Una gara dove vince chi sta dietro, non chi scappa avanti.



La difficile strada per seguire Cristo. (Mt 16,21-27)

Domenica scorsa Gesù, dopo aver lodato Pietro per la sua professione di fede ed averci spiegato che essa è frutto dell’opera dello Spirito Santo in noi, aveva concluso dicendo ai discepoli di non rivelare ad alcuno che lui era il Messia. Perché questo? Perché la gente cercava un Messia che era l’opposto da quello che Gesù voleva essere. Essi attendevano una guida politica e militare che prendesse in mano il potere e guidasse il popolo alla liberazione dalla dominazione romana restaurando il vecchio regno di Davide, guidandolo con giustizia e fedeltà. Volevano, quindi, qualcuno tipo il re Davide o i Maccabei. Questa idea ce l’avevano anche i dodici apostoli, lo vediamo testimoniato anche nel vangelo di oggi, e penso che buona parte dei Cristiani contemporanei abbiano un’idea di Dio molto simile. Ecco perché Gesù domanda: “Chi dite che io sia?” In che Dio credete? Che Dio volete? Un Dio potente operatore di miracoli che vi risolve tutti i problemi? Un Dio che castiga i malvagi e premia i buoni? Ebbene, questo non è il Dio di Gesù Cristo e quel modo di agire non corrisponde alla missione che Gesù è venuto a svolgere nel mondo.
Allora presenta in modo chiaro il suo destino: “Cominciò a spiegare che doveva andare a Gerusalemme, soffrire molto da parte degli anziani, dei capi del popolo e degli scribi, e venire ucciso”.
“Deve andare”, questo deve non è causato da un ordine, ma è un dovere dettato dalla sua “Identità” che è “l’amore”. Gerusalemme è la capitale del potere politico e religioso. Qui va subito fatta una distinzione, spesso a noi non chiara, tra potere e autorità. L’autorità è un servizio che la persona rende alla comunità guidandola e proteggendola; Gesù agiva e parlava come uno che ha autorità. Il “potere”, invece, è imporre la propria volontà sugli altri con forza o violenza e porta ad un mondo fatto di soprusi e ingiustizie. Lui non va a Gerusalemme perché vuole morire, ma perché deve scontrarsi con questo potere e dichiarare al mondo il loro errore e la falsità di quel mondo vecchio che loro difendono con forza. Naturalmente sa che va come agnello in mezzo a lupi e quindi verrà ucciso.
Chi sono le persone che lo faranno soffrire? Ne nomina tre categorie:
1- Gli anziani del popolo. Essi sono i difensori della tradizione, del modo di vivere del mondo vecchio, della cultura che dice: “Beati i ricchi e i potenti”, l’opposto di quello che lui aveva presentato nel discorso della montagna.
2- Ci sono poi i Sacerdoti, i capi del culto e del tempio. Loro basavano la loro ricchezza sui sacrifici che la gente faceva. Predicavano una religione fatta per chi si vuole comprare Dio attraverso le preghiere o le offerte.
3- Infine ci sono gli Scribi. Essi erano i custodi della Parola di Dio, gli unici autorizzati ad interpretarla. Però essi avevano dimenticato tutti i profeti e i loro messaggi di misericordia e conversione, e predicavano il Dio legislatore che punisce i malvagi e i trasgressori e premia solo i buoni.
Ebbene, cosa può Gesù contro tutti questi? Umanamente parlando, niente. Questi lo cattureranno e lo metteranno a morte, ma la morte non è l’ultima parola. Per chi dona la sua vita, come ha fatto Gesù, la morte è solo il passaggio alla vita vera, la vita eterna. Se togliamo questo aspetto della resurrezione dalla predicazione di Gesù crolla tutto.
Ecco perché i discepoli, come tutti noi, fanno fatica ad accogliere il linguaggio di Gesù. Avevano capito bene cosa aveva detto ma la parola “Morte” era troppo forte e la parola “Risurrezione” troppo vaga e debole per loro.
Pietro si fa ancora una volta portavoce di tutti. Interessante il linguaggio che Matteo usa per descrivere la scena. Pietro “prende in disparte” Gesù e lo “Rimprovera”. È l’atteggiamento del maestro che prende in disparte l’allievo che ha sbagliato e gli insegna la strada giusta. Pietro ha in mente tante profezie antiche che parlano della gloria del Messia, delle gesta e vittorie che lo porranno sopra tutte le nazioni. Strano che Gesù non ricordasse tutte queste cose, per cui tocca a lui ora redarguirlo. Vi rendete conto? Pietro che proprio poche righe sopra era stato proclamato da Gesù come “modello di fede” e come “detentore delle chiavi del Regno”, ora si pone come maestro contro Gesù.
“Gesù voltatosi”, il verbo indica che Gesù è già in cammino e Pietro con le sue parole cerca di mettersi davanti a lui per fermarlo e insegnargli la strada giusta. Allora tocca a Gesù rettificare le cose: “Non ti mettere davanti a me, stai dietro”; se ti metti davanti diventi un ostacolo, tu devi seguirmi non precedermi. La parola usata da Gesù, “satan”, non è un nome proprio ma indica il nemico che ti guida sul cammino sbagliato che porta alla morte. Pietro, la roccia su cui Gesù edificherà la sua Chiesa, nel momento in cui dimentica la fede e torna a pensare in modo umano, diventa “pietra d’inciampo” e guida fuorviante.
