Il fascino del bambino

 Il fascino del bambino

Mi chiedo: perché siamo qui oggi? Perché in tutti questi giorni abbiamo fatto festa? La risposta sembra ovvia: perché è l’Epifania, perché è Natale, perché siamo bravi Cristiani. Tutto questo è vero. Ma c’è di più. Quando guardiamo a quel bambino nella culla c’è un qualche cosa di misterioso, di affascinante, di attraente che non sappiamo spiegare ma che agisce dentro di noi, ci rende diversi.

Voi mi direte: è la fede. Può essere ma non è solo quello. Oggi celebriamo l’Epifania, la manifestazione di Gesù al mondo intero. Non credo che i Magi si siano mossi per fede, non erano Giudei, non sapevano niente della venuta di un Messia. Non sappiamo che religione avessero, nel vangelo c’è scritto solo che studiavano le stelle e in esse hanno letto la venuta di un re potente. Questo è bastato per metterli in movimento. Probabilmente avevano qualche vuoto interiore, qualche dubbio, qualche insoddisfazione, o il desiderio di un qualche cosa di più, di più vero, di più sicuro. Cercano guardando in alto, in cielo e lì intravedono la possibilità di una risposta alla loro ansia. Non trovano la risposta finale ma un indizio, un invito a mettersi in moto.

La nostra società è complessa, pretende di avere una risposta per tutto, di poter soddisfare tutti i bisogni e desideri delle persone, ma non è così. Ci sono molte persone che sono alla ricerca disperata di risposte; forse qualche volta anche noi siamo così. Pensano di poterle trovare nelle cose materiali e riempiono le loro case di regali, il loro stomaco di cibo, la loro vita di carriera, ma più si riempiono e più si sentono vuoti. Non c’è niente al mondo che può dare una risposta definitiva alla sete dell’uomo. Non c’è niente di duraturo, di perenne. Se vogliamo trovare soddisfazione e pace dobbiamo guardare in alto, in cielo, cercare cose che trascendono la natura, che hanno radici nell’eterno. Tutti gli alberi crescono se hanno radici forti e lunghe che entrano in basso in cerca del cibo vero, noi siamo alberi speciali, a testa in giù, per portare frutti dobbiamo avere radici profonde, ma queste radici non vanno in giù, ma in su, in cielo. Però, anche se siamo alberi, non possiamo restare fermi, dobbiamo metterci in movimento spinti dal desiderio di trovare le risposte di cui abbiamo bisogno, anche se gli indizi, alle volte sembrano piccoli e scarsi. Non è facile vedere le cose del cielo, bisogna educarsi. Quando ero piccolo mi divertivo a guardare le nuvole con i miei amici, le diverse forme che esse assumevano e immaginavamo che ciò che vedevamo era un animale, o una persona, e creavamo delle storie. Poi sono cresciuto e ho perso la poesia, se guardo in cielo l’unica cosa che riesco a vedere è se pioverà o farà caldo. Eppure c’è molto di più di quello che riusciamo a vedere con gli occhi fisici. Gesù una volta ha detto ai suoi apostoli: chi non ritorna ad essere come un bambino non entrerà nel regno dei cieli. Non intendeva dire che dobbiamo diventare ignoranti o credere nelle favole, ma il bambino nella sua semplicità crede che c’è molto di più di quello che vede, perché ha fiducia in quello che mamma e papà gli dicono e che possono fare per lui.

I Magi si sono messi in movimento. La società vuole che rimaniamo fermi, bloccati nel nostro vuoto e nella nostra sete, e per farlo ci dà i suoi regali che però sono costosi e insoddisfacenti. La tecnologia, il progresso, ci abbagliano, ci aprono nuovi orizzonti, ma se ne diventiamo schiavi ci bloccano in noi stessi, ci tolgono la voglia di andare fuori da noi stessi e incontrare gli altri. I Magi hanno preso con sé dei regali preziosi e hanno viaggiato per due anni nel deserto guidati da quella luce di speranza. Quando sono arrivati a Gerusalemme, quella che secondo la loro conoscenza doveva essere la capitale del regno del nuovo re, vanno al palazzo regale. Ora non sono più guidati dalla stella ma dalla loro intelligenza e quindi parlano al re e ai suoi esperti. Cosa ottengono? Vedono la loro meta? No! Ma suscitano paura, gelosia, un clima subdolo e avverso, il clima della società basata sul profitto, sull’arrivismo, sulla competizione. Solo quando escono dalla città e si rimettono in cammino vedono di nuovo la stella e possono raggiungere la loro meta. Dove trovano il loro re? Non nel palazzo come pensavano, ma in una stalla; non con l’esercito a proteggerlo ma un asino e un bue a riscaldarlo; niente dignitari di corte a rallegrarlo, ma dei poveri pastori. Eppure lo riconoscono. Non c’è niente di umano, di fisico che possa indicare loro che quello è il re dei re, eppure interiormente ne hanno la certezza. Lo spirito di Dio agisce nei modi più inaspettati e si rivolge a chiunque ricerca la verità delle cose in modo retto.

Essi esprimono la loro fede con i loro doni, attraverso l’incenso, il dono che si fa a un dio, l’oro, il dono che si fa a un re, e la mirra, il dono che si fa ad un morto. Sì, come non lo so, ma hanno capito anche che questo re, oltre che a regnare era destinato anche a morire. La loro non è solo una conoscenza, perché lì non c’era alcun dettaglio che potesse permettere all’intelligenza umana di comprendere queste cose, ma una fede, cioè una certezza interiore che si trasforma in impegno di vita, difatti se ne ritornano alle loro case ma per una via diversa, non ripassano più da Gerusalemme, ora hanno cambiato priorità.

Abbiamo sentito che anche Erode esprime la volontà di visitare il bambino, ma lui non è spinto dal desiderio di cercare la verità, ma dalla paura di conoscerla e allora manda i soldati ad ucciderlo, a sbarazzarsene ad ogni costo, anche se questo vuol dire ammazzare tutti i bambini della zona. Se il desiderio ci dà la forza grande di camminare, la paura ci blocca e ci fa commettere dei gravi errori. Molte volte i nostri peccati non sono dovuti al fatto che siamo cattivi o che vogliamo fare il male, ma semplicemente dalla paura. Abbiamo paura di soffrire, di perdere qualcosa o qualcuno, di essere ignorati, di non riuscire nei nostri intenti. La nostra coscienza ci dice sempre quale è la cosa giusta da fare, alle volte è chiaro, alle volte è solo un’intuizione, una stella, ma sappiamo che è giusto. Ma poi subentra la paura mascherata da interesse personale, orgoglio, bramosia, ed ecco che ci blocchiamo, non facciamo più quello che sappiamo era giusto e ci lasciamo tentare da quello che è sbagliato perché è più facile, e più attraente.

Oggi siamo qui davanti alla culla di Gesù; cosa siamo disposti a dargli? Cosa indicano i nostri doni? Quali sono i veri desideri che ci spingono nelle varie scelte della vita?

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