Promozione della donna. Gesù la libera da tutte le stigme che la società impone loro


Lc 13:10-17 La donna curva


L'ambiente in cui avviene il miracolo di oggi è lo stesso di quello che abbiamo analizzato il mese scorso parlando dell'uomo dalla mano inaridita e cioè un giorno di sabato e nella sinagoga. Bisogna quindi rivedere quanto abbiamo detto la volta scorsa su questi due argomenti.
Guardando il vangelo di oggi sembrerebbe che l'argomento principale sia ancora quello del valore del sabato. Però qui Gesù introduce un nuovo aspetto, cioè la persona guarita è una donna: una donna curva. Nei vari viaggi in India e Africa mi è capitato di vedere donne anziane camminare piegate a 90 gradi e incapaci di raddrizzarsi, probabilmente a causa dei molti pesi che hanno dovuto portare nella loro giovinezza.
Ma qui questa curvatura assume un aspetto simbolico più profondo: qui non è solo questa donna ad essere piegata ma tutto il mondo femminile che essa rappresenta e che è curva a causa della cultura e della mentalità che toglie loro i diritti fondamentali e le riduce a schiave.
Alcuni elementi culturali del tempo di Gesù.
La società era di tipo patriarcale, il che vuol dire che il potere dell’uomo era assoluto. La bambina era sotto la potestà del padre fino al momento del matrimonio, che di solito avveniva molto presto: 14-16 anni. Nel caso il padre morisse, l’autorità passava al fratello maggiore, non alla madre. Quando si fidanzava e sposava passava sotto la tutela del marito. Non poteva presentarsi in pubblico se non completamente velata.
Era disdegnoso per un uomo parlare pubblicamente con una donna, e se si trovava nella necessità di farlo doveva avere con sè dei testimoni. Diceva il Rabbì Jose ben Johanan del primo secolo: “Non parlare molto con una donna, né con tua moglie, né tanto meno con la moglie del tuo vicino”. “Chi si sofferma a parlare con una donna si attira il male su di sé e finirà nella geenna”.
Di conseguenza non aveva diritti pubblici: non poteva ripudiare suo marito ma poteva essere facilmente ripudiata da lui; La sua testimonianza in tribunale non contava, anzi non vi era neppure chiamata; non era tenuta a presentarsi nella sinagoga a pregare e nemmeno a compiere gli adempimenti della legge, perché c’era sempre il pericolo che in quel momento lei fosse impura (avesse le mestruazioni). Nel tempio di Gerusalemme c’era un cortile riservato ad esse e non potevano accedere a quello degli uomini.
Ogni pio fariseo recitava tre volte al giorno questa preghiera: “Sii benedetto Dio che non mi hai fatto nascere pagano,... che non mi hai fatto nascere contadino,... che non mi hai fatto nascere donna, perché la donna non è tenuta ad osservare i comandamenti”.
Naturalmente donne nobili o di alto rango si permettevano di sfuggire a queste restrizioni.
Suo compito all’interno della casa era vigilare sulla purezza cultuale in campo alimentare e sessuale. Suoi compiti fuori casa erano quelli di andare a macinare il grano e ad attingere l’acqua al pozzo.
Ma vediamo come le donne sono invece trattate da Gesù.
La prima persona che riconosce Gesù come Signore è Elisabetta, la prima a vedere il risorto è la Maddalena e le altre donne andate al sepolcro. A loro è dato l'incarico di annunciare i due punti cardinali della vicenda Gesù: l'incarnazione e la resurrezione.
La donna non deve avvicinare l'uomo e Gesù lascia che una prostituta prima e Maria poi gli lavino i piedi e li bacino.
La donna non poteva uscire di casa se non per andare al pozzo o al mulino e Gesù permette che ci siano donne che lo seguono assieme ai suoi discepoli (e c'è pure la lista dei loro nomi).
La donna aveva la fama di tentare l'uomo e Gesù salva l'adultera, parla con la Samaritana che aveva avuto cinque mariti e questa diventa annunciatrice, perdona la Maddalena e ne fa una discepola.
La donna doveva occuparsi delle cose di casa e lui permette a Maria di star lì ai suoi piedi ad ascoltarlo invece di andare ad aiutare Marta. L’uomo non dovrebbe perdere tempo ad ascoltare una donna, Gesù permette a Marta di rimproverarlo in occasione della morte di Lazzaro e se ne serve per lanciare la dottrina della resurrezione.
Se poi parliamo di sua madre Maria allora non finiremmo più, basta ricordare che è lei che provoca il primo miracolo e a Lei Gesù affida i suoi discepoli dalla croce.
Questi sono alcuni degli episodi che troviamo nel vangelo.
Quindi riassumendo notiamo prima di tutto la singolarità e trasgressività del comportamento di Gesù che rompe tutti gli schemi patriarcali.
La donna non è più chiusa in casa ma esce e va con Lui in giro per la Palestina.
