Un Messia difficile da riconoscere
Come ai tempi di Noè. Mt 24, 37-44
Per capire bene il vangelo di oggi bisogna inquadrarlo all’interno dell’intero capitolo 24 del vangelo di Matteo. Siamo
ormai a Gerusalemme, durante la settimana santa. Gesù si rende conto che i suoi
connazionali si stanno preparando a celebrare la Pasqua, ma hanno ridotto
questa festa, che era la più importante dell’anno, a pura esteriorità. Hanno
perso il vero senso spirituale del celebrare la liberazione dalla schiavitù e l’Alleanza
tra Dio e il popolo sul monte Sinai. Ormai, questa alleanza ha bisogno di
essere riscritta e l’unico modo di farlo è attraverso la sua morte in croce.
Allora mentre esce pensieroso dal Tempio, i suoi discepoli lo invitano a notare
la magnificenza dell’edificio e delle sue decorazioni, e lui risponde con una
profezia: vedete questo? Non resterà pietra su pietra. Abbiamo letto questo
passaggio due domeniche fa nella versione di Luca.
Per gli Ebrei il tempio era ritenuto
incrollabile perché ci abita il Signore: chi potrebbe mettersi contro Dio? Ma
Gesù sa che non è l’esteriorità che conta e se continuano a vivere con questa
attitudine di rifiuto e superficialità tutto crollerà.
Poi usa delle immagini che erano state
usate dai profeti per annunciare il giorno del Signore, cioè il giorno in cui il
Messia purificherà il mondo per iniziare il mondo nuovo. Parla di terremoti,
stelle che cadono, sole che si oscura, eccetera. Gesù fa riferimento a queste
profezie per dire: sta per arrivare questo giorno benedetto. Ecco perché
Matteo, quando descrive la morte di Gesù sul Calvario, usa le stesse immagini:
il terremoto, il buio a mezzogiorno, il velo del tempio che si strappa; lui vuole
dirci che quello è stato il giorno del Signore. La distruzione del tempio di
Gerusalemme non sarà la fine del mondo ma l’inizio di un nuovo rapporto con
Dio. Il messaggio di Gesù, quindi, è che una religiosità basata solo sull'esteriorità non può durare, prima o poi crollerà. Lui è venuto di persona per introdurre una nuova religione basata sul rapporto diretto con lui e sulla legge dell'amore.
E veniamo al vangelo di oggi. Parla della
venuta del “Figlio dell’uomo”. Chi è costui di cui Gesù parla più di 100 volte
nel Vangelo? Per capirlo dobbiamo rifarci al capitolo 7 del libro di Daniele dove,
in una visione si vedono 4 belve che sorgono dal mare, belve che descrivono 4
entità maligne che si riferiscono a Babilonia, i Medi, i Persiani e Alessandro
Magno con i regni ellenistici che spuntano da lui. Questi regni sono paragonati
a belve perché devastavano, predavano tutto e tutti. Il profeta Daniele dice
che dopo queste 4 belve entra in scena il “figlio dell’uomo” disceso dal cielo,
l’uomo vero perché quelli di prima non sono veri uomini. Essi nel loro modo di
vivere non rispecchiano la vera natura dell’uomo di essere a immagine di Dio,
ma seguono solo le tendenze egoistiche e di potere che ci snaturalizzano. Gesù
ha sempre applicato questa immagine a se stesso perché Lui rappresenta l’uomo
vero, ideale. Pilato stesso, quando presenta Gesù incoronato di spine e
flagellato, dice: “ Ecco l’uomo”, pur senza capire cosa stava dicendo, ma i
farisei, che sono attaccati alla mentalità vecchia delle belve, rispondono “crocifiggilo” perché non possono accettare
l’immagine di umile e servo presentata da Gesù.
