Chiamati con uno scopo
Non è un lavoro, ma una missione (Mt 9,36-10,8)
Il vangelo di oggi è composto da tre parti distinte, ma collegate tra loro. La prima è l'invito a pregare per le vocazioni, cioè per le persone che dedicano la loro vita al servizio del Regno di Dio. A questo proposito Gesù non dice di pregare perché tante persone abbiano il coraggio o il desiderio di lavorare per Dio, ma dice “Pregate il Signore che mandi operai”. La vocazione è prima di tutto una chiamata di Dio. Non è qualcosa che possiamo scegliere da soli come faremmo con qualsiasi altra carriera in vita, ma è Lui che chiama. Potreste chiedermi cosa questo significhi esattamente, che differenza faccia. Ebbene, la differenza è che se l'iniziativa è tua, allora puoi decidere tu cosa fare, come farlo e fino a quando. Ma se l'iniziativa è di Dio, allora possiamo accettarla o no, ma una volta che l’abbiamo accettata, tutte le decisioni appartengono a Lui. Un altro aspetto è che nessuno può rivendicare per sé il diritto di diventare sacerdote o consacrato. Quindi umiltà, spirito di servizio e capacità di lavorare insieme agli altri, sono requisiti necessari per chi decide di accettare quella chiamata.
La seconda parte del Vangelo dice esattamente quali sono i criteri che Gesù segue nella scelta dei suoi apostoli (la parola apostolo significa appunto l'inviato). Lo vediamo nella lista delle dodici persone che chiama.
Gesù stava per compiere il fatto più importante nella storia dell'umanità: la salvezza del mondo. Sapeva che non poteva realizzarlo nei pochi anni a disposizione della sua vita terrena, aveva bisogno di una struttura, di un gruppo che andasse oltre i secoli e le civiltà: la Chiesa. Essa sarebbe diventata la struttura più grande e potente che sia mai esistita. Dio avrebbe potuto scegliere tempi migliori, magari incarnarsi nella società odierna dove la tecnologia avrebbe reso il suo lavoro più facile ed efficace, o almeno scegliere l'impero più potente: Roma; o la cultura più sviluppata: quella greca; e invece ha scelto la nazione più piccola e problematica: Israele e la Giudea. In Israele avrebbe potuto scegliere come compagni e successori i ricchi Sadducei, o i Farisei, esperti di religione, o alcuni membri con legami politici con il re o con i Romani, e invece ha scelto gente semplice, per lo più povera e analfabeta, pescatori, pubblicani ecc. Essi sono diventati Apostoli e sono riusciti a convertire il mondo, hanno superato i loro problemi perché sapevano quanto fosse importante la loro missione, ma soprattutto hanno superato tutte le paure perché hanno compreso il significato delle parole di Gesù: “Sarò con voi fino alla fine dei secoli” e «vi manderò il Paraclito, lo Spirito di verità; Egli vi guiderà». Lo Spirito Santo, infatti, è colui che ha reso possibili tutte le cose narrate negli Atti degli Apostoli.
Nel corso dei secoli molte persone si sono sentite ispirate a continuare la missione di Gesù e alcune di loro hanno anche fondato Congregazioni. La maggior parte di questi fondatori non erano le persone più brillanti, né provenivano da famiglie potenti. Eppure anche loro hanno fatto grandi cose solo perché hanno permesso allo Spirito Santo di operare attraverso di loro.
Come ho già accennato è importante che chi segue Gesù sia umile, abbia spirito di servizio e capacità di fare squadra, quindi possiamo pensare che per formare unità tra i membri, la cosa migliore da fare sia scegliere persone con affinità, stessa cultura, stesso gruppo sociale, stesse idee politiche. Gesù invece ha mischiato i pescatori con i contadini, gli esattori con gli zeloti (terroristi); il tranquillo Bartolomeo e i fratelli dal carattere di fuoco (Giacomo e Giovanni); persone emotive come Pietro, fredde come Giuda Taddeo, dubbiose come Tommaso, avide come Giuda Iscariota. Ma è riuscito a creare unità di intenti e di azione. Qual è il segreto del suo successo? Certo i litigi ci sono stati, anche le gelosie, ma queste cose non hanno rovinato il gruppo. Essi hanno dedicato la loro vita a Gesù e il centro dei loro pensieri e interessi era Gesù.
Anche oggi Dio ha bisogno di qualcuno che porti avanti la sua opera, perché ci sono troppe persone là fuori che non conoscono ancora Dio o hanno in qualche modo rifiutato il suo amore. Dio ci ha scelti per la sua missione, ognuno di noi, per diversi ambiti, compiti, per diversi strati della società.
Allora, cos'è esattamente che ci viene chiesto di fare? Ecco la terza parte.
Il Vangelo ci racconta della raccomandazione che Gesù fa ai suoi discepoli poco prima di inviarli in tutti i villaggi vicini per preparare la sua venuta da loro. I punti sono molti e spiegarli tutti richiederebbe un sacco di tempo e non potrebbe rientrare in un’omelia. Vorrei sottolinearne solo uno, uno che può aiutarci a capire tutti gli altri: dobbiamo fidarci di Lui, e metterlo in cima alla lista delle nostre priorità. Se Dio è il creatore di tutte le cose, allora in ogni cosa possiamo trovare un barlume della sua presenza e della sua gloria. Inoltre, l'essere umano è stato messo al vertice della creazione, per averne cura e a loro Dio ha fatto un dono speciale: la libertà e la capacità di amare, un dono che ci rende “simili a Lui”. Queste sono le cose che dobbiamo cercare in tutto ciò che facciamo: la presenza di Dio nell'altro e il compimento del suo piano di salvezza. Gesù è disceso dal cielo e si è fatto uno di noi per rendere possibile la nostra missione. Da allora il Regno di Dio è già in mezzo a noi, quindi dobbiamo aiutare le persone a riconoscerlo e ad accoglierlo. Se il regno di Dio è la presenza di Gesù in mezzo a noi, allora la nostra prima missione è vivere di questa presenza, renderla attuale ed efficace, fare tutto partendo dall'amore che è la natura stessa di Dio.