Si dice: "in cosa" o "in Chi" crediamo?

Lc 7:1-10   La guarigione del servo del Centurione
Nel Vangelo c’è un aspetto curioso: ci sono due miracoli fatti a distanza, entrambi a pagani (la figlia della cananea e il servo del centurione) ed in entrambi i casi si dice chiaramente che sono fatti perché la fede di queste persone è maggiore di quella di tanti credenti.
Noi spesso confondiamo la fede con altre cose; ad esempio qualcuno dice: ho fede perché prego, perché vado a messa; qualcun altro dice ci credo, infatti quello che hai detto ha senso, mi sembra giusto. Quindi c’è il pericolo di scambiare la fede o per le pratiche esterne che facciamo o per il gusto interno che abbiamo.  Nel Vangelo, invece, la fede è una cosa che riguarda sempre la parola di Cristo, il sapere che essa è efficace: “di’ una parola e il mio servo sarà guarito”. Si crede nell’efficacia della parola perché si crede nella potenza di chi parla, indipendentemente da quel che dice.
Un secondo aspetto di questo passo evangelico è che la parola greca usata da Luca per chiamare il servo è “schiavo” e così probabilmente era al di là del fatto che il padrone gli volesse bene. Anche tutti noi siamo schiavi del peccato e dire: “di’ una parola e lo schiavo sarà salvo” vuol dire che l’unico strumento di liberazione è l’ascolto della parola di Dio, ma un ascolto fatto con fede. Penso che questo sia un messaggio importante specialmente per noi preti che spesso leggiamo la parola di Dio facendo attenzione di trovare qualcosa da dire; siamo professionisti della parola ma professionisti nel senso di preparare delle buone spiegazioni da trasmettere ai nostri fedeli nelle prediche; ma questo potrebbe porci in una posizione errata verso la parola stessa perché essa diventa uno strumento del “nostro” lavoro (il predicare) mentre invece dobbiamo essere noi strumenti del “suo” lavoro. La parola va ascoltata e ricevuta come messaggio d’amore di Dio per me oggi, messaggio di liberazione per me oggi; solo dopo che essa ha portato frutto in me, mi ha liberato da quello che mi frena nell’essere tutto “Suo”, potrò trasmettere agli altri l’esperienza fatta di tale amore, non per insegnare loro ma per incoraggiare loro a fare la loro esperienza d’amore.
C’è un aspetto che rende efficace l’ascolto della parola di Dio ed è l’umiltà. Il centurione quando viene a sapere che Gesù sta arrivando a casa sua, gli manda incontro amici a dichiarargli la sua indegnità. La parola di Dio viene a noi come dono di Dio e non certo come cosa a noi dovuta per merito nostro. Se non riconosciamo questo duplice aspetto della gratuità e della nostra indegnità, rischiamo di fare danni. Se ricevo la parola per merito allora in un certo senso assumo autorità su di essa; essa è mia perché me la sono meritata e quindi sta a me decidere cosa farne. Se la parola di Dio è dono allora chi decide cosa fare con questo dono è la parola stessa, è lei che ha potere su di me. Il primo è l’atteggiamento tipico dei fondamentalisti, il secondo è quello dei santi.

Ascoltiamo dunque ogni giorno la parola di Dio con docilità e umiltà per diventarne degni servitori.

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