Dio dimora in noi? Incredibile ma vero.


VI Domenica di Pasqua anno C
Gv. 14:23-29

Chi mi ama osserva la mia parola e il Padre mio lo amerà, e noi verremo e prenderemo dimora presso di lui.
Una frase molto bella ma soprattutto una promessa molto importante. Non solo che il Padre ci ama, questo lo sapevamo già perché sappiamo che Dio è amore. Forse non siamo molto convinti che Dio ci ami ma comunque almeno in teoria lo sappiamo. Ma io oggi voglio soffermarmi su quest’altro verbo: prenderemo dimora presso di Lui. Dio non solo ci ama, ma abita in noi, è dentro di noi. Per di più Gesù ha parlato di sé e del Padre, ecco perché il plurale, ma poi qualche riga dopo dice che lo Spirito Santo verrà a stare con noi. Siamo portatori della Trinità. Attenzione, lo voglio ripetere perché forse non abbiamo ancora compreso la profondità di questa frase. Qui Gesù non dice che Dio ci ama dall’esterno, ci segue, guarda quello che facciamo e magari ci dà anche una mano, ci manda ogni tanto un regalino come fa un amico che vive in un altro paese e viene ogni tanto a bere il caffè a casa nostra. No! Qui c'è molto di più. Qui si dice chiaramente: verremo e prenderemo dimora: la Trinità prende casa dentro di noi, si stabilisce lì a tempo pieno, ne diventa la padrona, è Lei che da ora in poi porta avanti le cose.
Giovanni aveva già usato questo verbo al capitolo 1 quando dice che il Verbo si fece carne e venne ad abitare in noi. Da qui capite bene cosa vuol dire: Gesù è diventato uno di noi, ha assunto la nostra natura, ha condiviso con noi tutto: gioie, dolori, fatiche, speranze.
All’inizio di questo capitolo aveva detto: Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore,vado a prepararvi un posto. L’abitare include stabilità, condivisione, presenza. Noi siamo portatori della Trinità, ogni momento. Siamo portatori dell’Eucarestia che abbiamo ricevuto durante la messa. Questo vuol dire che in qualsiasi momento della giornata, dovunque ci troviamo, qualunque cosa facciamo noi non siamo soli, Lui è con noi. E tutto questo non è nient'altro che l'antipasto perché il più bello verrà quando andremo noi a dimorare da Lui, a condividerne la natura e la vita. Ci pensate alle conseguenze di questa frase? Pensate a tutte le volte che durante la giornata noi agiamo come se Dio non esistesse, come se tutto quello che facciamo dipendesse solo da noi. Pensate alle volte in cui ci lamentiamo perché le cose non vanno come vorremmo e magari pensiamo che Dio si è dimenticato di noi. Ma Gesù aveva detto: “Se anche una madre si dimenticasse del figlio appena generato, io non mi dimenticherò mai di voi”. Forse allora non è che lui non sia con noi ma che noi non lo lasciamo lavorare.
Il vangelo di oggi indica però un presupposto a questa presenza: Se qualcuno mi ama e osserva la mia parola.
L’amore è la chiave di casa ed è in mano nostra, ce l’ha data Lui e noi possiamo usarla per chiuderlo dentro o fuori o magari chiuderlo in un armadio, o possiamo usarla per aprire le porte e lasciarle spalancate.
Voglio sottolineare due frasi che ci facciano capire come questo amore per Dio può diventare pratico, dopo tutto lui stesso ha detto che il modo migliore per amarlo è osservare la sua parola. La prima è quando, parlando dei due comandamenti dell’amore (ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, mente e forze e ama il prossimo tuo come te stesso), Gesù aggiunge che il secondo (ama il prossimo) è uguale al primo. In un altro passo, nel vangelo di Matteo, abbiamo la parabola del Giudizio finale: lì lui dice: “Qualsiasi cosa avrete fatto al più piccolo lo avrete fatto a me”. Ecco cosa vuol dire far abitare Dio in noi, ecco come renderlo attivo, operante: amando chi ci sta attorno e amandolo nelle piccole cose di ogni giorno come dare un bicchiere d’acqua, fare una visita, eccetera. Non abbiamo bisogno né di essere degli eroi, né degli scienziati né dei santi per poter praticare questo tipo di amore; basta vivere con coscienza il momento presente. Quando noi cominceremo ad amare, con gesti piccoli ma concreti, cominceremo a sentire dentro di noi la sua presenza, e lo riconosceremo dal dono che lui ci porta: la pace. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do”. E qui ci sarebbe tutta un’altra predica da fare. Solo una parola: quando il bambino è attaccato a suo padre affronta tutti i pericoli con coraggio non perché pensi che il pericolo non c’è più ma perché sa che papà è lì e papà è più forte. Non siamo di quelli che dicono che pace vuol dire assenza di problemi o lotte, ma piuttosto di quelli che sanno che Dio c’è e alla fine lui vincerà e vincerà sempre nell’amore.

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