Le beatitudini, porta alla vita nuova


La vita nuova
Le beatitudini, nuovo decalogo dei seguaci di Cristo

Siamo all’inizio del discorso della Montagna, il discorso programmatico di Gesù. Le beatitudini, quindi, sono solo un’introduzione, una presentazione in breve di quello che viene poi spiegato nel 3 capitoli successivi. Questo discorso, poi è da considerare come presentazione di tutta la vita di Gesù e della sua filosofia di vita. Gesù è venuto a presentarci un modo nuovo di intendere la religione, cioè il nostro rapporto con Dio, e qui ci spiega come farlo.
Ognuna di queste 8 frasi (+ 1) è composta di 3 parti:
-          La situazione di beatitudine,
-          La situazione umana presente che diventa il terreno per poter ottenere questa beatitudine,
-          La causa che rende possibile il cambiamento.
a) la beatitudine. Makarioi ha la radice di kairos “tempo opportuno”; è la situazione di saggezza di uno che sa vivere bene la vita cogliendone tutte le opportunità, quindi di vivere a pieno la vita.
b) la situazione umana. È il terreno fertile da cui partiamo oggi, che però può diventare beatitudine o anche maledizione a seconda di come ci poniamo di fronte ad esso. Ad esempio l’afflizione può trasformarsi in beatitudine se facciamo spazio a Dio o maledizione se ci chiudiamo in noi stessi, nella disperazione, nella recriminazione.
c) la causa. Attenzione ad un duplice pericolo. Non è una meta, cioè un qualcosa da conquistare attraverso la situazione umana presentata e neanche una condizione per ottenere la beatitudine ma una “causa”, da parte nostra un po’ passiva perché è un dono gratuito di Dio, ed è proprio questo intervento di Dio spiegato dalla causa che rende la situazione umana, una beatitudine. Prendiamo un esempio: gli afflitti saranno consolati. L’afflizione è il terreno in cui Dio può intervenire con la sua consolazione. Se noi ci apriamo a questa azione di Dio che ci fa capire il vero senso delle cose allora siamo beati cioè possiamo vivere bene la vita, se invece ci chiudiamo in rivendicazioni nostre, soluzioni nostre, cioè se non lasciamo agire Dio allora questa situazione di beatitudine non la raggiungeremo mai.
Spesso sono al futuro. Non è semplicemente un futuro riferito all’aldilà e neppure semplicemente un futuro terreno da attendere, in Dio la vita eterna è già iniziata e in noi inizia nel momento stesso in cui apriamo il nostro cuore a Dio. Quindi è un qualcosa che può essere anche immediato dal momento in cui ci apriamo alla condizione di questa terza parte.
1) Beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli.
Il regno dei cieli è la presenza di Cristo tra noi e la capacità di coglierne la presenza. Questo è possibile il momento in cui viviamo una situazione di povertà che è prima di tutto interiore, cioè profonda. Lo staccarsi dal proprio “io” inteso come ricerca fisica emotiva di soddisfazione terrena. La spoliazione interiore ci apre la possibilità di relazione genuina con gli altri e il viverlo alla presenza di Cristo che si dona a noi ci dà la possibilità di vedere l’opera di Dio nella storia, nelle cose e persone attorno a noi. È curioso che la stessa situazione è data anche nell’ottava beatitudine che parla dei perseguitati.
È chiaro che la povertà esteriore, che quando è vissuta in maniera positiva e come scelta, spesso è anche conseguenza del distaccamento interiore di cui abbiamo parlato, diventa una condizione ottimale per l’esercizio di questo modo di essere beati. Quanto meglio si riesce a vivere quando si è staccati dalle cose e dai desideri umani.
2) Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
L’afflizione è il trovarsi in una situazione di disagio cioè nel bisogno di un motivo, di una speranza. Ebbene questa speranza e questo motivo per accettare la situazione presente ci sono dati come dono da Cristo. Se si riesce ad accettare che il momento di afflizione è un luogo privilegiato di incontro con Dio, di unione a Lui che ha sofferto per noi, questo ci porterà quella benedizione, beatitudine interiore che ci viene dall’essere con Lui e come Lui.
3) Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
I miti sono quelli che non hanno forza, i piegati, coloro che di fronte ai vari conflitti presenti sulla terra non accettano di viverli con violenza o reazione, ma credono nell’amore. Dio si fa presente con il suo dono e gli dà la grazia di comprendere il vero valore delle cose, delle persone, e quindi di poterle vivere a pieno. La terra è loro perché solo loro ne hanno capito il vero valore. Essi non se la sono conquistata con la loro forza e lotta, che di solito si portano dietro paura, tensione, ricadute in altre lotte, eccetera, ma gli è donata da Dio stesso. Tutti i vari imperi della storia si sono sostenuti con guerre fino al giorno in cui un nemico più forti li ha sconfitti prendendone il posto. Il Cristianesimo in tutti i luoghi e tempi ha subito persecuzioni, ma senza aver lottato per difendersi è più fiorente e diffuso che mai. Il declino del cristianesimo non c’è quando è perseguitato ma quando i cristiani perdono questo senso di mitezza e si pongono alla ricerca delle loro soluzioni terrene.
4) Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
La fame e sete, in un certo senso indicano mancanza. Se poi pensiamo che “giustizia” non vuol dire rivendicazione di qualcosa di umano, ma ricerca della volontà di Dio per ogni cosa, allora questa è la situazione di chi si rende conto che c’è qualcosa che non va nella propria vita ma è desideroso di trovare il giusto, il vero. Ebbene Dio stesso darà sazietà a questa loro ricerca facendosi presente nella loro vita.
Questa beatitudine va tenuta strettamente collegata con la prossima perché la misericordia è il modo di farsi presente di Dio.
5) Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
I misericordiosi sono coloro che vivono ponendo al centro del loro agire il sentimento di amore. Siccome Dio è Amore, la sua presenza in noi, sotto forma del sentirsi amati e soprattutto perdonati, ci farà comprendere in modo anche pratico come comportarci verso gli altri.
6) Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Questa beatitudine è centrale e può aiutarci a comprendere anche le altre. Il puro di cuore è colui che cerca di liberare il suo cuore da tutte quelle tendenze umane che ne inquinano la possibilità di agire in piena libertà e verità. Il nostro egoismo, protagonismo, paure (sia di sofferenze fisiche che di sofferenze emotive dovute al giudizio degli altri), i sensi di colpa, il senso di inferiorità, la paura di essere abbandonati, e tante altre cose simili, ci fanno reagire in modo non libero, non oggettivo e spesso condizionano tutte le relazioni. Qui bisogna avere chiaro quanto detto all’inizio. Non è che ci guadagniamo la visione di Dio purificando il cuore, non ci riusciremmo mai. La visione di Dio non è il fine ma la causa della beatitudine. Essa ci è già data da Dio e noi dobbiamo ricercare quella e attraverso quella arrivare a purificare il nostro cuore da tutte queste schiavitù che ci portiamo dietro.
7) Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
È simile alla terza, ai miti. La pace in senso biblico non è solo (e a volte nemmeno) l’assenza di guerra, ma la presenza di tutte quelle condizioni di giustizia, tranquillità (anche economica), serenità di rapporti che garantiscono la vera pace. Questo si riesce ad ottenere quando ci sentiamo veramente Figli di Dio, cioè portatori di un dono che è più grande di qualsiasi cosa materiale e allora, nel nostro modo di agire, siamo spinti da questo senso di figliolanza e dal desiderio di viverla a fondo, di distribuirne il messaggio e la bellezza anche agli altri.
8) Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Questa beatitudine è forse la più concreta, quella che ci fa capire come spesso le condizioni esterne siano fallaci. Il mondo non accetta la visione cristiana delle cose perché è troppo legato da quelle attitudini di cui abbiamo parlato alla sesta beatitudine. L’arrivismo, la bramosia, eccetera, ci portano alla guerra dove i miti, i poveri, i predicatori di giustizia devono essere sopraffatti. Quando però sperimentiamo la presenza di Dio tra noi (il suo Regno all’opera nel mondo), cioè quando riusciamo a dare priorità alle cose celesti invece di quelle terrestri, allora anche le persecuzioni terrene perdono di valore e non riescono a farci desistere dalla nostra forza interiore. Questa è la beatitudine dei martiri. Quanti martiri ci sono ancora oggi in giro per il mondo; quante persone sono trattate ingiustamente solo perché si danno da fare per la giustizia e la carità.
+1) Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Questa beatitudine non è numerata tra le altre perché in verità è la somma di tutte loro. È come se alla fine, Gesù, per riassumere tutto quanto detto sopra in maniera generica, cioè valida per tutti, ora si rivolge direttamente ai suoi discepoli e dice: in poche parole, voi quando …. siete beati.
Questo ci fa capire che le beatitudini sono intrecciate l’una con l’altra, non si possono considerare come cose staccate delle quali ognuno si prende quella che più gli di confà. Esse sono il modo nuovo di vivere il nostro essere cristiani e quindi vanno vissute tutte. L’unità è data appunto dalla terza parte di ognuna dove come comun denominatore c’è la presenza e l’azione di Dio in noi. I cristiani non sono i supereroi che riescono a vivere bene o a fare cose grandi, ma coloro che si lasciano avvolgere dall’amore di Dio e lo trasmettono (trasbordano) nella vita quotidiana.

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