Guide accecate dall’ipocrisia
Guide accecate dall’ipocrisia (Lc 6 39-49)
Continua l’insegnamento di Gesù che ci ha accompagnati nelle ultime due domeniche. Dopo aver parlato delle esigenze della vita cristiana e dello stile di vita, oggi parla delle relazioni. Gesù si rende conto che nel mondo ci sono tante persone che si atteggiano a maestri e guide, ma lo fanno solo per interesse. Noi chi seguiamo? Lui dice: “Può forse un cieco guidare un altro cieco?” Cieco è chi non vede, o meglio, nel nostro caso, chi vede solo l’esteriorità senza vedere la presenza di Dio e la sua opera. Chi segue persone incapaci di vedere Dio, guide false, andrà di sicuro a finire in un buco. Troppo spesso anche noi non sappiamo riconoscere la vera identità delle persone perché giudichiamo solo l’esteriorità e non ci ricordiamo che tutti sono figli di Dio e che Lui ci chiede di vivere di misericordia. Facciamo attenzione a chi pretende di essere una guida e non è un seguace di Cristo. Ce ne sono molti che pretendono di sapere tutto, di avere la soluzione per tutto, ma non sappiamo dove ci conducono.
Come si riconoscono le guide buone? Da come trattano le altre persone. Cristo tratta sempre con misericordia, incoraggia al bene, si abbassa al livello degli altri per aiutarli. Chi, invece, si atteggia da “superiore”, esige dagli altri senza abbassarsi ad aiutarli, dà più importanza ai risultati che alla persona, costui è una guida cieca.
Oltre che a seguire Gesù, noi siamo chiamati a diventare guide buone per gli altri, ma per diventare buone guide dobbiamo cambiare il nostro modo di vedere e di agire. Quando guardiamo al mondo, di solito, lo dividiamo in due parti: da una parte c’è tutto quello che ci piace, che ci attira e da cui possiamo guadagnarci; dall’altra ciò che è contro di me, pericoloso, da combattere o almeno da evitare. La formazione di questi due gruppi, naturalmente, è dettata dal mettere al centro il nostro essere. Allora nell’insegnamento di Gesù, il nuovo modo di vedere le cose è dettato dal fatto di mettere Dio al centro di tutto e vedere il nostro rapporto con cose e persone nell’ottica di Dio e del loro rapporto con Lui.
Come riconoscere se stiamo vedendo le cose nel modo giusto e quindi agendo nel modo giusto? Lui dice: “Un albero lo si riconosce dai frutti che produce”. Di per sé noi siamo tutti alberi buoni, perché siamo stati creati da Dio, quindi dovremmo dare frutti buoni, ma molto dipende da cosa riempie la nostra testa e il nostro cuore: “La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”. Se nel nostro cuore nascondiamo malvagità, rancore, odio, gelosia, invidia, e tanti altri pensieri cattivi, prima o poi, che vogliamo o no, queste cose si manifesteranno anche all’esterno.
Gesù dice chiaro nel vangelo di oggi: “L’uomo cattivo dal suo tesoro cattivo trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore”. Dobbiamo nutrirci di bene per produrre solo bene. Il modo di farlo? Guardare a Gesù, cercare di imitarne lo stile. Lui è il nostro maestro e come abbiamo ascoltato: “Ognuno ben preparato sarà come il suo maestro”. Dobbiamo imparare da lui, mettere in pratica le sue parole, se vogliamo portare frutti buoni nella nostra vita, il che vuol dire fare cose che poi veramente ci gioveranno e saranno apprezzate dagli altri.
Il secondo paragrafo è particolarmente duro e parla dell’ipocrisia e del voler mettersi in mostra davanti agli altri, il pretendere di insegnare agli altri cose che nemmeno noi sappiamo. È un atteggiamento col quale ci scontriamo tutti i giorni. Quante persone, a partire da noi stessi, si mettono sempre in mostra di fronte agli altri pretendendo di essere migliori. Prima abbiamo parlato di chi pretende di essere una guida per gli altri, questo è una parte importante di questo atteggiamento e cioè il permettersi di giudicare gli altri, di pretendere di poter correggere gli errori. Mi sono permesso di sottolineare questo punto perché a mio parere c’è sotto un aspetto psicologico importante. Normalmente, le persone che si mostrano rigide e intransigenti, sono convinte di farlo per amore alla verità e per la buona riuscita della vita e delle attività; naturalmente è impegno di tutti di lavorare per il buon andamento di tutte le attività, e specialmente le persone incaricate devono aiutare i confratelli a correggere i propri errori, ma molto spesso tutto questo desiderio di sottolineare gli errori degli altri deriva solo da egoismo e interesse personale. Psicologicamente parlando, le cose che più ci colpiscono, sia in positivo che in negativo, nelle persone attorno a noi, non sempre sono le più importanti, ma quelle che toccano i punti più deboli della nostra personalità, i punti fragili o quelli di cui ci vergogniamo. Allora, spesso il correggere l’altro serve a sviare la tensione interiore di disagio riguardo a quel punto, a giustificare un po’ la mia debolezza dicendo che anche altri sono come me e forse peggio di me e comunque sviare l’attenzione di altri che potrebbero notare i miei errori e ora sono invece impegnati a guardare quelli di chi io sto correggendo. Ecco perché Gesù dice loro: “Ipocrita, togli prima la trave che sta nel tuo occhio e poi potrai aiutare il tuo fratello a togliersi la pagliuzza”. Un vero spirito di insegnamento e aiuto è sempre fatto nella carità, nel rispetto della privacy, a livello personale e non in pubblico, con parole di misericordia e incoraggiamento e non parole dure e basate su giudizi. Inoltre chi agisce in carità è disposto a un cammino di conversione, chi invece giudica vuole un cambiamento radicale e subito. Al termine, che dire? C’è un altro passo del Vangelo che ci risponde: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Non impareremo mai abbastanza la virtù dell’umiltà.