Per spiegare l’atteggiamento che dobbiamo
avere nell’accogliere il mondo nuovo che Lui sta inaugurando con la sua morte, Gesù
richiama il racconto biblico dei tempi del diluvio. A quei tempi le persone mangiavano,
bevevano; niente di male in tutto questo, erano cosa che facevano tutti. Il
problema non è in quello che si fa ma nel modo in cui si fanno le cose. C’erano
due tipi di persone: i più non erano attenti ai cambiamenti che si stavano avvenendo,
la terra era corrotta e piena di violenza, loro si divertivano e pensavano che
questo tipo di mondo sarebbe continuato per sempre. Avevano visto Noè che
costruiva l’arca ma non si erano resi conti che era in corso un cambiamento.
C’è poi la piccola famiglia di Noè che, invece, accoglie questo cambiamento.
Cosa sarà di noi? Ci stiamo preparando
alla venuta del Signore, il Natale. Non sta forse accadendo con noi la stessa
cosa? Continuiamo a fare le stesse cose di sempre e non c’è niente di male in
questo. Dobbiamo però vedere come viviamo queste attività: da uomini nuovi o
vecchi? Ci concentriamo solo su queste cose materiali? Quali sono le cose che
ci interessano? Quali sono le cose che diventano i criteri delle nostre scelte?
Siamo completamente ripiegati sui nostri interessi? Allora questa storia verrà
cancellata, perirà perché rinnega la vera natura dell’uomo, quella di Figlio di
Dio.
Noè si è reso conto dei cambiamenti. Sono
sempre pochi quelli che sono vigilanti che pensano alla serietà della vita,
sono una minoranza.
Oltre al pericolo di ripiegarsi sulle cose
biologiche come il mangiare, lo sposarsi, c’è anche il pericolo di ripiegarsi
sulla propria professione. Il richiamo che
il vangelo fa alle persone che stanno svolgendo i lavori comuni dei
tempi: nei campi o in cucina. Chiaramente oggi le professioni sono diverse. La
tendenza di sentirci realizzati nella professione che facciamo, è bella, perché
Dio ci ha consegnato il creato perché lo custodiamo. Gesù dice due persone
fanno lo stesso lavoro ma uno verrà preso e l’altro lasciato. Cioè, ci sono due
modi diversi di fare la stessa cosa, quello di chi pensa solo al guadagno o
alla soddisfazione personale, e chi, invece, si è lasciato prendere dalla
logica del vangelo. Prima mettevi te stesso al centro, trattenevi tutto per te,
ora che segui la Parola di Dio, capisci che devi fare della condivisione il tuo
stile di vita. Noi che seguiamo il vangelo dobbiamo continuare ad esercitare la
nostra professione, ma in modo illuminato dalla logica del Vangelo. Pensiamo a
come cambierebbe il lavoro, l’interesse per la produzione, se ci lasciassimo
influenzare dalla Parola di Cristo.
Chi accoglie la parola di Dio vive da uomo
vero. Molti preferiscono rimanere fuori nel mondo vecchio. Hanno sentito le
beatitudini di Gesù: “beati i poveri, i miti, gli operatori di pace, ecc.”, ma
preferiscono le beatitudini del mondo vecchio “beati i ricchi, chi ha successo,
chi prevale sull’altro, chi imbroglia di più e la fa franca”.
Quindi Gesù raccomanda la vigilanza per
saper accogliere la sua venuta. “Vegliate perché non sapete in quale ora il
Signore viene”. In passato quando si sentiva questa frase si pensava alla fine
del mondo e si parlava con paura di questa venuta, arriva il Dio temuto che ci
castigherà per i nostri peccati. Una presentazione pessima dell’incontro con il
Signore. Gesù non sta parlando di questa venuta, ma della venuta del suo
vangelo che ci indica come entrare nel suo regno. Si tratta di scegliere tra
essere uomini veri o no. Come fare? Prima di tutto coltivare la riflessione.
Abbiamo bisogno di silenzio, di coltivare la capacità di riflettere su certi
valori che sono così diversi da quelli che ci presentano la pubblicità, le
mode, la moralità corrente, il “così fan tutti”, il “mi piace”. Essi ci distolgono
dal vedere la verità e non riconosceremo l’arrivo del Signore nella nostra
vita.