Sangue ed acqua, simbolo della nostra unione con Cristo


Festa del Sacratissimo Cuore di Gesù   (Gv. 19,31-37)

Celebriamo oggi la festa dell’amore di Dio per noi. La liturgia ci presenta come brano per la nostra riflessione su tale amore l’episodio della morte di Gesù dove si dice che un soldato trafisse il fianco di Gesù e da esso uscirono sangue e acqua. È un fenomeno fisico conosciuto, non si tratta di vera acqua ma del liquido del plasma del sangue che, a causa delle molte perdite che Gesù ha avuto lungo tutta la passione, ha perso i globuli rossi e quindi appare di colore simile all’acqua. Ma l’evangelista ha tutt’altro in mente perché sangue ed acqua hanno molti significati nel mondo ebraico.
Nella mentalità ebraica il cuore era il centro della vita, vita che si trasmetteva attraverso il sangue a tutto il corpo. Infatti quando uno veniva ferito, il sangue usciva e lui moriva, questo significa che la vita risiede nel sangue.
Anche l’acqua è legata alla vita come sorgente della medesima. Il profeta Ezechiele in una sua visione vede acqua uscire dal tempio che forma un grande fiume e dove quest’acqua arriva tutto è risanato e alberi di ogni tipo sorgono. Gesù parlando alla samaritana dice “io ti posso dare acqua viva, e l’acqua che io darò diventerà sorgente di vita” (Gv 4,14). Più tardi, parlando nel tempio, dice: “Chi crede in me, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo fianco” (Gv 7,37). Interessante che in quell’occasione Giovanni stesso aggiunge: “E si riferiva allo Spirito Santo”.
Dopo che fu messo in Croce, Gesù, per compiere il piano di Dio, ci fa due ultimi doni che garantiscano che il suo messaggi perduri per  tutti i secoli. Prima di tutto ci dà sua Madre come modello di vita di unione con lui, di come accettare il dono della vita che ci viene attraverso lo Spirito Santo (come è avvenuto in Maria all’Annunciazione); poi, al momento della morte, dice il Vangelo, “emise lo Spirito”, e subito un soldato, trafisse il fianco di Gesù ed uscirono sangue ed acqua, cioè la sua vita (il sangue) che attraverso lo Spirito diventa sorgente di vita per noi. Per Giovanni questo è il momento della Pentecoste, infatti come aveva promesso all’ultima cena: “Quando me ne andrò vi manderò lo Spirito”, è questo il momento in cui lo Spirito inizia ad agire in noi.  Quindi nella mente dell’evangelista qui sul Calvario Gesù ci sta dando la sua vita perché anche noi, unendoci a Lui attraverso lo Spirito, possiamo vivere.
Infine, nella interpretazione della Chiesa antica, questo sangue e questa acqua sono stati visti come simboli dei due sacramenti del Battesimo, che ci dà la vita nuova in Dio, e dell’Eucarestia, che ci fa entrare in comunione con la vita di Cristo.
Mettendo assieme tutte queste cose possiamo concludere che la festa di oggi è la festa dell’amore di Dio, amore che si manifesta a noi nel suo punto più alto, cioè nel sacrificio di Cristo sulla croce. Questo amore si comunica a noi attraverso lo Spirito Santo ma ha efficacia in noi solo se noi lo accogliamo e ci lasciamo immergere in Lui, se cerchiamo di unificare, oserei dire fondere, la nostra vita con la sua.
Come l’acqua e il sangue che pur essendo visibili però erano una cosa sola, come la goccia d’acqua che durante la S. Messa mettiamo assieme al vino e tutto diventa il Sangue di Cristo, la nostra vita, se immersa in quella di Cristo, sarà divinizzata e porterà già qui in terra quei frutti di salvezza che Gesù aveva portato al suo tempo. È un dono, quindi che ci impegna a vivere a fondo la nostra unione con Cristo, unione che va molto al di là dei momenti di preghiera ma che deve coinvolgere il nostro modo di vivere, di parlare, le priorità che diamo alle cose e alle persone, il modo di intendere il nostro essere e il nostro futuro.
Buona festa!

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