Quando ad insegnarci sono i meno esperti

 

Una strana lezione sulla Fede. (Mt 15, 21-28)

Nel Vangelo c’è una cosa curiosa: ci sono due miracoli fatti a distanza, entrambi su richiesta di pagani (la figlia della donna cananea e il servo del centurione romano). In entrambi i casi si dice chiaramente che sono fatti perché, nonostante i richiedenti siano pagani, mostrano una fede maggiore di quella di tanti credenti.

Per comprendere il vero significato del racconto di oggi facciamo una breve panoramica dei fatti avvenuti nello stesso capitolo 15 di Matteo. Giungono da Gerusalemme alcuni Scribi e Farisei, per investigare su Gesù, ritenuto personaggio pericoloso. Che rimprovero gli muovono? Lui trascura le purificazioni rituali, ma soprattutto insegna alla gente a fare lo stesso. Nella legge ebraica c’erano prescrizioni molto strette e precise al riguardo. Entrare in contatto con persone impure voleva dire contaminarsi, quindi diventare indegni di Dio, delle sue benedizioni e quindi non si poteva prendere il cibo e neppure pregare se prima non ci si purificava, non si lavavano le cose eccetera; era un po’ come ora con il Corona virus. Ciò che rendeva impuro era toccare alcuni animali come i cani e i maiali, ma anche persone con ferite sanguinanti, i lebbrosi e infine i pagani. Israele si è sempre ritenuto l’unico popolo eletto dal Signore, l’unico degno delle sue benedizioni.

Gesù conosce bene questa mentalità perché sia Lui che i suoi discepoli sono cresciuti in essa, e sa quanto falsa e pericolosa essa, per cui se ne è subito liberato; se voi ricordate fu cacciato da Nazareth perché aveva citato due esempi dell’Antico Testamento che parlavano di miracoli fatti a favore di pagani: Elia che si fa accogliere dalla vedova di Sidone e provvede cibo per lei e suo figlio; Eliseo che cura Naaman il siriano. Gesù non accetta che si creino barriere che impediscono di fatto alle persone di entrare in contatto con Dio e sperimentare il suo amore. L’aggrapparsi all’esteriorità della legge è l’atteggiamento che più fa arrabbiare Gesù; a lui interessa l’adesione del cuore e non la formalità, infatti attacca gli Scribi rimproverandoli di seguire le prescrizioni della legge e poi eludere, con stratagemmi vari, i precetti più importanti come quello del rispetto per i genitori o l’aiuto ai poveri.

Per provocare i suoi discepoli alla riflessione, li conduce nel territorio dei Pagani. Questo è il vangelo di oggi.

Gli si avvicina una donna cananea che ha una figlia indemoniata. Essa rappresenta il mondo pagano ancora posseduto dal demonio ma che è alla ricerca di Dio. Il modo strano di agire di Gesù si può comprendere solo se mettiamo, in primo piano, non tanto il miracolo in se stesso, ma l’insegnamento che Gesù vuole dare ai suoi discepoli. Cos’è la Fede? Chi può dire di credere veramente? Solo gli Ebrei? Con il suo atteggiamento Gesù forza gli apostoli ad entrare in contatto con questi “pagani” per mostrare loro che nella nuova religione Dio è il Dio di tutti ed ha fedeli anche tra i non Ebrei.

La prima reazione di Gesù è distaccata; egli non risponde alla donna, comportamento che Gesù non ha mai avuto in altre occasioni, ma che obbliga i discepoli, infastiditi dalla donna, a venire a chiedere che, pur di liberarsene, Lui la esaudisca. Ora che il dialogo sul tema è aperto, pronuncia parole molto forti che suonano strane in bocca a Gesù. “Sono stato mandato solo per i figli di Israele”; “Non è bene dare il pane dei figli ai cagnolini”. Lette alla luce di questa introduzione si capisce che non sono quindi dirette alla donna per giustificare un rifiuto, ma agli Apostoli per far loro capire che queste frasi, così comuni nel loro linguaggio e nella loro cultura, si devono ora scontrare col fatto che mentre gli Ebrei stanno per rifiutare Gesù, i pagani lo stanno accogliendo.

