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Visualizzazione dei post da settembre, 2025

Gesù e il serpente, che parallelo?

  Perché Dio dice a Mosè di innalzare il serpente? (Nm 21:4-9;   Gv 3:13-17) L'episodio del libro dei Numeri che abbiamo letto riflette la vita spirituale di molti di noi. Abbiamo scelto Dio, ci siamo impegnati e abbiamo avuto momenti in cui abbiamo apprezzato la sua grazia. Tuttavia, con il tempo subentra l'abitudine. Ripetiamo le stesse azioni, diventiamo esperti, ma perdiamo entusiasmo e il contatto spirituale. La preghiera e l'apostolato diventano una routine, un obbligo da soddisfare, dipendendo solo dai nostri sforzi. Quanto può durare questo prima che stanchezza, noia e difficoltà prendano il sopravvento? Quando arrivano le difficoltà, non riusciamo più a reagire; rabbia e disperazione prevalgono, e anche le grazie ricevute perdono di senso. Il popolo di Israele per anni era nutrito da Dio con la Manna, ora lo considera un cibo schifoso. Non bisogna interpretare letteralmente il passo che dice che Dio mandò serpenti come castigo. Dio non castiga nessuno. Il s...

Il coraggio di cambiare

 Nicodemo e il volto vero di Dio    ( Gv 3,13-17 ) Oggi il Vangelo ci presenta un incontro notturno, silenzioso, ma pieno di luce: quello tra Gesù e Nicodemo. Un uomo rispettato, colto, religioso… ma inquieto. Nicodemo non si accontenta delle risposte già pronte. Sente che nella sua vita manca qualcosa. E allora va da Gesù. Di notte, forse per paura, forse per discrezione. Ma ci va. E questo è già un atto di coraggio. Nicodemo ci rappresenta tutti. Quanti di noi, pur credenti, sentono che la fede non è ancora diventata vita? Quanti di noi portano domande nel cuore, ma non sanno a chi rivolgerle? Quanti di noi vorrebbero cambiare, ma non sanno da dove cominciare? Gesù non lo accoglie con risposte facili. Gli propone qualcosa di radicale: “Bisogna rinascere dall’alto.” Non si tratta di tornare bambini, ma di iniziare a vivere con uno sguardo nuovo. Ragionare come si ragiona in cielo. Cosa vuol dire? Vuol dire mettere Dio al centro. Vuol dire lasciarsi guidare dal...

A chi diamo la preferenza?

  Parole che provocano Il Vangelo di oggi (Lc 14,25-33) ci mette davanti a due affermazioni che, a prima vista, sembrano dure e quasi incomprensibili: “ Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre…” e “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. ” L’originale greco usa la parola odiare; la versione moderna italiana ha giustamente tradotto “ Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo ”. La seconda frase è rimasta com’era. Sono comunque parole che ci turbano, parole che ci interrogano. Ma anche parole che ci invitano a guardare più a fondo. Cosa Gesù vuole insegnarci? Queste espressioni nascono in un contesto storico e linguistico molto diverso dal nostro. La lingua aramaica, con un vocabolario limitato, usava spesso contrasti forti per esprimere priorità. “Odiare” non significa disprezzare, ma “preferire meno...