Come vincere la battaglia della vita

La felicità di vivere con Gesù. (Lc 6,20-26)

Noi siamo abituati a sentire le beatitudini scritte nel vangelo di Matteo, sono più numerose, più varie e teologicamente molto più profonde. Come ben sapete esse sono l’introduzione al grande discorso della montagna, il discorso programmatico di Gesù, quindi Matteo racchiude lì tutta la teologia riguardante l’apostolato di Gesù. Luca, invece, aveva posto il discorso programmatico di Gesù al momento della sua visita a Nazareth, episodio che abbiamo commentato 3 domeniche fa. Abbiamo detto, quindi, che le beatitudini nel vangelo di Luca hanno un’impostazione e una funzione diversa. Luca è molto attento alle tematiche sociali, a partire dal Magnificat, ma è proprio a quel discorso a Nazareth al capitolo 4 che dobbiamo fare riferimento per capire il modo in cui Luca usa le frasi di Gesù. Se vi ricordate, là, Gesù aveva detto che era venuto per dare il lieto annunzio ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, eccetera. Ebbene, ora Gesù ha cominciato ad incontrare le folle e ha davanti a sé delle situazioni concrete di povertà, quindi applica proprio lì il suo programma, utilizzando lo stile delle beatitudini. La “buona novella” che è venuto a proclamare è presentata utilizzando l’espressione: “Beati voi”. Gesù parla spesso del Regno dei cieli, e sempre si riferisce alla sua presenza in mezzo a noi, cioè all’irruzione di Dio nella storia dell’uomo attraverso l’incarnazione di Gesù. Ora Lui è lì per loro, per prendersi cura di loro, ecco perché essi sono “beati”. Subito dopo ne fa un’applicazione pratica quando dice agli affamati e agli assetati che essi saranno saziati, e qui non ci sono dubbi che parli di qualcosa che si deve realizzare qui in terra e non nei cieli dopo la morte. Il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare non è solo una cosa del cielo, è già presente sulla terra. Se la gente accoglierà il suo messaggio e comincerà a vivere seguendo il suo esempio, fame e sete scompariranno perché le ricchezze saranno distribuite in modo tale che ognuno abbia più del necessario. Questo è lo scopo per cui Dio le ha create.

Purtroppo ci sono persone che si oppongono a tale progetto d’amore di Dio perché sono chiuse nel loro egoismo e nella loro avidità. Lui li raggruppa con il semplice nome di “ricchi” e a loro si rivolge con un espressione opposta a quella della beatitudine: “Guai a voi”. Noi ci chiediamo: ma Dio può maledire? Nella bibbia l’espressione “guai a voi” non è una minaccia, ma una constatazione di sofferenza, come se dicesse: “Poveracci, mi dispiace per voi”. La felicità della nostra vita non è generata da quanto abbiamo costruito o guadagnato, ma dalla presenza di Dio in noi, dalle grandi grazie che Lui può operare in noi quando gli facciamo posto. I ricchi non saranno puniti da Dio, che al contrario continuerà ad amarli, ma loro questo amore non lo possono percepire perché sono pieni di sé, chiusi nella loro falsa felicità che presto li lascerà a bocca secca e pancia vuota. Loro maledicono se stessi. Questo è anche il senso delle parole di Maria quando dice: “… ha guardato all’umiltà della sua serva, … ha fatto in me cose grandi … ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”.

Allora la prima beatitudine indica il tema e fa da fondamento alle altre: “Beati voi poveri”. Facciamo attenzione a comprendere bene il significato di questa frase. Non è una frase generica cioè un dire che tutti i poveri sono beati. Quando a Nazareth aveva detto “Sono stato mandato a portare il lieto annuncio ai poveri” voleva  dire che non sarebbero rimasti poveri. Lui è venuto a riscattarli da quella situazione; ma sta parlando anche a persone che per seguirlo hanno lasciato tutto, cioè si sono fatti poveri. In poche parole non è beato il povero di per sé, perché ci potrebbe essere chi questa povertà la maledice, la vive con rabbia, scoraggiamento, odio. Beato, cioè felice, è colui che, invece, abbraccia o addirittura ricerca una posizione di povertà, cioè un distaccamento dalle cose materiali per dare spazio a qualcosa di più grande che è Gesù. Essi sono beati perché nello scegliere Gesù hanno scelto chi può veramente portare un cambiamento alla loro vita.

