Natale il trionfo della debolezza
Natale
Carissimi
Natale è arrivato. La nostra chiesa è più bella che mai,
giustamente, siamo alla festa più attesa dell’anno quindi anche
l'occhio vuole la sua parte. Tutto è solenne, decorazioni, vestiti e
anche la liturgia stessa. Tutto è pronto per accogliere il nostro
salvatore che viene. Anche il vangelo è iniziato in grande solennità
scomodando tutti i grandi della terra. Avete sentito:”Ai tempi
dell’imperatore Augusto, mentre era governatore Quirino … Grandi
che esercitano il potere. Si parla di un censimento, forse volevano
conoscere quanti milioni di persone erano sotto di loro. Ma qui il
vangelo ha un cambio radicale di rotta, ora si entra nella semplicità
e nella povertà. Non c’è niente di solenne in Giuseppe e Maria
che a pochi giorni dal parto si mettono in moto per un cammino lungo
e pericoloso che potrebbe compromettere il piano di Dio, il piano che
Dio ha affidato alle loro povere forze. Non c’è niente di solenne
nel giungere alla città degli antenati e sentirsi rigettati magari
per la scomodità di doversi prendere cura di una mamma che
partorisce; non c’è niente di solenne nel partorire in una stalla
e deporre il piccolo a riposare sulla paglia della mangiatoia. Eppure
lì si consuma il grande mistero di Dio, eppure quella è proprio il
modo scelto da lui per realizzare il suo piano. Non c’è stato
niente di casuale in tutto questo, è stata una scelta. Non ci sono
dubbi: Dio non pensa come noi.
Io
me lo sono chiesto tante volte: Perché Dio non ha deciso di nascere
figlio dell’imperatore Ottaviano, o almeno di Erode o di Quirino?
Perché non ha scelto di diventare lui il generale capo di tutto
l’esercito romano e con quello compiere il piano che tanti altri
hanno avuto di conquistare tutto il mondo e portare a tutti la pace e
la giustizia romana? Poteva farlo, eppure non lo ha fatto, ha
preferito Betlemme, ha preferito Giuseppe e Maria. Perché? Me lo
chiedo e una risposta non me la so dare, però è un fatto: quello di
Betlemme non è un caso isolato, ma è la regola di tutti gli altri
casi dell’agire di Dio. Tutta la vita di Gesù è segnata da
debolezza, opposizione, è vero ha fatto miracoli, grandi miracoli,
ma è stato catturato, umiliato, ucciso ed è lì sulla croce che ha
portato a compimento il suo piano. E così è lungo la storia, storia
piena di contraddizioni: il Cristianesimo si è sviluppato attraverso
il sangue dei martiri, la predicazione dei missionari, la carità dei
santi, e quando ha assunto posizioni di potere e di gloria si è
dovuta scontrare con momenti di perdita di fede. Perché? Non c’è
dubbio, Dio la pensa in un modo diverso dal nostro. Cari fratelli,
questa è la notte della povertà, della debolezza, la notte di chi è
povero, solo, senza speranza, perché a loro l’angelo dice: gioite
perché per voi è nato oggi il salvatore.
Noi
siamo cristiani, seguaci di Cristo, servi di Dio, siamo qui in abiti
di festa a celebrare la sua povertà e la sua debolezza. Nelle nostre
case abbiamo preparato un bell’albero colorato con sotto tutti i
doni e lì vicino il presepe dove il bambinello giace sulla paglia
avvolto in fasce e senza regali. Noi siamo chiamati ad essere gli
annunciatori di questa grande notizia, dovremmo essere come i
pastori, vorremmo essere come gli angeli, e troppo spesso siamo come
Erode e i suoi ministri. Stiamo celebrando un Dio che la pensa in
modo diverso dal nostro che ci chiede di seguirlo e noi lo facciamo
ma siamo tanto attaccati al nostro modo di pensare, di organizzare,
di fare. C’è tanto di forza e tanto poco di debolezza nel nostro
vivere quotidiano, tanto di organizzazione e tanto poco di
semplicità, tanto di struttura e tanto poco di amore; Gesù viene e
non c’è posto per lui nella nostra anima e lui vaga finché trova
un’anima disadorna, magari quella di un peccatore, un ubriacone, un
drogato, vi entra e dice sono a casa mia.
Fratelli,
a me fa paura un Dio così, ho paura di questo bambinello tanto
pericoloso perché sovverte tutte le nostre strutture costruite con
tanta cura durante i secoli, ho paura, d’altronde ne ha avuto anche
Erode e ha mandato i soldati. Ma Gesù non ha paura né dei soldati
né di noi perché sa che ci può conquistare con il suo amore e fare
di noi suoi soldati. Vuole che lo seguiamo, che combattiamo la “sua”
battaglia, la battaglia dell’amore dove non ci sono armi se non il
perdono e l’amore, non si conquistano ricchezze ma cuori. Guardiamo
a Lui nostro condottiero e facciamo nostro il suo modo di fare e
pensare, lui che ha detto beati gli oppressi, beati i perseguitati, i
rifugiati, i rigettati, beati voi poveri perché vostro è il Regno
dei cieli. Stanotte non riusciremo a dormire in pace anche se siamo
stanchi perché celebrazione ci deve provocare ad un impegno più
serio nel nostro essere Cristiani. Ci sono ancora tanti poveri là
fuori che hanno bisogno di Dio e Dio viene per loro ma da oggi non
prenderà più le sembianze del fanciullo di Betlemme e di Nazareth
ma prenderà le nostre, le mie, le tue perché noi saremo le sue mani
per benedire e beneficare.
Buon
Natale fratelli, che sia un Natale disturbato dalla “sua” pace.