Con il suo modo di comportarsi Gesù mette a nudo 3 atteggiamenti sbagliati nel nostro modo di rapportarci con i poveri, atteggiamenti tipici degli apostoli e di tutto il mondo ebraico di quell’epoca, ma anche di molti Cristiani di oggi: L’indifferenza, il sentirsi a disagio o sentire fastidio, il rinchiudersi nel proprio guscio di parentele e conoscenze. Gli dà una mano proprio la donna che risponde alle provocazioni con fiducia (chiede), insistenza (ha veramente bisogno ed ha a cuore la situazione di sua figlia), e umiltà (non si offende nel sentirsi paragonata ai cagnolini).

La frase finale di Gesù “Donna, grande è la tua fede”, è il colpo più duro per gli Apostoli. Se vi ricordate, proprio domenica scorsa, Gesù si era rivolto a Pietro dicendogli: “Quanto piccola è la tua fede!”.

Noi spesso confondiamo la fede con altre cose. Qualcuno dice: “Ho fede perché prego, perché vado a messa”; qualcun altro dice: “Ci credo, infatti tutto questo ha senso, mi sembra giusto”. C’è, quindi, il pericolo di scambiare la fede o con le pratiche esterne che facciamo o con il gusto interno che ne proviamo.  Nel Vangelo, invece, la fede è una cosa che riguarda sempre la Parola di Cristo, il sapere che essa è efficace. Si crede nell’efficacia della Parola perché si crede nella potenza di chi parla, indipendentemente da quel che dice.

Ritornando sul discorso dei tre atteggiamenti sbagliati che spesso abbiamo, mi viene spontaneo pensare a tante situazioni in cui ci sentiamo provocati da persone bisognose. Spesso proviamo indifferenza nei loro confronti, neghiamo le loro storie e bisogni; Altre volte, invece proviamo fastidio perché siamo coinvolti nel loro bisogno e nelle loro richieste e questo fa sì che li rifiutiamo; un altro atteggiamento che potremmo avere è quello di chiuderci su noi stessi, concentrarci sui nostri bisogni, il nostro comodo; quest’ultimo atteggiamento porta a giudizi sbagliati sull’altro, generalizzazioni di condanna (è pigro, è un ubriacone, è un imbroglione, ecc.).

La donna cananea diventa per noi un esempio da seguire. Noi non siamo Cristiani perché il Vangelo è meglio di qualsiasi altro libro, infatti, ci sono molti che si dicono “credenti” e rinnegano parti degli insegnamenti di Gesù in nome di ragionamenti umani fatti da politici o uomini di culture diverse, senza interrogarsi minimamente su cosa significhi la “Parola di Dio”. Essi si basano solo su indagini e pensieri umani ed emotivi.

Ma la fede non è neanche un mettere in pratica ciecamente ciò che mi è stato insegnato da papà e mamma e che tutto sommato mi piace. La Fede richiede una continua adesione a Cristo come persona, riconoscere la sua continua presenza tra noi 24 ore su 24, accettare che tante volte quello che essa ci chiede può sembrare strano e innaturale, ma alla fine si è sempre dimostrato l’unica cosa giusta, perché tutto quello che Dio fa, lo fa perché ci ama.

San Giacomo, nella sua lettera, dice che la fede non è vera se non si trasforma in carità, apertura all’altro, perché è lì che concretamente incontriamo quel Dio in cui crediamo ed è lì che Lui vuole che noi dimostriamo la nostra fede.

Quando, poi, abbiamo il coraggio di fare questa esperienza, scopriamo che spesso quelle persone che prima giudicavamo in maniera negativa, ora dimostrano di avere una fede molto migliore della nostra.

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