Adesso si capisce perché mentre le altre due beatitudini hanno una risposta diretta: avete fame sarete saziati, piangete, sarete consolati, riguardo alla povertà la risposta sembra più complicata, meno materiale.  Gesù ha annunciato chiaramente che è venuto a portare un lieto messaggio ai poveri, ai sofferenti, ma il messaggio è: Il Regno di Dio è vostro cioè io sono qui per voi. Quei poveri che stanno ascoltando Gesù, sono beati perché Gesù è là con loro, cura molti di loro e parla a loro. I più fortunati sono gli Apostoli perché hanno lasciato tutto per seguirlo; si sono resi poveri ed ora hanno la cosa più importante.

Ma cosa comporta fare questa scelta di povertà? Dobbiamo buttare tutto dalla finestra? No! Domenica scorsa vi ho detto che Pietro non ha rinunciato a fare il pescatore. Quello che ha lasciato è il suo vecchio stile, la ragione del suo pescare, la scopo della sua vita. Gesù non ha mai disprezzato le cose materiali in sé, ma ci chiede di verificare il nostro modo di rapportarci ad esse. C’è chi attacca il suo cuore a cose materiali, piccole o grandi che siano, e ne diviene schiavo: costui è maledetto. Ma c’è chi, invece, si rende conto che i beni non sono suoi, ma sono di Dio che ce li ha dati per l’utilità dell’umanità. I beni sono fatti per essere al servizio di tutti, per costruire relazioni; attraverso la condivisione di essi possiamo mettere in pratica il comandamento dell’amore. Tutto ciò che possediamo, se ce lo teniamo stretto, lo perderemo alla dogana della vita, ma quello che abbiamo trasformato in amore, allora possiamo portarcelo anche di là. 

Ma questo è un messaggio difficile da accettare. Chi possiede molte cose, fa fatica a lasciarle e spesso combatte fino all’ultimo per non perdere la sua posizione o i suoi privilegi. Ecco allora che, a conclusione del suo messaggio, Gesù pone la quarta “beatitudine”, accompagnata dal quarto “guai a voi”. “Beati voi quando sarete perseguitati…”. Questa beatitudine è più lunga delle altre e non descrive la condizione attuale, ma una proiezione futura. Qui non c’è un “ora”, ma un “quando sarete perseguitati”. Perché? Come abbiamo già detto sopra, voi volete instaurare il mondo nuovo, quello dell’amore di Dio, del servizio, ma il mondo vecchio non ci sta a lasciare il suo posto. La sete di potere, di autoaffermazione, di rivalsa, sono troppo forti in ciascuno di noi e lotteranno fino alla fine per mantenere la loro posizione. La testimonianza dei cristiani, se sinceri e fedeli a quanto credono, destabilizza la struttura egoistica su cui è basata la società di oggi, allora essa si ribella e li combatte. La persecuzione è il destino che da sempre caratterizza tutti i giusti, lo dice Gesù parlando dei tanti profeti che furono uccisi dagli Ebrei perché portavano un messaggio diverso. Fu anche la situazione di Gesù che fu messo a morte perché portava un messaggio scomodo per i suoi connazionali che si vedevano spodestati dalla loro posizione di potere. È la situazione di ogni nazione dove, all’inizio del cristianesimo, ci sono stati dei martiri.

Quindi, ricapitolando, possiamo dire che le beatitudini riguardano ogni nostra situazione di sofferenza o povertà, sia essa causata da altri o sia frutto di una nostra scelta precisa, e ci dicono che nel momento in cui abbracciamo tale situazione e apriamo il nostro cuore alla grazia di Dio, Egli può fare la differenza e far nascere in noi la gioia interiore.

 

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