Inoltre sa agire e comportarsi con autonomia dall’uomo.
Assume anche responsabilità ed azione apostolica.
Infine c'è comunicazione perfetta tra uomini e donne senza paure o diffidenze reciproche.
La donna tolta dall’emarginazione può liberare la sua carica di fede e di amore, di dedizione e di identificazione con la persona e la missione di Gesù e quindi può riscoprire la sua vera identità nella nuova comunità cristiana.
Questo cammino di liberazione della donna iniziato da Gesù ha faticato a svilupparsi nei secoli e ancora oggi in molti paesi il processo è ben lontano dall’essere terminato. Fino a pochi anni fa le rivendicazioni di parità dei diritti avevano dure risposte nella società.
Papa Giovanni Paolo II (4-12-93) diceva: “La missione che viene affidata alla donna ... è radicata nella profondità del suo essere personale che mentre la accomuna all’uomo nella dignità, da lui la distingue per le ricchezze specifiche della femminilità. ... Il messaggio evangelico sulla dignità e vocazione della donna si incontra oggi con una nuova sensibilità culturale che ... ha giustamente riscoperto il valore della femminilità e sta progressivamente facendo giustizia di inaccettabili discriminazioni e reagendo a forme antiche e nuove, palesi ed occulte, di violenza sulle donne”.
Ma veniamo al vangelo di oggi ci si stupisce che questa donna sia presente nella sinagoga in giorno di sabato. Probabilmente era fuori dalla porta chiedendo l'elemosina. Gesù ne approfitta e la mette in mezzo alla società. Da notare i verbi:
La donna aveva uno spirito che la teneva inferma (incapace di agire) e curva (umiliata).
Gesù la chiama a sé, verbo che scandalizza perché implica relazione, coinvolgimento diretto. Non ne fa un fenomeno da mostrare come aveva fatto con l'uomo della mano inaridita, questo di oggi è un atteggiamento più delicato, più intimo.
Sei liberata: non guarita perché non c'è niente di sbagliato o malato in lei, che la tiene schiava è qualcosa di esterno, uno spirito è detto, la mentalità, la cultura. E Gesù la libera.
Il capo della sinagoga, rivolto alla folla disse. Egli non ha il coraggio di affrontare Gesù direttamente, preferisce fare qualcosa che aggiri il problema, scappatelle, come facciamo spesso noi. Sgrida la gente perché su di essi ha potere, si rende conto di non averne su Gesù.
Il Signore replicò. Lo chiama Signore, è qualcosa di forte, ufficiale. Gesù non si tira da parte, non si accontenta neppure di aver curato la donna, lo ha fatto anche per coinvolgere tutti i presenti e obbligarli a riflettere sulle loro convinzioni, intaccare il loro modo di credere par aprirsi ad uno nuovo più evangelico.
Voi sciogliete l'asino o il bue, e questa figlia di Abramo? Loro consideravano la donna di meno valore dell'asino o del bue, Gesù la chiama figlia di Abramo, cioè nostra sorella, parte della famiglia, di uguale dignità.
I suoi avversari si vergognavano. La vergogna è il riconoscere una posizione sbagliata di fronte a chi non ha questa posizione, ma con un atteggiamento che è ancora negativo. La persona si sente bloccata, giudicata, in pericolo. Sono le conseguenze che incombono su di noi quando agiamo o ci arrocchiamo su posizioni errate.
Tutto qui indica la volontà di Gesù di una liberazione e rivalutazione completa della donna a pari dignità dell’uomo. Dall’altra parte, invece, si vede tutta la resistenza della gente, della società che ha paura di questa libertà che richiede responsabilità.

La situazione della donna è solo una delle tante ancora tenute schiave oggi. Pensiamo ai bambini sfruttati, ai poveri emarginati, agli anziani lasciati soli, ai malati trascurati. Pensiamo a quante divisioni creiamo in nome delle lingue, delle culture, della religione. Quando noi creiamo una divisone imprigioniamo l’altra persona nei nostri schemi mentali e allora non è più possibile un rapporto paritario. Gesù oggi ci chiedere di vincere ogni divisione, rigettare ogni etichetta, aprirsi ad ogni persona, specialmente quelle che per qualche ragione ci ripugnano.

Dobbiamo chiederci:
- Noi rispettiamo la dignità di tutti?
- Come ci sentiamo di fronte a persone dell’altro sesso, di fronte ai malati, di fronte ai mendicanti?
- Facciamo qualcosa per promuovere l’altro? O ci limitiamo a fare dell’elemosina? La nostra carità eleva o umilia chi la riceve?
- Gesù non considera la persona per i suoi peccati o la sua storia ma per il suo bisogno della misericordia del Padre. Noi quanto ci lasciamo influenzare dalle etichette prefabbricate come scusa per non lasciarsi coinvolgere?

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