Gesù a Nazareth (2a parte)

Lc 4,16-21
Il vangelo di oggi è la continuazione,  anzi la conclusione di quelo di domenica scorsa. Lì avevamo visto che Gesù si era presentato come il Messia, cioè come colui che portava a compimento le parole di grazia del profeta Isaia. Quello che aveva annunciato era un mondo nuovo basato  su una nuova giustizia centrata sull’amore. Non aveva inserito nessuna pratica religiosa e neppure dogmi. Al centro c’erano gli scartati della società mentre gli oppressori venivano messi da parte.
La vecchia giustizia, che era basata sull’individualità è destinata a sparire per far posto ad una nuova giustizia in cui tutti si sentono fratelli; per Gesù non ci sono più distinzioni di razze perché siamo tutti figli di un unico padre.
Bene! Questo è in poche parole il riassunto del messaggio di Gesù.  Come è stato recepito questo messaggio dai suoi paesani che stavano lì ad ascoltarlo?
C’è scritto che tutti gli davano testimonianza. Sembra un’approvazione ma se fosse così allora non si capisce cosa avviene dopo. Si dice che si infuriano contro di Lui, richiamano suo padre Giuseppe. Era assente da pochi mesi e lo trattano come se fosse uno sconosciuto.  Che era successo? Gesù si era allontanato da Nazareth e si era spostato a Cafarnao. Aveva provocato la loro suscettibilità pronunciando parole di grazia. Al capitolo 6 di Luca si dice: se amate chi vi ama, dov’è la vostra gratuità?  Gesù proponeva di vivere una vita di gratuità perché siamo tutti figli di Dio. Ciò che ha provocato la reazione degli abitanti di Nazareth perché  questa gratuità  loro non possono accettarla.
Quando Gesù aveva letto il passo di Isaia 61, si era fermato a metà perché Isaia continuava  dicendo: “... annunciare un giorno di vendetta da parte di Dio”. Loro si aspettavano che Gesù  fosse venuto anche e soprattutto per questo e vedendo che invece Lui aveva tralasciato proprio questo messaggio di vendetta e si era soffermato alla gratuità da parte di Dio, si ribellano.
Citano Giuseppe che era un uomo considerato “giusto”, capo di una famiglia tradizionale, legata a tutte le pratiche come ci è ben indicata nel capitolo 2 e anche più tardi. Questo gruppo che più tardi farà  capo all’apostolo Giacomo, fratello del Signore, e primo vescovo di Gerusalemme, rappresenterà sempre la corrente tradizionalista della Chiesa.
Gesù sta parlando di universalismo, di amore gratuito per tutti, e ora tutti sono d’accordo nel testimoniare che lui si sta scostando dalla tradizione, cioè sta diventando un eretico.
Qui a Nazareth Gesù fa l’esperienza dell’essere rifiutato. Gesù non ha cercato di allentare la tensione tra nuovo messaggio e religione tradizionale, ma rimane nella sua posizione riferendosi a due profeti: Elia e Eliseo che smentiscono l’idea degli abitanti di Nazareth perché entrambi hanno aiutato dei pagani.
I predicatori moderni, spesso, cercano di accattivarsi la gente proclamando quello che la gente si aspetta di sentire, quello che piace a loro. Ma essere predicatori vuol dire essere fedeli al Vangelo, non a quello che piace alla gente. Il vangelo deve essere annunciato nella sua autenticità, toccherà poi alla gente accettarlo o rifiutarlo.
Il Dio di Israele ama tutti gli uomini. Gli abitanti capiscono che Gesù sta pensando che Israele non è più il popolo prescelto, l’unico destinatario della grazia di Dio, e capiscono pure il perché lui si era trasferito a Cafarnao, perché sapeva che restando lì avrebbe perso tempo dato che erano chiusi ad ogni novità.
Adesso si capisce la reazione dei suoi compaesani che si vedono costretti a cacciarlo dal villaggio.
C’è scritto che lo condussero sulla rupe per gettarlo giù. A Nazareth non c’è nessun monte. Il monte rappresenta il loro atteggiamento di chiusura. I Nazaretani si sono arroccati sulla loro posizione e lo vogliono scaricare dalla loro vita. Gesù passando in mezzo a loro si allontana, cioè continua per la sua strada lasciando che loro rimangano dove sono.

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