L'Autorità di Gesù e la poca autorità nostra
Autorità di sconfiggere i demoni che ci rendono schiavi. (Mc 1,21-28)
Il vangelo di Marco, dopo averci detto che Gesù ha formato il primo nucleo di discepoli, e prima di iniziare i racconti del ministero di Gesù, ci presenta quella che potremmo definire “la giornata tipica” cioè una presentazione della caratteristiche delle attività di Gesù. La troviamo ai versetti 21-35 del primo capitolo. Questi versi formano il vangelo che leggeremo oggi e domenica prossima.
Secondo la mentalità ebraica la giornata iniziava con i vespri della sera e proseguiva fino al tramonto del giorno successivo; quella presentata da Marco, invece inizia al mattino e si conclude al mattino successivo. Ci sono due ragioni redazionali per tale scelta: prima di tutto Marco ci vuole far vedere che l’attività di Gesù è compresa tra la preghiera ufficiale (nella sinagoga) e la preghiera personale (nel luogo appartato al mattino seguente); seconda ragione è che, così facendo, comprende sia un giorno di Sabato (festivo e legato da tante restrizioni legali) che un giorno feriale. Quindi questa giornata “ideale” riguarda ogni giorno della vita. La giornata è presentata a tutti noi, suoi discepoli, perché prendiamo esempio da Gesù per la nostra vita.
Una prima caratteristica che risalta è la capacità di Gesù di “stare alla presenza”, di Dio (la preghiera personale in un luogo solitario), e della gente (con loro prega, a loro predica, li guarisce, li visita); insomma sa distinguere i momenti di solitudine da passare direttamente con Dio, e i momenti sociali dove Dio lo incontra negli altri.
La gente si rende conto di questo suo modo di comportarsi, ne rimane stupita e lo definisce con una parola: “autorità”. “Insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Che cos’è questa autorità che affascinava tanto la gente semplice?
Di solito quando noi parliamo di autorità intendiamo il potere o l’influsso che una persona che è superiore ha sopra altri che sono inferiori; a fare la differenza è o la posizione sociale (una carica), o i soldi (ricco o povero), o la scienza (esperto o ignorante). Tutti noi vorremmo avere questo tipo di autorità, sentirci superiori, più protetti e sicuri, far colpo sulla gente e poterla comandare. Chi di noi, in vita sua, non ha invidiato almeno una volta una persona più ricca, un politico, un esperto, uno che ha fatto carriera? Su questo tipo di autorità si basa tutta la società; ci sono posizioni ben definite che vanno rispettate perché la società funzioni. Il governo fa le leggi e noi le mettiamo in pratica; a scuola la maestra comanda e gli allievi obbediscono; anche papà e mamma alle volte devono alzare la voce per farsi obbedire dai figli; sembra che senza autorità il mondo cadrebbe nel caos. Ma non è di questa autorità che parla il vangelo di oggi, infatti Gesù non aveva alcuna posizione sociale, nemmeno denaro, mentre gli scribi del tempo avevano tutto questo e probabilmente, da un punto di vista di studi erano più dotti di lui. Allora quello che la gente percepiva in Gesù deve riferirsi a qualcosa di altro.
Di per sé il vangelo attribuisce questa autorità all’insegnamento di Gesù. Gli scribi del tempo, quando spiegavano la Sacra Scrittura nelle sinagoghe, ripetevano quello che avevano studiato, cioè gli insegnamenti di grandi maestri del passato, senza incarnare il loro messaggio nella quotidianità di chi ascoltava, anzi spesso si servivano di questa scienza per umiliare gli ignoranti, far vedere la loro superiorità e obbligarli a fare ciò che volevano loro. Erano dei mestieranti che avevano studiato Teologia. Nel modo di parlare di Gesù, invece, la gente coglieva un messaggio che sapeva adattarsi alla loro situazione, qualcosa di nuovo che toccava la vita cogliendone i veri bisogni e sapeva portare le persone alla liberazione. Non si tratta solo delle parole pronunciate ma anche del suo comportamento o dello stile di vita di Gesù; c’era coerenza tra quello che diceva e quello che faceva. Gesù non si presenta come uno che vuole comandare, ma come uno che serve; non come uno che vuol stare al di sopra, ma come uno che vive in mezzo alla gente e la aiuta a riscattarsi. I miracoli che Gesù fa servono sempre a liberare delle persone che in qualche modo sono legate, tenute schiave o da un’infermità, o una da posizione sociale di rigetto, o da possessioni di demoni. L’incontro con Gesù mette queste persone nella posizione di riconoscere la loro situazione e il loro bisogno dell’intervento di Dio, di fidarsi di Gesù, e questo li libera e li restituisce alla dignità di uomini. L’autorità degli scribi e dei farisei, invece, rendeva le persone sempre più legate e ignoranti, incapaci di rialzarsi dalla loro situazione di miseria. Anche noi, spesso, vogliamo che amici o parenti restino attaccati, dipendenti da noi. Lo stesso capita a quei preti che alle volte trattano i “fedeli”, le persone che vengono a parlare o confessarsi, i bambini di catechismo, i giovani, come fossero un loro possesso.
