A Dio interessano le persone, non le azioni.

 A Dio interessano le persone, non le cose. (Lc 6, 27-38)

Il Vangelo di oggi è il continuato di quello di domenica scorsa. Se vi ricordate esso finiva definendo beati coloro che sono perseguitati. Quando questo avviene ci sorge spontanea la domanda: come dobbiamo comportarci? La cosa più spontanea che ci viene in mente è quella di ripagare con la stessa moneta. Di fronte all’ingiustizia, dobbiamo lasciarci guidare dall’istinto o agire in modo diverso? La risposta di Gesù è articolata in tre paragrafi, cioè tre passi che segnano il nostro avvicinamento a quell’ideale che è vivere come Gesù ha vissuto.

Il primo paragrafo porta alcune frasi che, prese in sé, sono assurde, inconcepibili per chi ragiona solo da un punto di vista umano. Esse sono caratterizzate da 4 verbi: Amare, fare del bene, benedire e pregare. Sono verbi forti che descrivono un’azione esattamente opposta a quella fatta dalle persone che abbiamo di fronte a noi. Per comprendere il perché di questa contraddizione, bisogna partire dalla nostra fede in Gesù e soprattutto dall'esempio della sua vita. Lui ci insegna che a Dio non importa quello che uno fa, ma importa la persona in se stessa. Gli sbagli sono frutto delle nostre debolezze e Lui è sempre disposto a perdonarli, perché a Lui sta a cuore la nostra salvezza perché siamo suoi figli. Il male, naturalmente, è sempre da rigettare, ma la persona che fa il male è da riscattare, salvare. Dio rigetta il peccato, ma ha mandato suo Figlio per perdonare e salvare i peccatori. Solo così possiamo comprendere i precetti che abbiamo ascoltato nel Vangelo di oggi.

Amare i nemici, fare del bene a chi ci odia, non vuol dire accettare e neppure approvare quello che fanno, ma avere il desiderio di salvarli perché anche loro sono figli di Dio, quindi in sé sono buoni. Non sappiamo perché essi hanno imboccato una strada sbagliata. Quindi, quando ho di fronte a me uno che mi odia e mi perseguita, io devo amarlo perché Dio lo ama. Il mio sentimento non deve essere l’ira ma la compassione: lui, rimanendo radicato nel suo errore, sta facendo del male a se stesso, non a me.

Ma come faccio ad amarlo? Aiutandolo a liberarsi da quello che lo ha reso così, cioè combattendo il male. Mi direte: “Che complicato che sei oggi!”

Cerco di spiegarmi. Se il male lo combatto con il male, non solo non lo sconfiggo, ma anzi lo rafforzo. L’odio produce altro odio e si innesca una catena di danni senza fine. Chi eventualmente potrei sconfiggere è la persona che allora farà più fatica a rialzarsi e sarà sempre più schiava del male. È come se volessimo combattere un incendio usando altro fuoco. Il fuoco si combatte con l’acqua, il male con il bene, il peccato con il perdono. Solo così esso diminuisce e la persona si rende conto dei suoi errori e sente il bisogno di cambiare. Questa è la novità introdotta dal Cristianesimo, che ci rende diversi dagli altri. È un atteggiamento difficile, coraggioso, che richiede ogni nostro sforzo perché va contro la nostra natura ribelle e vendicativa, ma Gesù sa che è l'unica soluzione per i problemi del mondo.

Nel secondo paragrafo si parla di giustizia umana: fare per ottenere, dare per ricevere. La domanda che Gesù pone è: “Che guadagno ne avete?” A dire il vero, la parola usata da Gesù non è “guadagno”, ma “gratuità”. Il mondo guarda al guadagno materiale perché gli sembra l’unico modo per sopravvivere, ma se nelle nostre azioni puntiamo solo a un guadagno umano, allora presto esso sparirà. Gesù invece introduce questo nuovo tipo di giustizia basata sulla grazia di Dio, che quindi è gratuita. Non possiamo dire di essere Cristiani solo perché andiamo in chiesa a pregare, se poi quando usciamo ci dimentichiamo di tutto e ritorniamo ad essere gli stessi di sempre. Se vogliamo essere veramente figli di Dio e seguaci di Gesù, dobbiamo cominciare a ragionare come Lui. Ecco allora la frase centrale di tutto il discorso: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”. La parola misericordia, nella cultura orientale, indica l’amore che una madre ha per la creatura che porta in grembo. Per loro questa era l’immagine che più di tutte potesse descrivere un amore di pura donazione, totalmente libero da interessi materiali. Qui Gesù non ci sta dando un consiglio, ma indicando una strada, l'unica strada possibile verso la vera felicità. Ecco allora che viene il terzo paragrafo.

A prima vista esso sembra essere in contraddizione col secondo perché ci indica un guadagno: "Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato, date e vi sarà dato con abbondanza". Allora un guadagno si può avere. Non è forse questo che ciascuno di noi vuole e desidera dalla vita? Si tratta di capire da dove viene questa ricompensa. Essa non viene né dagli uomini né dai nostri sforzi, ma direttamente da Dio. Per ottenerla, però, dobbiamo cambiare totalmente il nostro modo di pensare e di comportarci e far più spazio a Gesù. Lo so che è difficile, e lo sperimento ogni giorno anch'io, ma se iniziamo, allora è Dio stesso che, giorno per giorno, ci accompagna e ci fa provare la gioia della vita, però non dobbiamo stancarci e dopo ogni sbaglio dobbiamo ricominciare ad amare. Dio è un Padre misericordioso e non si stanca mai di amarci, e la sua ricompensa è una misura traboccante, molto più grande di quanto noi possiamo pensare o accogliere.

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