
minuscola. Ebbene in queste tre domande del vangelo di oggi Gesù
dice mi Ami tu? (Agapao, amore perfetto) e Pietro risponde: ti amo
(fileo, amore imperfetto). Va bene, ti affido la missione, ma mi Ami
tu (Agapao, amore perfetto) e Pietro risponde di nuovo ti amo (fileo,
amore imperfetto). La terza volta è Gesù che usa la parola fileo e
quindi dice mi ami tu (fileo, amore imperfetto). Quindi Pietro si
sente pieno di vergogna non solo perché le tre domande di Gesù gli
ricordano le tre cadute, ma anche perché si rende conto della sua
incapacità di raggiungere il livello che Gesù vorrebbe da lui e
vede che è toccato a Gesù abbassarsi al suo livello. Allora
risponde: Signore tu sai tutto, tu lo sai che il mio amore è
limitato. Gesù riconferma per la terza volta la missione: Prenditi
cura delle mie pecorelle. Non importa chi siamo o come siamo, l'amore
del Signore sa superare tutti i nostri peccati e le nostre debolezze
ma vuole che il nostro cuore sia rivolto a lui e non si stanchi mai
di tornare a lui, ma con umiltà. Niente paura ma niente superbia.
Siamo servi, servi indegni ma Gesù è il nostro Signore e in lui ci
possiamo gloriare.