Qual'è lo scopo del nostro lavoro?
Come seguire Gesù (Lc5, 1-11)
Il vangelo di oggi presenta due aspetti: la pesca miracolosa e la conseguente chiamata di Simone/Pietro a seguire Gesù. Non è la prima volta che lui e suo fratello Andrea incontrano Gesù, sono già discepoli. Il vangelo di Giovanni ci dice che si erano incontrati al fiume Giordano dove erano andati per sentire Giovanni il Battista e fu proprio lui ad inviarli a Gesù. Anche Luca, poche righe sopra l’episodio di oggi, ci dice che erano con Gesù a pregare nella sinagoga di Cafarnao e usciti da là andarono a casa di Pietro dove Gesù guarì la suocera di lui malata. Questo brano, quindi, non descrive la chiamata in sé, ma piuttosto il momento formale della decisione di Pietro di seguire Gesù.
Guardiamo ai vari elementi descritti nel brano per ricavarne degli insegnamenti che parlino anche della nostra vocazione.
Sulla spiaggia “c’era tanta gente” accorsa per sentire Gesù; la confusione, la ressa fa sì che essi non riescano a vedere il Maestro e nemmeno a sentirlo. Può capitare anche oggi che nonostante siamo in una società formata da molti cristiani, o almeno battezzati, non riusciamo a vedere Gesù all’opera e nemmeno sentire la sua parola. Questo, alle volte, capita anche nelle nostre chiese o celebrazioni, quando poniamo più attenzione all’esteriorità e alle nostre attività piuttosto che al messaggio che Dio ci invia.
“C’erano lì due barche” e Gesù entra in quella di Simone che, pur essendo già un discepolo di Gesù, non sembra essere interessato a quel che sta avvenendo perché è impegnato a pulire le reti. Varie volte nel vangelo di Luca si parla della barca di Pietro e sempre rappresenta la Chiesa. Gli chiede di “staccarsi dalla riva”. Nonostante che questa sia una posizione scomoda (non è facile stare in piedi e parlare mentre le onde fanno dondolare la barca, inoltre non è neanche facile farsi sentire se ci si distacca troppo), Gesù sceglie di predicare da lì. Sembra quasi che voglia staccarsi dal gruppo e obbligare la gente a guardare fuori dalla propria cerchia, aprire lo sguardo verso il largo. Anche se noi cristiani (e anche i preti e i religiosi) siamo tra la gente e siamo persone come tutti, per predicare in modo efficace dobbiamo saperci staccare un po’ da loro, sia per concentrarci (momenti di preghiera e di riflessione personale), sia per la diversità del nostro comportamento, del nostro stile di vita cosicché la testimonianza di vita obblighi gli altri a guardare in una direzione diversa. L’esempio è il modo migliore per predicare.
Poi invita Pietro a “prendere il largo”, cioè ad andare dove le acque sono profonde. Le acque profonde rappresentano sempre il luogo del pericolo, della morte; pensiamo alle tempeste sedate, al diluvio, eccetera. Proprio là dove tutto è incerto e pericoloso, Pietro deve gettare le reti del suo apostolato. Gesù ci chiede di andare incontro ai lontani, non a rimanere al comodo del nostro ufficio o della nostra chiesa, dove c’è solo chi è già venuto da noi e già ci conosce. È anche quanto ripete sempre Papa Francesco che chiede ai Cristiani di andare alle periferie, nei luoghi dove nessun altro va.
“Pietro esita”, non solo per il pericolo ma anche perché Gesù gli sta chiedendo una cosa assurda. Tutti i pescatori sanno che di giorno i pesci si spostano sul fondo del lago e quindi è impossibile prenderli; le reti vanno gettate di notte, quando i pesci vengono a galla. Quindi Gesù gli chiede qualcosa che di sicuro fallirà e lui ci farà una brutta figura davanti a tutti i suoi compagni e conoscenti. Ma poi si riprende e dice: “Ma sulla tua parola getterò le mie reti”. L’apostolato lo si fa perché ci si fida di Dio e del suo piano, non perché abbiamo tutto già programmato secondo la nostra logica umana. A sforzi umani corrispondono risultati umani, normali, i risultati prodigiosi si ottengono solo quando usciamo dalla mentalità comune per accettare i valori del Vangelo (nonostante le figuracce che rischiamo di fare). Pensiamo ad alcune richieste di Gesù come perdonare i nemici, mettersi a servire; pensiamo ai voti religiosi, all’amore vissuto in modo autentico.
Abbiamo detto che le acque profonde sono acque di morte. Allora la pesca fatta da Pietro in quelle acque ci insegna che il nostro apostolato è togliere le persone dalla situazione di morte in cui spesso si trovano (peccato, compromessi, ateismo) per portarle alla vita nuova in Cristo.
Mentre sono all’opera e si rendono conto di quanto immenso sia l’impegno, “chiamano anche altri a dar loro una mano”. Il nostro apostolato diventa fecondo anche dal punto di vista vocazionale, quando è autentico e profetico. Forse noi religiosi facciamo lo sbaglio di preparare dei percorsi vocazionali ben preparati e logici, ma mancanti di una sfida apostolica impegnativa.
Notiamo la reazione emotiva di Pietro: “Allontanati da me che sono peccatore”. Non è che in quel momento ha commesso un peccato, anzi, ha dimostrato fede e dedizione, ma quando si fa un’esperienza forte dell’amore di Dio, la prima sensazione è il nostro senso di debolezza e indegnità. L’impegno a cambiare mentalità, ci fa recuperare la nostra dignità, non per merito nostro, ma per grazia di Dio per cui ora Pietro comprende il senso della sua vita: diventare “pescatore di uomini”.
Ne deriva naturalmente la vocazione, infatti, dopo aver tirato le reti a riva, aver concluso la loro opera, i discepoli “Lasciarono tutto e lo seguirono”. Sappiamo da altri passaggi che continueranno a usare la barca e a pescare. Quello che lasciano è la vecchia mentalità, il vecchio modo di vedere le cose e di farle, lo scopo per cui farle, le priorità che si pongono nella vita.
Qual’ è il messaggio per noi? Noi tutti siamo chiamati a incontrare Gesù nella normalità della vita, durante il nostro lavoro quotidiano. Lì dobbiamo metterci a sua disposizione, non per cambiare quello che facciamo, ma il modo in cui lo facciamo, lo scopo che abbiamo nel farlo. La nostra testimonianza e il nostro impegno devono diventare una provocazione per gli altri, specialmente i più lontani da Dio e i più freddi, a riconoscere che Gesù è là anche per loro.