Veniamo al miracolo fatto da Gesù. Secondo Marco questo è il 1° miracolo: un ossesso.
Marco sceglie questo miracolo perché è il paradigma di come Gesù ha agito durante tutta la sua vita.
Chi è il demonio che possiede? Non necessariamente un demonio in forma fisica, ma tutte quelle strutture sbagliate, strutture di male che ci impediscono di essere liberi di amare, di essere in comunione vera con Dio e con il prossimo: tutte le forme di gelosia, sfruttamento, servilismo, egoismo, arroganza, autoritarismo, razzismo, sessismo.
La persona presentataci nel vangelo è uno che partecipa regolarmente alla liturgia e non dà fastidio a nessuno, ascolta le omelie degli scribi e queste non producono in lui alcun effetto. Quando però si scontra con la parola di Gesù, il demonio che è dentro di lui esplode.
Molte nostre prediche lasciano tranquilli i demoni, non li disturbano. Una volta un santo vescovo disse: “Credo che ci sia qualcosa di sbagliato nella mia predicazione, infatti quando Gesù andava in giro a predicare scatenava l’ira dei capi o dei responsabili politici e religiosi, quando invece io vado nei paesi, mi invitano a pranzo o a bere il caffè”.
L’efficacia della parola di Gesù, come abbiamo detto sopra, non dipende solo dal contenuto. Abbiamo sentito oggi, e questo fatto ritorna altre volte nei vangeli, che lo spirito immondo, prima di essere cacciato, rivela la vera identità di Gesù: “Tu sei il santo di Dio”. Gesù lo zittisce. Perché? Dopo tutto stava dicendo la verità, stava rafforzando l’immagine di Gesù davanti alla gente, quindi gli stava facendo un favore. Eppure Gesù, questo tipo di favore non lo vuole. Solo se si comprende l’autorità di Gesù nel modo in cui abbiamo parlato sopra, si riesce a capire perché Gesù impedisce ai demoni di parlare. Non vuole che la gente pensi a Lui come uno dei tanti capi del passato, magari il più buono ma pue sempre della stessa specie, cioè un maestro che ricerca potere e comando. Nel regno che Gesù vuole instaurare non c’è spazio per superiori e inferiori, per ricchi e poveri, per sapienti e ignoranti; nel suo regno tutti sono uguali e “Chi vuol essere il primo si faccia servitore di tutti”. In poche parole non si tratta di capire chi è Gesù ma di imparare a seguire il suo modo di pensare e di agire. La maggior parte degli anticlericali e degli atei sa che Dio esiste, ma semplicemente ne rifiuta il messaggio. Purtroppo molto spesso anche noi, gente di Chiesa che a parole professiamo la fede e la vita cristiana, cadiamo nella tentazione del potere, dell’avere, dell’apparire e, in pratica, con la nostra vita, rinneghiamo tutto quello che professiamo a parole.
Le tre tentazioni di Gesù nel deserto sono chiare ma noi ci cadiamo ogni giorno. Ci si sente meglio ad avere un Dio Onnipotente piuttosto che uno che sta su una croce; uno che sa fare i miracoli piuttosto che uno che ti dice: “Prendi la tua croce e seguimi”.
Noi siamo chiamati a testimoniare al mondo qualcosa che questo mondo non capisce più. Il mondo crede di sapere tutto, di poter dare la soluzione a tutto, e non si accorge che è diventato schiavo di questa sua mania di onnipotenza. Siamo chiamati a far capire a tutti quelli che incontriamo che la vera libertà, il vero progresso, non dipendono dal loro potere ma dalla grazia di Dio. Le cose spirituali hanno più forza e importanza di quelle materiali.