Pietro non è cosciente del suo errore, egli è convinto di fare il bene di Gesù parlando così. Questo è spesso anche il nostro problema perché, quando facciamo scelte umane, non lo facciamo per cattiveria, ma siamo convinti di fare le scelte giuste, quelle più logiche, quelle che portano al successo. Quante volte facciamo progetti ma li basiamo solo su criteri umani e non sui criteri del Vangelo. Le pagine di storia della Chiesa sono piene di progetti falliti perché portati avanti solo in modo umano e sono sfociati in scandali, abusi, eccetera. Se voi guardate a tutte le fotografie che avete nei quadretti di casa, negli album, parlano tutte dei momenti “belli”, dei successi, delle conquiste. Normalmente noi non teniamo fotografie che ci ricordino i momenti dolorosi o le sconfitte. Noi vogliamo cancellare la sofferenza e le sconfitte dalla nostra vita, eppure esse ci formano e insegnano più, che le vittorie facili. Il discepolo impara mettendosi dietro al suo maestro, guardando con attenzione a dove pone i suoi piedi. Gesù non evita la sofferenza ma la guarda in faccia.
Ma quali sono i criteri divini con i quali fare le scelte di vita? Cosa dice il vangelo quando si tratta di fare progetti per il futuro?
Ce lo dice Gesù. Prima di tutto inizia la sua frase con un “Se qualcuno vuole …” Lui non obbliga nessuno, fa una proposta di vita; tocca a noi accettarla o rigettarla e lui non si opporrà alla nostra scelta.
Poi indica 3 verbi che descrivono cosa fa chi sceglie la via dell’amore:
a) “Rinneghi se stesso”. Non è l’elogio del sacrificio o delle penitenze come spesso si è detto in passato. Queste spiegazioni vecchie ci hanno creato un immagine del cristianesimo come di una religione triste; Gesù ci vuole felici. Ma se noi seguiamo la via della ragionevolezza umana, essa ci porta alla ricerca del “piacere”, ma non alla “gioia”. Il mondo ci dice: “metti al centro del tuo modo di pensare e dei tuoi progetti, te stesso e il tuo successo”. Questo porta a divisioni, gelosie, ansia e violenza. Gesù, invece, dice: “Metti al centro l’amore. Ama tutti e sempre, anche il nemico. Solo amando riuscirai a vivere a pieno la tua natura di Figlio di Dio”. La fatica più grande da fare, quindi, non è nel cercare di vincere, ma nello spogliarsi delle nostre ragioni, dei nostri pregiudizi, delle nostre attese per assumere la logica del Vangelo.
b) “Prenda la sua croce”. Anche qui facciamo attenzione. Gesù non parla di rassegnazione; Lui dice: “fai le scelte giuste pur sapendo che esse ti porteranno alla croce, quindi accetta di dover finire in croce come me”. I poteri del mondo vecchio faranno di tutto per proteggere la loro posizione. Tu appartieni al mondo nuovo e agisci nella nuova logica, quella dell’amore, ma dovrai pagare cara questa scelta. Le incomprensioni, l’essere derisi, calunniati, rigettati, fa parte delle tecniche del mondo vecchio.
c) “Seguimi”. Per seguire una persona bisogna stargli dietro, ma non perderlo di vista. La preghiera è il nostro modo di seguire Gesù, rimanere in contatto con lui. L’Eucarestia è il momento culminante di questa sequela.
Poi aggiunge 4 commenti presi dalla sapienza dell’Antico Testamento.
- “Chi vuol salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita la salverà”. In ogni istante notiamo che la nostra vita è breve, ci scappa avanti. Il mondo dice: “Carpe diem”, goditela prima che scappi. Gesù dice: Vuoi che si salvi qualcosa da portarti nell’aldilà? Dona. Tutto quello che doni te lo porti di là con te.
- “Quale vantaggio ha un uomo se guadagna il mondo intero ma perde la vita?” Tutto è temporaneo, effimero, viene bloccato alla frontiera. L’illusione di poter guadagnare il mondo ci porta a frustrazione. Vogliamo essere i primi, i più belli, i più intelligenti, i più amati, ma i nostri sforzi non funzionano, creano gelosie, divisione, discordia. Che vogliamo o no, questa vita la perdiamo, tocca a noi decidere se vogliamo perderla donandola o lasciandocela scappare di mano.
- “Cosa può un uomo dare in cambio della propria vita?” Le cose materiali ci danno l’illusione di poter allungare la vita, pensiamo di poter comprare tutto coi soldi. Ad un certo punto tutto crolla e capiamo cosa è la vita eterna.
- “Il Figlio dell’uomo sta per venire e renderà a ciascuno secondo le sue opere”. Attenzione! Questa è un’altra frasse spesso equivocata. Quel “sue” non si riferisce a “ciascuno”, cioè non si dice che Gesù ci paga per quello che abbiamo fatto; il “sue” si riferisce a Gesù, che ci ripaga secondo il “suo modo di pensare e di agire”, cioè con l’amore e la misericordia. Il Giudizio finale non sarà basato su quanto abbiamo fatto, ma su quanto siamo simili a Lui, su quanto lo abbiamo seguito.

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