Il peccato contro lo Spirito Santo
Mc 3, 20-35
Siamo all’inizio della vita pubblica di Gesù. Lui
sta avendo successo, si è sparsa la voce dei miracoli che ha fatto ed anche che
in alcune occasioni si è scontrato con i Farisei. Allora vediamo una gran folla
che si reca da lui, prende così tanto del suo tempo che non riesce neanche a
mangiare.
Come spesso capita anche oggi, più uno ha
successo e più si attira le ire e le critiche di altri. Le critiche sono principalmente
di due tipi: c’è chi lo attacca dal punto di vista umano dicendo: “È pazzo, non
si prende cura di sé, dice frasi pericolose, ha atteggiamenti che irritano le
autorità”. Il Vangelo ci dice che quelli che pensavano così erano alcuni dei
suoi parenti, gente che si vergogna di essere legata a lui. Dalla storia
sappiamo che nella Chiesa antica di Gerusalemme furono i parenti di Gesù a
diventare i leader della comunità, specialmente l’apostolo Giacomo, cugino
diretto di Gesù e suo fratello Simone. Essi, essendo a capo della Chiesa
centrale, quella più a contatto con la cultura ebraica, hanno sempre tenuto
atteggiamenti conservatori, rispettosi delle tradizioni ebraiche, per cui non
ci stupiamo se almeno all’inizio hanno fatto fatica ad accettare questo
atteggiamento rivoluzionario di Gesù.
Il secondo gruppo, invece, è formato da coloro
che lo attaccano dal punto di vista dottrinale. Sono gli scribi e i Farisei, i
capi del popolo e si ritengono gli esperti della legge. Il messaggio di Gesù è
diverso dal loro e in alcune occasioni hanno dibattuto energicamente contro
lui, per cui deve essere considerato un eretico. Questo gruppo è rappresentato
da gente di potere che vede in Gesù un pericolo per la loro autorità.
Ecco allora che un gruppo di parenti vengono a
prenderlo per riportarlo a casa, cioè preferiscono un Gesù che rimane nella
normalità, nell’anonimato di ogni giorno dove non disturba nessuno.
Quando noi prendiamo sul serio le richieste di
Gesù ci mettiamo nei guai, disturbiamo chi ci sta attorno e questi faranno di
tutto per metterci a tacere. Alcuni saranno nostri amici o parenti che si
vergognano nel vedere il caos che abbiamo creato, allora ragionano dicendo: “si
è sempre fatto così, perché adesso lui vuole cambiare? Si sta sciupando, non si
prende cura di sé, va a finire che si ammala o fallisce”. Credono di difenderci
e invece stanno difendendo solo la loro comodità e la loro paura della novità,
la paura di doversi impegnare.
Il secondo gruppo, invece sono persone che non
ci amano ma che amano la struttura che si sono creati, nella quale comandano e
da cui ricevono onore, potere, denaro. Le idee di Gesù ribaltano la loro
situazione, privilegiano i poveri, i piccoli, chiedono che chi ha potere si
faccia servitore. Loro detengono il potere, sono le autorità anche in campo
religioso e quindi usano la loro scienza per accusare Gesù e noi di eresia.
Entrambe i gruppi preferiscono una religione
passiva, tranquilla, che non provoca e non fa rumore. “Io faccio le mie
preghiere: che altro vuole Dio da me?” Queste persone pensano: “Io non ho
peccati, non faccio del male a nessuno, vengo a messa la domenica”. Questa è
una religione amorfa, fatta di pratiche esteriori ma senza amore.
Ad entrambe i gruppi Gesù risponde che il vero
peccato non è quello di chi, lavorando sbaglia o fallisce, ma di chi se ne sta
comodo nella sua posizione senza fare nulla. Tutti i peccati saranno perdonati,
cioè se una persona cerca di fare bene, di seguire Gesù, anche se commette errori,
se fallisce, se cade a causa della sua debolezza o delle tentazioni, tutti i
suoi peccati saranno perdonati perché alla base c’è la buona volontà e il
desiderio di fare qualcosa per Dio. Chi invece si chiude in se stesso, chi si
rifiuta di agire, di cambiare, chi ha come scopo nella vita solo il proprio
interesse o onore, anche se mascherato da opere di bene, ha un atteggiamento di
orgoglio e di egoismo che non sarà perdonato, non perché Gesù non possa
perdonare ma perché loro non fanno spazio alla misericordia di Dio, impediscono
allo Spirito Santo di agire.
Molto spesso in chiesa si vedono persone che
pretendono di avere sempre ragione, cercano posti di comando e vogliono essere
ascoltati solo per la posizione che ricoprono. Ebbene Gesù dice loro: “Le persone
importanti per me non sono quelle che occupano i posti a sedere più vicini,
cioè quelli che hanno legami di sangue o di ufficio, ma coloro che si pongono
veramente all’ascolto della mia parola, la fanno loro e si mettono in moto per
praticarla”. L’umiltà e l’operosità silenziosa del bene sono più importanti dei
titoli di studio, delle cariche acquisite, del buon nome.
Qualcuno, leggendo le ultime righe di questo
vangelo si scandalizza pensando che Gesù manchi di rispetto alla Madonna che
era venuta a incontrarlo e lo aveva mandato a chiamarlo. Infatti Gesù dice: “Chi
è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Gesù non manca di rispetto a sua
madre, non lo farebbe mai. Lui, invece, come abbiamo spiegato sopra, ci sta dicendo
che la grandezza di Maria non è tanto nell’aver dato la vita fisica a Gesù ma
nell’essere stata la sua prima seguace, colei che più di tutti e in tutto ha
seguito Gesù e, anche dopo la morte di Gesù essa continuerà ad essere in mezzo
ai discepoli modello e testimone di quanto suo figlio ha insegnato.